La strana infatuazione della sinistra “radicale” per Marco Travaglio
Scemi di guerra. Un paese pacifista preso in ostaggio dai no pax è il nuovo best seller di Marco Travaglio. Ma è anche la nuova Bibbia di tanta parte della sinistra cosiddetta radicale in tema di Ucraina e di guerra.
Diciamo subito che la capacità di attrazione del travaglismo a sinistra è un fenomeno sconcertante. Travaglio non avrebbe nulla nel suo pedigree per meritare simpatie a sinistra. Allievo di Indro Montanelli, è stato il nume tutelare del giustizialismo manettaro negli ultimi vent'anni e passa, facendo leva sull'antiberlusconismo. È stato l'inquisitore di Lotta Continua sul caso Calabresi, in omaggio alla campagna dei PM. Il paladino di Antonio Di Pietro nel 2001 quando respingeva l'inchiesta parlamentare sul G8 di Genova a difesa dell'onorabilità della polizia. È stato il cantore di Beppe Grillo nel 2013 quando inveiva contro l'esistenza stessa dei sindacati. È stato la sponda giornalistica di Giuseppe Conte nel 2018 quando governava con Salvini e di Di Maio contro «i taxi del mare». Ha inoltre sostenuto le inchieste giudiziarie più maldestre contro le ONG, le sentenze forcaiole contro Mimmo Lucano, la campagna contro Alfredo Cospito a difesa del 41 bis... La simpatia che Travaglio incontra a sinistra è solo la misura dell'eclisse culturale di quest'ultima. Il travaglismo è la malattia senile di un riformismo in disarmo.
Ma è sulla guerra in Ucraina che questo connubio incontra la traduzione più imbarazzante.
La posizione di Travaglio in fatto di Ucraina è, in buona sostanza, che gli ucraini se la sono cercata, che la Russia è stata provocata, che la guerra al fondo è una guerra americana contro la Russia, che gli italiani sono ostaggi di una guerra americana, che la fine della guerra è cessare di armare l'Ucraina. Punto.
Non è una posizione originale. Coincide esattamente con la rappresentazione propagandistica di Putin, in funzione dei suoi propri interessi. Ma coincide anche con la pubblica opinione di Berlusconi, esternata in clamorose dichiarazioni. Con le opinioni di Matteo Salvini, di Marine Le Pen e dell'estrema destra tedesca. Con le posizioni pubbliche di Donald Trump, che ne fa addirittura un asse della propria campagna elettorale per le le presidenziali. Non a caso Il Fatto Quotidiano ha ospitato di recente un editoriale di Massimo Fini, antiecologista radicale, proprio a sostegno esplicito di Donald Trump nel nome della pace in Ucraina.
Il fatto nuovo è che Travaglio ha sentito il bisogno di riciclare tali posizioni in libro di 457 pagine, e che buona parte del campo pacifista pende dalle labbra di questo libro. Questa è l'unica ragione per cui ce ne occupiamo.
Il libro è costruito su un impianto retorico abile. Per liberarsi dell'accusa di filoputinismo enumera gli infiniti accreditamenti di cui Putin ha goduto in passato da parte degli attuali atlantisti di ogni sponda politica. E qui indubbiamente non ha che da scegliere. “Ipocriti, oggi date a me del putiniano quando siete stati voi a sostenere l'autocrate”, dichiara Travaglio con puntuali citazioni politiche e giornalistiche a 360 gradi prese dalla cronaca degli ultimi vent'anni. Se non che l'ipocrisia degli altri non assolve la propria ipocrisia. Semplicemente la maschera.
LA RIMOZIONE DEI FINI DICHIARATI DELL'INVASIONE RUSSA
La “guerra per procura” è la tesi di fondo del libro. Letteralmente, se le parole hanno un senso, significa che l'Ucraina è stata spinta in guerra dagli USA e che gli USA punterebbero attraverso l'Ucraina all'escalation militare. Non potendo negare l'invasione russa del 24 febbraio del 2022, Travaglio la presenta come una sorta di trappolone ordito dagli USA in cui Putin sarebbe caduto. L'invasione dell'Ucraina sarebbe stata letteralmente un augurio e un auspicio di Biden, che avrebbe spinto per l'invasione contro un Putin disponibile al dialogo. Questa rappresentazione, assai popolare in alcuni ambienti della sinistra, è costruita innanzitutto sulla negazione dei fatti. Più precisamente sulla negazione del ruolo reale di ogni protagonista.
