♠ in aborto,Family day,femminicidio,femminismo,Forza Nuova,legge 194,LGBT,manifesto Roma,Vaticano at 04:24
Dalle sentinelle in piedi alla Marcia per la Vita, passando attraverso il Family Day, il Fertility Day e le politiche reazionarie del ministro Lorenzin, la destra cattolica e quella neofascista da un po' di tempo vanno a braccetto nella loro guerra santa contro la libertà di scelta delle donne e i diritti delle soggettività LGBT. Questi movimenti negli anni non hanno mai smesso di attaccare le nostre conquiste e il nostro diritto all'autodeterminazione, ma certo nel nuovo scenario politico che si è generato dopo il 4 marzo l'eco delle loro istanze reazionarie e oscurantiste trova un terreno purtroppo molto più fertile in cui crescere.
Si è cominciato con le campagne omofobe, dove soprattutto le persone gay vengono rappresentate sempre in termini caricaturali e grotteschi, come autentici mostri contronatura (davvero inquietante il manifesto contro al Gay Pride di Forza Nuova del 2001 che recitava “Dietro un omosessuale si nasconde un pedofilo”); ora si passa alla politica contro la libertà di scelta delle donne, in particolare contro al loro diritto di non essere madri.
Recentemente Roma - non casualmente ma proprio perché garantisce la visibilità nazionale - è stata il teatro di prese di posizione pubbliche decisamente inquietanti. Il 5 aprile è apparso un manifesto gigante in centro, promosso dalla onlus Pro Vita, vicina a Forza Nuova (1), con la raffigurazione di un feto con scritto "Tu eri così a 11 settimane e ora sei qui perché tua mamma non ti ha abortito" (2); l'effetto cercato è quello di una rappresentazione forte, dove tutti i dettagli sono volti a restituire un messaggio emotivamente coinvolgente (il cuore che batte, il succhiarsi il dito...), dall'altro a colpevolizzare le donne, che in nome del proprio egoismo potrebbero scegliere di non mettere al mondo il figlio. Ma il manifesto fa anche un'altra operazione, altrettanto subdola e violenta: si rivolge al passante di turno – "tu eri così, e adesso se sei qui a leggere questo manifesto è perché sei stato fortunato, perché tua madre non ha deciso di abortirti" – e lo richiama alla “responsabilizzazione”, alla presa in carico e difesa di tutti quei feti che rischiano di non nascere perché le loro madri potrebbero abortirli. È una dichiarazione di guerra che invita il “cittadino” a schierarsi dalla parte della “vita”, e dunque contro la donna e il suo diritto di scelta: che siano i cittadini (possibilmente uomini) a scegliere, non le donne. Sempre ad aprile Forza Nuova ha fatto un blitz davanti la Casa Internazionale delle Donne esponendo uno striscione con scritto “194 strage di Stato”.
Pochi giorni fa, a Roma come in altre città d'Italia, è comparso un altro manifesto, che recitava uno slogan alquanto apocalittico: “L'aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo”. Anche qui l'operazione mediatica scelta è basata sull'ambiguità e il ribaltamento, perché a detta dei promotori, l'associazione della destra cattolica CitizenGo, promotrice fra l'altro della Marcia per la Vita:
«questi manifesti riportavano una scritta insopportabile. “L’aborto è la prima causa al mondo di femminicidio, che ha suscitato le reazioni scomposte di femministe e ultraprogressisti che hanno indetto petizioni per la rimozione dei cartelloni. Peccato che lo slogan oltre a scuotere le coscienze ricorda una sconvolgente realtà, ovvero quella degli aborti selettivi dei feti femmina. Una consuetudine in Paesi come Cina e India e in molte nazioni asiatiche dove è più forte la spinta al controllo delle nascite. Fenomeno che sta creando diversi problemi sociali e delle incolmabili disparità di sesso nella popolazione, che vanno a discapito proprio delle donne. Un dramma che dovrebbe essere denunciato ogni giorno che passa da chi ha veramente a cuore il benessere delle donne di tutto il mondo » (3).
