Petizione internazionale
Sei donne, militanti del
Partito Rivoluzionario dei Lavoratori (DIP) della Turchia, sono
perseguitate per la loro attività in occasione dell'8 marzo. Sono ora
sotto processo in tribunale per "sostegno e propaganda del terrorismo"
semplicemente perché hanno espresso solidarietà con le donne curde
sfacciatamente represse e umiliate dalle forze di sicurezza.
Il 6 marzo 2016 le sei compagne stavano distribuendo un volantino del nostro partito, che propagandava la partecipazione all'azione che si sarebbe tenuta l’8 marzo nella piazza principale di Çorlu, una città industriale ad ovest di Istanbul, quando la polizia le ha prese in custodia perché il testo del volantino conteneva riferimenti alla repressione di stato delle donne curde. Il pubblico ministero in seguito ha rinviato a giudizio le sei compagne. Giovedì prossimo, 26 maggio, si aprirà la causa in tribunale presso la Corte di Assise di Çorlu
La denuncia di "sostegno e la propaganda del terrorismo" è un’accusa intenzionale. Il volantino del DIP, dopo aver toccato una serie di forme di oppressione delle donne, sottolineava poi che alcuni mesi fa, nel contesto della guerra intensificata da Tayyip Erdogan e dall'AKP a partire dalla scorsa estate, il corpo nudo di una combattente curda era stato scaricato nel bel mezzo di una città curda, lasciato alla vista di tutti, in modo da seminare il terrore tra la popolazione. Il volantino condannava severamente questo atto sfacciato di umiliazione delle donne, esprimeva solidarietà con le donne curde sottoposte a questo e ad altri atti simili di aggressione e salutava la lotta delle donne curde impegnate nell’autodifesa contro tale pratica da parte delle forze di sicurezza. Il procuratore ha immediatamente etichettato queste dichiarazioni come sostegno e propaganda per il terrorismo.
Nella sua lotta contro l'oppressione delle donne e per la liberazione delle donne, a fronte di un enorme aumento della violenza contro le donne in Turchia negli ultimi anni, il DIP ha sistematicamente proposto la parola d’ordine dei gruppi di autodifesa composti da donne, per combattere la violenza contro di esse, sia nella parte occidentale del paese, nelle roccaforti industriali tra le donne che lavorano e nei campus per le studentesse, che, naturalmente, anche nelle regioni curde del paese.
Questa rivendicazione non è meno urgente per il fatto che siano state le forze di sicurezza a commettere questo atto brutale di disprezzo delle donne ma, se possibile, ancora di più.
Il 6 marzo 2016 le sei compagne stavano distribuendo un volantino del nostro partito, che propagandava la partecipazione all'azione che si sarebbe tenuta l’8 marzo nella piazza principale di Çorlu, una città industriale ad ovest di Istanbul, quando la polizia le ha prese in custodia perché il testo del volantino conteneva riferimenti alla repressione di stato delle donne curde. Il pubblico ministero in seguito ha rinviato a giudizio le sei compagne. Giovedì prossimo, 26 maggio, si aprirà la causa in tribunale presso la Corte di Assise di Çorlu
La denuncia di "sostegno e la propaganda del terrorismo" è un’accusa intenzionale. Il volantino del DIP, dopo aver toccato una serie di forme di oppressione delle donne, sottolineava poi che alcuni mesi fa, nel contesto della guerra intensificata da Tayyip Erdogan e dall'AKP a partire dalla scorsa estate, il corpo nudo di una combattente curda era stato scaricato nel bel mezzo di una città curda, lasciato alla vista di tutti, in modo da seminare il terrore tra la popolazione. Il volantino condannava severamente questo atto sfacciato di umiliazione delle donne, esprimeva solidarietà con le donne curde sottoposte a questo e ad altri atti simili di aggressione e salutava la lotta delle donne curde impegnate nell’autodifesa contro tale pratica da parte delle forze di sicurezza. Il procuratore ha immediatamente etichettato queste dichiarazioni come sostegno e propaganda per il terrorismo.
Nella sua lotta contro l'oppressione delle donne e per la liberazione delle donne, a fronte di un enorme aumento della violenza contro le donne in Turchia negli ultimi anni, il DIP ha sistematicamente proposto la parola d’ordine dei gruppi di autodifesa composti da donne, per combattere la violenza contro di esse, sia nella parte occidentale del paese, nelle roccaforti industriali tra le donne che lavorano e nei campus per le studentesse, che, naturalmente, anche nelle regioni curde del paese.
Questa rivendicazione non è meno urgente per il fatto che siano state le forze di sicurezza a commettere questo atto brutale di disprezzo delle donne ma, se possibile, ancora di più.
Il processo contro le sei compagne del DIP è un caso di repressione
della lotta delle donne contro l'oppressione e per la solidarietà tra i
popoli turco e curdo, e della lotta di DIP per una società giusta e
libera.
Chiediamo alla magistratura turca far cadere tutte le accuse contro
queste compagne che combattono l'oppressione delle donne e per i diritti
legittimi del popolo curdo.
PRIME SOTTOSCRIZIONI
Nancy Holmstrom - professore emerito di filosofia, Stati Uniti
Eleni Varikas - professore di politica e di studi di genere, Francia
Ada Ivekovic - professore di filosofia, Francia
Ana Bazac - professore di filosofia, Romania
Samir Amin - professore di economia, Egitto-Francia-Senegal
PER FIRMARE LA PETIZIONE, invia un'e-mail a: info@pclavoratori.it
PRIME SOTTOSCRIZIONI
Nancy Holmstrom - professore emerito di filosofia, Stati Uniti
Eleni Varikas - professore di politica e di studi di genere, Francia
Ada Ivekovic - professore di filosofia, Francia
Ana Bazac - professore di filosofia, Romania
Samir Amin - professore di economia, Egitto-Francia-Senegal
PER FIRMARE LA PETIZIONE, invia un'e-mail a: info@pclavoratori.it