In primo luogo, nega la natura e gli scopi dichiarati dell'invasione russa. Nel discorso a reti unificate del 21 febbraio è Putin stesso ad aver presentato al mondo le ragioni dell'imminente invasione: non la difesa del Donbass ma l'annessione dell'Ucraina.
«Cittadini della Russia... questo mio discorso riguarda gli eventi in Ucraina e perché sono così importanti per noi per la Russia... Vorrei sottolineare ancora una volta che l'Ucraina per noi non è solo un paese vicino: è una parte inalienabile della nostra storia, della nostra cultura, e del nostro spazio spirituale... L'Ucraina moderna è stata interamente creata dalla Russia, o per essere più precisi dalla Russia bolscevica e comunista. Questo processo iniziò praticamente subito dopo la rivoluzione del 1917, e Lenin e i suoi compagni lo portarono avanti in un modo che risultò estremamente duro per la Russia, separando quella che è storicamente terra russa... L'Ucraina sovietica è il risultato della politica dei bolscevichi e può essere giustamente chiamata l'Ucraina di Vladimir Lenin... Uno stato confederativo e uno slogan sul diritto all'autodeterminazione delle nazioni, fino alla secessione, furono posti alla base della struttura sovietica... L'URSS è stata fondata al posto dell'ex impero russo nel 1922... La disintegrazione del nostro paese unito è stata causata dagli errori dei leader bolscevichi... È un vero peccato che le basi del nostro Stato non siano state ripulite dalle odiose e utopiche fantasie ispirate dalla rivoluzione che sono distruttive per qualsiasi stato normale... Volete la decomunistizzazione? Molto bene, ma perché fermarsi a metà strada? Siamo pronti a mostrare cosa significherebbe per l'Ucraina una vera decomunistizzazione...»
Dunque l'invasione dell'Ucraina aveva come obiettivo pubblicamente dichiarato il suo ritorno alla terra russa; la fine della sua autodeterminazione nazionale voluta dai comunisti di Lenin, e il ritorno dell'impero russo in Ucraina. Colpisce come tanta parte degli estimatori “comunisti” di Putin rimuovano la retorica ferocemente anticomunista che ha accompagnato l'invasione russa dell'Ucraina.
Ma non è di questo che ora ci occupiamo. Ci occupiamo del fatto che l'invasione è stata dettata dalle autonome ragioni dell'imperialismo russo, non da quelle dell'imperialismo americano. Negare questa verità dichiarata, attribuire l'invasione alla trama USA, come fa Travaglio, è la prima bufala del libro.
Significa allora che la NATO non ha alcuna responsabilità nella esplosione della guerra? Certo che no. L'espansione dei confini NATO in Europa dopo il crollo dell'URSS ha sicuramente concorso al contesto storico della guerra. Ma se è per quello vi ha concorso anche (e soprattutto) la disfatta dell'imperialismo USA prima in Iraq e poi in Afghanistan, combinata con l'ascesa mondiale dell'imperialismo cinese a ridosso della crisi capitalistica internazionale del 2008. Se l'imperialismo russo voleva riprendersi l'Ucraina è perché puntava a capitalizzare l'indebolimento USA, l'ascesa cinese, i nuovi equilibri mondiali. Si può non vederlo?
LA NEGAZIONE DEI FATTI, DELLA DINAMICA DI GUERRA, DEL TEATRO STESSO DELLA GUERRA
Un secondo risvolto della cosiddetta guerra per procura passa per la negazione dei fatti intercorsi al piede di partenza del conflitto.
