22 Giugno 2023
L'invio delle armi all'Ucraina è da tempo oggetto del confronto pubblico. Chi lo rivendica lo fa nel nome della NATO. Chi lo boicotta lo fa contro la NATO e la resistenza ucraina, dipinta come pura appendice della NATO. Noi difendiamo il diritto alla resistenza ucraina contro la guerra d'invasione russa senza per questo cessare un solo istante di denunciare la natura della NATO e dell'imperialismo di casa nostra. Per questo siamo bersaglio congiunto degli atlantisti e dei rossobruni.
Solo che intervengono fatti che sbugiardano l'ipocrisia di entrambi.
L'ENI è il cuore economico dell'imperialismo italiano. Il grande ispiratore della sua politica estera. La principale azienda capitalista nel continente africano. L'imperialismo italiano si sente tutelato dall'Alleanza Atlantica, e così l'ENI. Ma non al prezzo di sacrificare i propri affari su scala mondiale. Accade così che, mentre l'Italia invia armi all'Ucraina, ENI rifornisce la Russia di prodotti petroliferi essenziali per la sua guerra contro l'Ucraina.
Avete capito bene. Nel Kazakistan uno dei più grandi giacimenti di gas e petrolio esistenti al mondo, quello di Karachaganak, di proprietà ENI, produce elio, un gas indispensabile per l'industria militare ed aerospaziale, usato in particolare dalla Russia per quattro tipi di armi (i razzi spaziali di tipo Angara, quelli di tipo Sojuz, il veicolo spaziale KTDU, il missile intercontinentale SS-19 Stiletto). La produzione di elio in Kazakistan finisce direttamente alla Russia. Serve a trasportare in orbita i satelliti militari spia che permettono di controllare impianti ucraini per poterli colpire con armi di alta precisione. Le bombe che in Ucraina distruggono centrali elettriche, case, ospedali, scuole, godono anche di un contributo italiano.
Naturalmente con ciò non diciamo affatto che allora “l'Italia è in guerra al fianco della Russia”. Perché sappiamo bene che così non è, e la demagogia un tanto al chilo non ci appartiene. E tuttavia due cose colpiscono. In primo luogo, l'ipocrisia dell'imperialismo italiano e dei suoi gioielli di casa, che da un lato osannano il governo liberista di Zelensky (con un occhio al mercato della ricostruzione futura dell'Ucraina) e dall'altro aiutano i bombardamenti russi che distruggono l'Ucraina. In secondo luogo, il silenzio di rossobruni e di tanti pacifisti, che essendo impegnati a denunciare la resistenza ucraina contro l'invasione russa, non sanno bene che dire di fronte alla complicità dell'ENI nei bombardamenti russi. Quindi preferiscono tacere.
Quanto a noi, ne ricaviamo l'ennesima conferma. La resistenza ucraina contro la guerra d'invasione dell'imperialismo russo ha un solo possibile alleato sicuro: il proletariato russo e la classe operaia internazionale. Non certo gli imperialismi d'Occidente. Da questi, gli ucraini ricevono oggi le armi con cui hanno diritto a difendersi, ma non avranno mai un sostegno coerente, se non nei limiti dei loro interessi imperialistici. Interessi che giocano sempre su tutti i tavoli, sempre sulla pelle dei popoli. Il popolo curdo, che giustamente ha usato nella propria lotta di resistenza anche le armi di provenienza americana, è stato rapidamente scaricato dalle “democrazie” d'Occidente, pur di allargare la NATO a Svezia e Finlandia. È una lezione che il popolo ucraino e la sua resistenza farà bene a ricordare.
La lotta per la pace o è una lotta contro tutti gli imperialismi o non è.