L'“antica amicizia” italo-libica celebrata da Draghi in Libia
Con aria compunta, come da copione, Mario Draghi fa a Tripoli la sua prima uscita all'estero. Tutta la stampa borghese dedica pagine su pagine all'evento: “L'Italia torna il Libia”. Se n'era mai andata?
Draghi ha motivato con parole auliche la scelta di recarsi a Tripoli: “voglio rinnovare l'antica amicizia tra l'Italia e la Libia”. Antica amicizia?
Trentadue anni di occupazione militare. Annientamento di un ottavo della popolazione libica. Deportazione di quasi metà degli abitanti della Cirenaica. Repressione sanguinosa della resistenza araba con l'uso delle mitragliatrici, dei bombardamenti aerei, dei gas asfissianti. Campi di concentramento per i resistenti sopravvissuti e deportazione dei loro familiari, imbarcati sulle carrette del mare per le Isole Tremiti, Ustica, Ponza, per marcire in tuguri malsani per il resto della loro vita, carrette stracolme che spesso affondavano nella traversata, o che venivano alleggerite buttando i prigionieri in mare. Impiccagione nella pubblica piazza dei capi della resistenza, a partire da Omar al-Mukhtar, 73 anni, capo indomito della resistenza libica, che rifiutò di arrendersi alle truppe di Graziani e di Badoglio, il cui cadavere fu esposto a ventimila libici adunati a forza perché guardassero coi loro occhi la punizione umiliante che spettava ai ribelli.
“Orrori del fascismo”? Non solo. L'occupazione coloniale iniziò nel 1911 sotto il liberale progressista Giolitti. Fu l'Italia di Giolitti che invase “lo scatolone di sabbia”, come allora lo chiamò Gaetano Salvemini, sotto la pressione della Banca di Roma e delle ambizioni dell'imperialismo straccione. Fu allora che iniziarono gli eccidi contro la popolazione autoctona, la caccia all'arabo per le vie di Tripoli, le deportazioni di massa via mare. Fu allora che in un solo giorno nell'ottobre del 1911 furono assassinati per rappresaglia 4000 libici, comprese donne e bambini. Di questo riferì un tenente colonnello, Gherardo Pantano, talmente sconvolto dall'esperienza da doversene dissociare: «Si sentono nostri ufficiali proclamare le teorie più reazionarie e più feroci... Si raccontano con compiacenza, e come utili e belle imprese, cose sbalorditive: arabi trovati feriti gravemente, inondati di benzina e bruciati; altri gettati nei pozzi... altri fucilati senza ragione se non quella di un feroce capriccio... Vi sono ufficiali che si incaricano personalmente di simili esecuzioni... Da dove venga tanta cieca ferocia e tanta sete di sangue, tanta raffinatezza di crudeltà, io non so comprendere.» (rapporto per il Generale Santangelo dal titolo ”Spirito di ufficiali e truppa”).
Ogni crimine commesso in Libia dalle truppe italiane è rimasto impunito. Il Maresciallo Badoglio, tra i primi responsabili dei massacri, guidò il governo del fronte nazionale di Liberazione, con tanto di riconoscimenti patriottici, inclusi quelli di Stalin e di Togliatti. Nessuna vera riparazione è stata mai pagata alla Libia per gli orrori coloniali.
In compenso la grande stampa borghese oggi ci informa che Draghi sta trattando sul pagamento dei debiti libici alle aziende italiane per 324 milioni di dollari certificati e sulla commessa di cinque miliardi già concordata tra Gheddafi e Berlusconi nel 2008 per la costruzione dell'autostrada costiera. Cosa non si fa per l'amicizia tra i popoli.