Un fatto accertato – da tutti riconosciuto e da nessuno negato – è che nei giorni successivi all'invasione gli USA abbiano offerto a Zelensky un possibile asilo politico in Florida. Non solo non gli hanno chiesto di resistere, ma gli hanno offerto la fuga. Pura beneficienza? No. L'imperialismo USA in quei giorni era convinto che l'Ucraina avrebbe ceduto inevitabilmente all'imponente superiorità russa, e che ogni resistenza sarebbe stata vana e avventurosa. Era la stessa opinione di Scholz. Fu la scelta ucraina della resistenza militare all'invasione (“Non ho bisogno di un passaporto ma di armi” rispose Zelensky) a modificare il quadro della guerra, contro le previsioni USA e tedesche.
Fu solo a fronte della imprevista resistenza ucraina che l'imperialismo USA e gli imperialismi NATO scelsero di sostenerla per interesse proprio. Una scelta diversa infatti avrebbe messo a rischio la tenuta stessa della NATO sul versante nord-europeo e un crollo di credibilità dell'imperialismo USA su scala mondiale, a tutto vantaggio della Cina, che è il vero avversario strategico degli USA. La teoria della guerra per procura (mandiamo avanti Zelensky per fare guerra alla Russia) si appoggia dunque sul capovolgimento della realtà.
Un terzo risvolto della teoria della guerra per procura passa per l'incomprensione della dinamica di guerra. Davvero gli USA spingono per l'escalation militare in Ucraina? Davvero spingono in direzione della guerra NATO contro la Russia? È questa, com'è noto, la tesi propagandistica del Cremlino, ma non regge alla prova dell'evidenza. Certo, gli imperialismi NATO hanno profuso aiuti militari importanti e determinanti, per un totale al momento di 65 miliardi di dollari. L'imperialismo USA e poi l'imperialismo britannico sono i principali contributori. Senza il loro sostegno sarebbe stata e sarebbe vana la resistenza ucraina contro una potenza russa enormemente superiore in fatto di riserve umane (milioni di reclutabili), carri armati (oltre 10000), aerei da combattimento (circa 3000).
Ma tutto questo non significa affatto che gli USA puntino sull'escalation. In realtà la durata della guerra, e a maggior ragione una sua radicalizzazione, sono un serio problema per gli USA. Per le casse federali, a fronte di un debito pubblico americano mai così alto. Per la campagna elettorale di Biden, insidiata dalla propaganda “pacifista” di Trump. Per la tenuta alla lunga delle alleanze USA in Europa sul fronte franco-tedesco, come emerge nelle posture altalenanti di Macron. Per l'evidente crisi di egemonia mondiale degli USA a fronte dell'allargamento dell'iniziativa diplomatica cinese in America Latina (Brasile), in Medio Oriente (Arabia Saudita e Iran), e naturalmente in Africa.
La verità è che gli USA cercano una via d'uscita dalla guerra che eviti sia la sconfitta ucraina che la guerra NATO contro la Russia. Un equilibrio molto difficile da ottenere, e permanentemente a rischio. Nel frattempo chiedono all'Ucraina di non attaccare in profondità il territorio russo, respingono ogni ipotesi di no fly zone, rifiutano l'adesione dell'Ucraina alla NATO durante la guerra in corso... Naturalmente non lo fanno perché "pacifisti". Lo fanno, al contrario, perché hanno da pensare alla possibile guerra futura contro la Cina sui mari del Pacifico, il vero crinale di una futura possibile terza guerra mondiale. È la ragione per cui paradossalmente proprio il Pentagono frena sugli aiuti a Kiev: “Non possiamo disarmarci, dobbiamo pensare a Taiwan”.
Il quarto risvolto della teoria della guerra per procura è la rimozione della popolazione ucraina. Che è la vittima quotidiana della guerra vera. Quella promossa dall'invasione russa a partire dal 24 febbraio 2022. Quella che non a caso si combatte in Ucraina, non in Russia, nel paese invaso, non nel paese imperialista invasore. Quella che conta ogni giorno morti, feriti, innumerevoli privazioni per la popolazione civile aggredita per via della distruzione di case, scuole, ospedali, fabbriche in tutte le regioni dell'Ucraina. Quella che ha fatto più di dieci milioni di sfollati ucraini. Questo elementare principio di realtà è rimosso da tutte le letture geopolitiche del conflitto. Che addirittura, come nel caso di Travaglio e del professor Orsini, rappresentano le sofferenze ucraine non come il prodotto dei bombardamenti russi ma come il portato della resistenza ai bombardamenti, cioè... della “guerra voluta dalla NATO”. Con un capovolgimento così radicale della logica da richiedere l'attenzione della psicoanalisi.