Questa dichiarazione è emblematica da molti punti di vista. Innanzitutto emerge come questi movimenti siano dichiaratamente antifemministi, ossia contro ogni forma di organizzazione autonoma femminile che abbia come prospettiva l'emancipazione delle donne. In secondo luogo, in questo estratto viene costruito un nesso ambiguo e oltremodo scorretto fra femminicidio e aborto, ossia viene costruita una relazione implicita fra un problema attuale, punta dell'iceberg della recrudescenza dell'oppressione patriarcale delle donne italiane, e il loro legittimo diritto ad autodeterminarsi in ambito sessuale e riproduttivo.
È evidente che il riferimento al presunto "controllo delle nascite” in Cina e India è solo un pretesto strumentale (tant'è che nel manifesto questo nesso non è nemmeno esplicitato, e dunque il riferimento al femminicidio fa pensare immediatamente alla situazione italiana) per mandare un messaggio colpevolizzante alle donne che scelgono di non essere madri. Anche in questo caso, come in tutte le campagne mediatiche e prese di posizione pubbliche tanto della destra cattolica quanto dei neofascisti, le modalità comunicative sono sempre le stesse: da un lato le rappresentazioni pietistiche e paternalistiche delle donne, trattate alla stregua di eterne minorenni, vittime degli eventi, del sistema e in ultima istanza di se stesse; dall'altro la colpevolizzazione delle donne che scelgono di non sottomettersi al destino cui queste istanze reazionarie vorrebbero costringerle, ossia essere madri e mogli per natura e non per scelta e per percorsi di vita, una scelta fra le tante altre possibili.
La battaglia per la difesa della 194, quarant'anni dopo la sua approvazione, è purtroppo tuttora aperta. Così come più in generale è aperta la battaglia per la difesa della salute sessuale e del diritto all'autodeterminazione delle donne. Ma oggi più di ieri la prospettiva di liberazione delle donne non può non fare i conti con la tremenda crisi economica e sociale che da più di dieci anni aggredisce diritti, salute e speranze. È sempre più evidente come i tagli alla spesa sociale, l'aggressione padronale al mondo del lavoro e ai diritti sindacali si ripercuotano anche nella vita privata di noi donne.
La sfida di oggi è quella della ricostruzione di un fronte unitario e di massa, che contro ogni subordinazione all'ideologia padronale dell'austerità o della meritocrazia rivendichi la riduzione dell'orario a parità di paga e la conseguente redistribuzione del lavoro esistente fra tutti e tutte. L'autonomia economica rappresenta infatti un principio fondamentale per garantire la costruzione libera della propria soggettività e del proprio percorso di vita, ed è dunque un presupposto indispensabile, specialmente per quanto riguarda le donne, per la liberazione dall’oppressione familiare e dalla dipendenza – economica o psicologica – dal compagno.
La genitorialità deve essere considerata una libera scelta fra altre possibili, e non un destino biologico e morale, un presunto dovere nei confronti della Patria tanto cara a Forza Nuova, né tantomeno un privilegio “naturale” della coppia eterosessuale.
Con questo spirito di superamento dell’ideologia della famiglia “tradizionale”, dobbiamo batterci per il riconoscimento del diritto alla genitorialità tanto al singolo individuo quanto alla coppia omosessuale.
Liberazione sessuale significa anche liberare la sessualità dei soggetti dal destino ideologico della procreazione e della maternità. È per questo che l’aborto deve essere libero e gratuito, e deve essere abolita l’obiezione di coscienza, ossia il privilegio di medici e personale sanitario a sostituirsi alle donne nella scelta. Inoltre, la contraccezione deve essere garantita a prezzi popolari.
La liberazione delle donne e delle minoranze sessuali e di genere si iscrive dunque in un processo rivoluzionario di rottura con la morale e con l’organizzazione economica e politica della società capitalista, e dunque deve essere rivendicato come passaggio imprescindibile l’abolizione unilaterale del Concordato fra Vaticano e Stato, l’esproprio senza indennizzo di tutte le grandi proprietà immobiliari ecclesiastiche, e in definitiva l’abolizione di tutti i privilegi fiscali, giuridici, normativi, assicurati alla Chiesa cattolica, a partire dalla truffa dell’8 per mille e dell’insegnamento religioso confessionale nella scuola pubblica.
Una battaglia indiscutibilmente ambiziosa, però l'unica che realisticamente possa garantirci benessere e libertà che meritiamo.
Note
(1) In proposito “Marciando per la famiglia (Versione lunga): i legami tra ProVita ONLUS e Forza Nuova”: https://www.youtube.com/watch?v=pcCI9Hai5W4&feature=youtu.be .
