15 Dicembre 2023
La stampa borghese internazionale esalta il cosiddetto accordo storico siglato al COP28 a Dubai. Sono gli stessi toni trionfali con cui sono state salutate a suo tempo tutte le conferenze internazionali su clima, a partire dalla conferenza di Kyoto del 1997 per arrivare a quella di Madrid del 2019. Ma ciò non ha né impedito né ostacolato la deriva ambientale del mondo nel corso degli ultimi trent'anni. Gli impegni formali delle diplomazie sono carta straccia. Ciò che conta è la materialità degli interessi in gioco. Il linguaggio cifrato delle diplomazie è solo la registrazione indiretta della partita vera.
Peraltro nel caso di COP28 persino il linguaggio formale dell'accordo raggiunto fa strage di illusioni. Si nega l'abbandono dei fossili (“phase out”) a favore di un generico ”allontanamento progressivo” (“transitioning away”) per tutelare innanzitutto le petromonarchie. Si allude a futuribili sistemi di cattura e stoccaggio della Co2 per legittimare la continuità della produzione di energia sporca. Si lodano i cosiddetti combustibili di transizione per tutelare la produzione di gas. Scompare ogni cenno alla rapida chiusura del carbone. Si staglia l'obiettivo delle emissioni zero nel 2050 senza verifiche intermedie. Quanto al fondo per risarcire i paesi danneggiati dalla transizione (loss damage), lo si riduce alla cifra irrisoria di qualche centinaio di milioni. Il nulla. Anche se si volesse valutare l'accordo in base al testo scritto approvato, sarebbe davvero difficile presentarlo come vittoria dell'ambiente.
Ma non è il testo a spiegare la realtà, è invece la realtà a decodificare il testo. La realtà è molto semplice nella sua brutalità. Tutte le principali potenze imperialiste del pianeta, in lotta tra loro per spartirsi il mondo, stanno programmando grandi investimenti nelle energie fossili. Gli Stati Uniti hanno programmato nel marzo 2023 enormi investimenti nella produzione di GNL (gas naturale liquefatto) da esportazione, per un totale di 450 miliardi di metri cubi all'anno, e il più grande progetto petrolifero in Alaska (ConocoPhillips), con una capacità produttiva di 180000 barili al giorno sino alla fine degli anni venti. La Cina ha programmato un incremento del 56% della produzione nazionale di gas tra il 2020 e il 2030, e del 13% tra il 2030 e il 2050, mentre apre tre grandi miniere di carbone di cui è primo consumatore al mondo. La Russia ha programmato un aumento del 53% della produzione di carbone, e del 32% della produzione di gas da qui al 2035. Mentre su un altro piano, il governo brasiliano di Lula, salutato come progressista dalle sinistre riformiste di tutto il mondo, prevede un aumento del 63% della produzione petrolifera e del 124% della produzione di gas. Intanto l'ENI, fiore all'occhiello dell'imperialismo italiano, ha accresciuto il portafoglio risorse di 750 milioni di barili di petrolio nel solo 2022...
Quanto al mito di una Unione Europea “ambientalista”, è sufficiente un documento pubblicato dalla BCE (Il Sole 24 ore, 7 dicembre) costretto a constatare lo scarto tra la propaganda “verde” delle banche e il loro finanziamento massiccio degli investimenti inquinanti. Un campione di 109 grandi gruppi bancari dell'area euro, dove «le banche che più si presentano attente alle sfide ambientali sono anche quelle che prestano di più... alle industrie con alte emissioni di carbonio». Il greenwashing non è dunque un ricorso marginale, ma una pratica corrente del capitale finanziario d'Europa: quello che regge i governi imperialisti del vecchio continente, quello che chiede di tagliare sanità e pensioni per incassare gli interessi sui titoli di Stato acquistati.
La verità è che futuro dell'umanità non rientra nei bilanci del capitale. Secondo Mario Tozzi «mettendo a confronto i dati relativi agli investimenti in petrolio, gas e carbone con gli scenari di incremento della temperatura» siamo già oggi ben oltre lo scenario dell'aumento di temperatura dell'1,5%. «Se l'attuale progressione non muta andiamo verso un aumento del 2,7%» dichiara a La Stampa (14 dicembre). Con tutte le conseguenze che ne derivano.
Il sistema capitalista non è riformabile. Le illusioni su un possibile “capitalismo verde” sono smentite una dopo l'altra dall'esperienza dei fatti. Solo una prospettiva di rivoluzione sociale su scala internazionale può venire a capo del problema e invertire la rotta. Solo l'azione di massa della classe lavoratrice e della giovane generazione può realizzare tale prospettiva. Costruire controcorrente questa consapevolezza è l'azione quotidiana del nostro partito.