A PROPOSITO DEL DONBASS
Per replicare alla verità, Travaglio richiama la guerra ucraina contro il Donbass del 2014. È uno dei motivi portanti del libro. «Se la gente scoprisse la verità capirebbe che il mantra atlantista “Putin aggressore e Zelensky aggredito” vale solo dal 2022; prima per otto anni gli aggressori erano i governi di Kiev...».
In realtà se tanti compagni scoprissero la verità comprenderebbero che Travaglio bara. Perché scomodare la guerra del 2014 per spiegare la guerra del 2022? La guerra del nazionalismo reazionario ucraino della destra di Poroshenko contro i diritti linguistici delle popolazioni russofone del Donbass è un'altra guerra. Colpiva i diritti di autodeterminazione del Donbass nel nome della “grande Ucraina”. Per questo coerentemente ci schierammo a fianco delle popolazioni russofone e delle Repubbliche separatiste contro il governo ucraino post-Maidan, nonostante la natura rossobruna dei governi separatisti e il sostegno loro accordato dall'imperialismo russo. È il caso di ricordare che Zelensky nel 2019 raccolse una massa di voti nel Donbass proprio perché si presentò in contrapposizione alla destra di Poroshenko.
La guerra attuale non è affatto il prolungamento della guerra del 2014. È la guerra dell'imperialismo russo contro il diritto di autodeterminazione dell'Ucraina e la sua stessa legittimità storica. Non a caso si è tradotta nell'annessione del 23% del territorio ucraino, ben al di là della Crimea e del Donbass. Un'annessione imperialista con forze militari di occupazione, referendum farsa, misure di deportazione, legge marziale... Kherson non è il Donbass, come non lo è Zaporizhzhia.
Eppure delle province ucraine militarmente occupate da Putin non c'è traccia nelle 457 pagine del libro di Travaglio. Come non vi è traccia della pubblica dichiarazione di Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, secondo cui «l'unica soluzione della guerra accettabile per la Russia è la scomparsa dell'Ucraina con la sua spartizione: l'Ucraina ovest alla UE e le sue regioni centrali e dell'Est alla Russia» (25 maggio 2023). Testuale. Mentre il governatore russo di Belgorod, con l'appoggio di Mosca, già rivendica l'annessione alla Russia della provincia ucraina di Kharkiv, per aggiungerla all'attuale bottino di guerra. Altro che “difesa del Donbass”. Confondere la guerra dell'imperialismo russo con la difesa del Donbass significa solo fare il verso alla retorica nazionalista di Putin, la stessa retorica che presenta l'invasione dell'Ucraina come continuità della "guerra nazionale patriottica” contro il nazismo. In compagnia dei mercenari paranazisti della Wagner e delle bande cecene islamofasciste di Kadyrov, con la benedizione del patriarca ex KGB Kyrill e della sua campagna antisatanista.
Denunciare la guerra imperialista russa, difendere il diritto di autodeterminazione ucraina, non significa affatto per parte nostra sposare il nazionalismo ucraino. Né ieri né oggi. Denunciamo la rivendicazione ucraina della riconquista della Crimea (che è e deve restare russa) come rivendichiamo i diritti di autodecisione del Donbass. Di più. Diciamo che se la guerra di difesa dell'Ucraina dall'invasione russa si trasformasse domani in una guerra di riconquista ucraina della Crimea e delle repubbliche di Donetsk e di Lugansk muterebbe di conseguenza la nostra posizione sulla guerra. Ma oggi l'Ucraina ha diritto a difendersi e a liberare i territori occupati e annessi dalla Russia dopo il 24 febbraio. Ciò che implica il ritiro e il respingimento delle forze di occupazione russe entro i confini del febbraio 2022. Peraltro la stessa libera autodeterminazione delle popolazioni russofone del Donbass, se non è compatibile coi sogni di rivincita del nazionalismo ucraino, non lo è neppure con la permanenza delle truppe di occupazione russe. Tanto più dopo l'esperienza della guerra d'invasione.