(2) http://www.ansa.it/lazio/notizie/2018/04/05/manifesto-provita-a-romapdoffende-scelta-donnesia-rimosso_5d369113-5935-4161-99cc-8ad0aa4c9b54.html .
(3) http://lanuovabq.it/it/laborto-e-ormai-un-dogma-via-quei-manifesti-1 .
Si è cominciato con le campagne omofobe, dove soprattutto le persone gay vengono rappresentate sempre in termini caricaturali e grotteschi, come autentici mostri contronatura (davvero inquietante il manifesto contro al Gay Pride di Forza Nuova del 2001 che recitava “Dietro un omosessuale si nasconde un pedofilo”); ora si passa alla politica contro la libertà di scelta delle donne, in particolare contro al loro diritto di non essere madri.
Recentemente Roma - non casualmente ma proprio perché garantisce la visibilità nazionale - è stata il teatro di prese di posizione pubbliche decisamente inquietanti. Il 5 aprile è apparso un manifesto gigante in centro, promosso dalla onlus Pro Vita, vicina a Forza Nuova (1), con la raffigurazione di un feto con scritto "Tu eri così a 11 settimane e ora sei qui perché tua mamma non ti ha abortito" (2); l'effetto cercato è quello di una rappresentazione forte, dove tutti i dettagli sono volti a restituire un messaggio emotivamente coinvolgente (il cuore che batte, il succhiarsi il dito...), dall'altro a colpevolizzare le donne, che in nome del proprio egoismo potrebbero scegliere di non mettere al mondo il figlio. Ma il manifesto fa anche un'altra operazione, altrettanto subdola e violenta: si rivolge al passante di turno – "tu eri così, e adesso se sei qui a leggere questo manifesto è perché sei stato fortunato, perché tua madre non ha deciso di abortirti" – e lo richiama alla “responsabilizzazione”, alla presa in carico e difesa di tutti quei feti che rischiano di non nascere perché le loro madri potrebbero abortirli. È una dichiarazione di guerra che invita il “cittadino” a schierarsi dalla parte della “vita”, e dunque contro la donna e il suo diritto di scelta: che siano i cittadini (possibilmente uomini) a scegliere, non le donne. Sempre ad aprile Forza Nuova ha fatto un blitz davanti la Casa Internazionale delle Donne esponendo uno striscione con scritto “194 strage di Stato”.
Pochi giorni fa, a Roma come in altre città d'Italia, è comparso un altro manifesto, che recitava uno slogan alquanto apocalittico: “L'aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo”. Anche qui l'operazione mediatica scelta è basata sull'ambiguità e il ribaltamento, perché a detta dei promotori, l'associazione della destra cattolica CitizenGo, promotrice fra l'altro della Marcia per la Vita:
«questi manifesti riportavano una scritta insopportabile. “L’aborto è la prima causa al mondo di femminicidio, che ha suscitato le reazioni scomposte di femministe e ultraprogressisti che hanno indetto petizioni per la rimozione dei cartelloni. Peccato che lo slogan oltre a scuotere le coscienze ricorda una sconvolgente realtà, ovvero quella degli aborti selettivi dei feti femmina. Una consuetudine in Paesi come Cina e India e in molte nazioni asiatiche dove è più forte la spinta al controllo delle nascite. Fenomeno che sta creando diversi problemi sociali e delle incolmabili disparità di sesso nella popolazione, che vanno a discapito proprio delle donne. Un dramma che dovrebbe essere denunciato ogni giorno che passa da chi ha veramente a cuore il benessere delle donne di tutto il mondo » (3).
Questa dichiarazione è emblematica da molti punti di vista. Innanzitutto emerge come questi movimenti siano dichiaratamente antifemministi, ossia contro ogni forma di organizzazione autonoma femminile che abbia come prospettiva l'emancipazione delle donne. In secondo luogo, in questo estratto viene costruito un nesso ambiguo e oltremodo scorretto fra femminicidio e aborto, ossia viene costruita una relazione implicita fra un problema attuale, punta dell'iceberg della recrudescenza dell'oppressione patriarcale delle donne italiane, e il loro legittimo diritto ad autodeterminarsi in ambito sessuale e riproduttivo.
