Un “Decreto dignità dei lavoratori e delle imprese”. Così recita il titolo-immagine del decreto che il Ministro del Lavoro Luigi Di Maio presenta oggi in Consiglio dei ministri. Un decreto sbandierato per ragioni elettorali come "lotta al precariato”.
Falso. Si tratta di piccoli ritocchi formali che non incidono affatto sulla condizione reale di milioni di sfruttati. Il ritorno della causale per i contratti a termine è previsto solo per il rinnovo del contratto. Resta la possibile estensione del contratto sino a 36 mesi, con l'unica riduzione del numero di proroghe da 5 a 4 e con la crescita del costo contributivo (+0,5) a partire dal secondo rinnovo. Resta inalterato il lavoro a somministrazione, smentendo i precedenti annunci, con soddisfazione delle agenzie interinali. Resta sullo sfondo soprattutto la soppressione dell'articolo 18, architrave del Jobs Act e della precarizzazione reale dei nuovi assunti. Mentre il Ministro del Turismo Centinaio, col plauso di Coldiretti, annuncia il ritorno dei voucher in agricoltura.
Sarebbe questa la lotta al precariato?
Si è fatto molto rumore attorno al contrasto delle delocalizzazioni (restituzione maggiorata degli incentivi pubblici). Ma il tempo di applicazione della misura deterrente è stato ridotto da 10 a 5 anni su pressione padronale: dal sesto anno l'impresa può andare dove vuole col malloppo in tasca. Peraltro i vantaggi strutturali della delocalizzazione sono spesso tali - in termini di manodopera a prezzi stracciati, concessione gratuita dei terreni, aliquote fiscali vicine allo zero - da ridurre la multa a un costo relativamente marginale, in ogni caso non determinante. In più le delocalizzazioni restano libere e impunite per le aziende non incentivate dallo Stato.
Sarebbe questa la difesa del lavoro?
Infine alle imprese si regala il disboscamento fiscale e la promessa solenne della flat tax a carico dei servizi sociali e dei salariati, che già reggono sulle proprie spalle l'80% delle tasse. La “dignità” dei profitti, a spese di chi lavora, è dunque ben tutelata, come prima e meglio di prima.
È vera però una cosa: la memoria delle politiche di austerità, la loro profondità, le sofferenze che hanno prodotto, possono riverberare paradossalmente una luce positiva sul “decreto dignità” nell'immaginario di settori di massa, abbellendone la realtà. Grazie anche a burocrazie sindacali del tutto passive, colluse coi padroni, incapaci di offrire una prospettiva alternativa ai lavoratori.
Costruire allora una piattaforma di lotta generale della classe lavoratrice attorno a proprie rivendicazioni unificanti e riconoscibili è l'unica via per tracciare la linea di demarcazione verso il governo giallo-verde e le sue elemosine truffaldine. Per ridefinire la linea di frontiera del movimento operaio sul terreno della lotta di classe. Per riaprire lo scenario politico italiano.