LA CONFUSIONE SULL'INVIO DELLE ARMI
L'opposizione all'invio di armi all'Ucraina è l'alfa e l'omega del libro di Travaglio. Sull'argomento, dopo oltre un anno di guerra regna a sinistra la massima confusione. Che confonde in un calderone indistinto il sacrosanto rifiuto della guerra col rifiuto di ogni sostegno alla sue vittime, sotto l'incenso della predicazione della pace.
Ragioniamo con ordine.
Siamo contro la guerra imperialista, come siamo contro lo sfruttamento capitalista. Siamo per una società del mondo libera da queste piaghe. Ma essere contro lo sfruttamento ci esime forse dal chiederci chi è lo sfruttatore e chi lo sfruttato? Certo che no, naturalmente. Chi rivendicasse “la pace” tra sfruttato e sfruttatore – tra l'operaio e il padrone – nel nome del rifiuto dello sfruttamento, contraddirebbe proprio la lotta allo sfruttamento. Lo stesso vale per una guerra. Siamo contro ogni guerra imperialista. Ma possiamo forse per questo ignorare la distinzione tra la potenza imperialista che promuove la guerra e la nazione non imperialista che la subisce? Rifiutare il sostegno alla nazione invasa nel nome della pace con l'imperialismo invasore contraddice la lotta contro l'imperialismo, e quindi contro la guerra. È l'abc di una riflessione elementare. Purtroppo è l'abc che viene rimosso. La voluminosa teoria della guerra per procura, cara a Travaglio, ha come fine questa rimozione.
La fascinazione della guerra per procura come chiave di lettura della vicenda ucraina ha il vantaggio della semplicità e del richiamo della tradizione. Nulla è più semplice che vedere al mondo il solo imperialismo USA e NATO. È l'imperialismo riconosciuto e combattuto dalle generazioni del dopoguerra per più di mezzo secolo. È sicuramente tutt'oggi l'imperialismo politicamente dominante su scala mondiale. Il punto è che non è più, da almeno vent'anni, l'unico polo imperialista. Dalla restaurazione capitalista prima in Russia e dopo in Cina sono emersi nuovi imperialismi, coi loro interessi, le loro ambizioni, le loro politiche di potenza, le loro guerre. La guerra in Ucraina condensa nella sua complessità il nuovo scenario internazionale rivelando al tempo stesso natura e ruolo dei diversi imperialismi, delle loro contraddizioni, del loro intreccio con l'autodeterminazione nazionale. La questione delle armi è solo un riflesso di questo groviglio.
Vediamo bene gli interessi degli imperialismi NATO in questa guerra e le ragioni del loro sostegno all'Ucraina. Come abbiamo detto e scritto, gli imperialismi NATO sostengono l'Ucraina come la corda sostiene l'impiccato: il loro aiuto militare è politicamente finalizzato ai propri interessi imperialistici. Che sono anche il consolidamento del proprio controllo sull'Ucraina (finanziario, strategico, militare).
Una piena autodeterminazione dell'Ucraina richiederà pertanto indubbiamente la rottura con gli imperialismi NATO dentro una soluzione socialista. Per questa semplice ragione non rivendichiamo l'invio delle armi da parte dell'imperialismo di casa nostra. E anzi denunciamo le sue finalità politiche. Così come denunciamo più in generale ogni sviluppo delle spese in armamenti (ovunque stratosfericamente più grande degli aiuti militari all'Ucraina).