È evidente che il riferimento al presunto "controllo delle nascite” in Cina e India è solo un pretesto strumentale (tant'è che nel manifesto questo nesso non è nemmeno esplicitato, e dunque il riferimento al femminicidio fa pensare immediatamente alla situazione italiana) per mandare un messaggio colpevolizzante alle donne che scelgono di non essere madri. Anche in questo caso, come in tutte le campagne mediatiche e prese di posizione pubbliche tanto della destra cattolica quanto dei neofascisti, le modalità comunicative sono sempre le stesse: da un lato le rappresentazioni pietistiche e paternalistiche delle donne, trattate alla stregua di eterne minorenni, vittime degli eventi, del sistema e in ultima istanza di se stesse; dall'altro la colpevolizzazione delle donne che scelgono di non sottomettersi al destino cui queste istanze reazionarie vorrebbero costringerle, ossia essere madri e mogli per natura e non per scelta e per percorsi di vita, una scelta fra le tante altre possibili.
La battaglia per la difesa della 194, quarant'anni dopo la sua approvazione, è purtroppo tuttora aperta. Così come più in generale è aperta la battaglia per la difesa della salute sessuale e del diritto all'autodeterminazione delle donne. Ma oggi più di ieri la prospettiva di liberazione delle donne non può non fare i conti con la tremenda crisi economica e sociale che da più di dieci anni aggredisce diritti, salute e speranze. È sempre più evidente come i tagli alla spesa sociale, l'aggressione padronale al mondo del lavoro e ai diritti sindacali si ripercuotano anche nella vita privata di noi donne.
La sfida di oggi è quella della ricostruzione di un fronte unitario e di massa, che contro ogni subordinazione all'ideologia padronale dell'austerità o della meritocrazia rivendichi la riduzione dell'orario a parità di paga e la conseguente redistribuzione del lavoro esistente fra tutti e tutte. L'autonomia economica rappresenta infatti un principio fondamentale per garantire la costruzione libera della propria soggettività e del proprio percorso di vita, ed è dunque un presupposto indispensabile, specialmente per quanto riguarda le donne, per la liberazione dall’oppressione familiare e dalla dipendenza – economica o psicologica – dal compagno.
La genitorialità deve essere considerata una libera scelta fra altre possibili, e non un destino biologico e morale, un presunto dovere nei confronti della Patria tanto cara a Forza Nuova, né tantomeno un privilegio “naturale” della coppia eterosessuale.
Con questo spirito di superamento dell’ideologia della famiglia “tradizionale”, dobbiamo batterci per il riconoscimento del diritto alla genitorialità tanto al singolo individuo quanto alla coppia omosessuale.
Liberazione sessuale significa anche liberare la sessualità dei soggetti dal destino ideologico della procreazione e della maternità. È per questo che l’aborto deve essere libero e gratuito, e deve essere abolita l’obiezione di coscienza, ossia il privilegio di medici e personale sanitario a sostituirsi alle donne nella scelta. Inoltre, la contraccezione deve essere garantita a prezzi popolari.
La liberazione delle donne e delle minoranze sessuali e di genere si iscrive dunque in un processo rivoluzionario di rottura con la morale e con l’organizzazione economica e politica della società capitalista, e dunque deve essere rivendicato come passaggio imprescindibile l’abolizione unilaterale del Concordato fra Vaticano e Stato, l’esproprio senza indennizzo di tutte le grandi proprietà immobiliari ecclesiastiche, e in definitiva l’abolizione di tutti i privilegi fiscali, giuridici, normativi, assicurati alla Chiesa cattolica, a partire dalla truffa dell’8 per mille e dell’insegnamento religioso confessionale nella scuola pubblica.
Una battaglia indiscutibilmente ambiziosa, però l'unica che realisticamente possa garantirci benessere e libertà che meritiamo.
Note
(1) In proposito “Marciando per la famiglia (Versione lunga): i legami tra ProVita ONLUS e Forza Nuova”: https://www.youtube.com/watch?v=pcCI9Hai5W4&feature=youtu.be .
(2) http://www.ansa.it/lazio/notizie/2018/04/05/manifesto-provita-a-romapdoffende-scelta-donnesia-rimosso_5d369113-5935-4161-99cc-8ad0aa4c9b54.html .
(3) http://lanuovabq.it/it/laborto-e-ormai-un-dogma-via-quei-manifesti-1 .