E tuttavia è altrettanto indubbio che oggi l'Ucraina ha prima di tutto il diritto a difendersi da una guerra imperialista d'invasione (al pari di ogni nazione non imperialista invasa) che minaccia la sua stessa sovranità e annette parti del suo territorio. E può farlo nelle condizioni attuali solo usando le armi che gli imperialismi NATO le forniscono. È un fatto. Opporsi all'invio di armi è negare il diritto di resistenza dell'Ucraina all'invasione russa. Nei fatti è parteggiare per l'imperialismo russo, favorire la sua politica di annessione, chiedere la resa dell'Ucraina all'invasione. Perché senza armi nessuna resistenza è possibile.
Pertanto non rivendicare l'invio delle armi da parte NATO e al tempo stesso non boicottare il diritto ad usarle da parte ucraina è una posizione coerente con la complessità dello scenario mondiale. Tiene insieme l'autonomia politica dall'imperialismo di casa nostra e il sostegno a chi si difende dall'imperialismo altrui. Distingue la guerra d'invasione e la guerra di difesa nazionale dall'invasione. Contrasta frontalmente la prima, riconosce i diritti della seconda, senza accordare naturalmente alcun appoggio politico al governo borghese di Zelensky.
La GUERRA IN UCRAINA E L'ARTICOLO 11 DELLA COSTITUZIONE
Travaglio protesta contro questa rappresentazione nel nome della pace. «Pace diventa sinonimo di resa: chi chiede un negoziato e un cessate il fuoco viene accusato di negare la legittimità della splendida ed eroica resistenza di tanti ucraini e di pretendere che questi si arrendano, anche se non l'ha mai detto né pensato. Anzi, tutti riconoscono il loro sacrosanto diritto di difendersi. Ma con le loro armi e con quelle di chi può inviarle, non con quelle dell'Italia che non può per Costituzione».
Il riferimento è al famoso articolo 11 sull'Italia che ripudia la guerra come strumento di soluzione di controversie internazionali. Un democratico borghese potrebbe replicare che è la Russia a promuovere una guerra d'invasione e che “ripudiare” questa guerra rientra nei parametri costituzionali. Ma noi non siamo uomini di legge come Travaglio, non ci identifichiamo nella Costituzione di De Gasperi e Togliatti, non mettiamo la Legge al di sopra dell'umanità di chi deve difendersi da un'aggressione. Se l'Ucraina ha il «sacrosanto diritto di difendersi», come Travaglio a denti stretti riconosce, avrà pure il diritto di esercitarlo. O no? Esercitarlo è il diritto a usare le armi di cui può disporre indipendentemente dalla loro provenienza.
Quanto alla richiesta di negoziato, cui nessuno obietta, si tratta di evitare ambiguità pelose. «Il ritiro delle truppe da che mondo è mondo viene dopo le trattative non prima» dichiara Travaglio. Quanto ai tempi e alle condizioni delle trattative... «con tutti i miliardi e le armi che invia all'Ucraina è mai possibile che l'Occidente non debba avere voce in capitolo?».
Difficile a questo punto raccapezzarsi. Da un lato si rivendica il negoziato al posto dell'invio delle armi. Dall'altro si dichiara che proprio l'invio delle armi consentirebbe di avere voce in capitolo nel negoziato. Salvo l'Italia, par di capire, che non potendole inviare per impedimento costituzionale non avrebbe dunque voce in capitolo nel negoziato... che tuttavia si rivendica nel nome della Costituzione italiana. Che dire, l'uomo di legge Travaglio si è un po' ingarbugliato. Quanto a noi, che non siamo uomini di legge (borghese), vorremmo solo sapere da Travaglio qual è la richiesta che vorrebbe portare al negoziato. Chiede si o no il ritiro delle truppe russe d'occupazione entro i confini del febbraio 2022? Le 457 pagine non rispondono a questa domanda elementare. E anzi tutto il senso dell'argomentazione sulla guerra per procura porta alla conclusione che la fine della guerra richiede semplicemente la fine dell'invio delle armi all'Ucraina. Ciò che significherebbe l'annessione dell'Ucraina o di una sua parte per mano dell'imperialismo russo. Sicuramente Travaglio non è putiniano, ma Putin e Medvedev sono d'accordo con lui.
«DOVREMMO FORSE INTERVENIRE IN TUTTE LE GUERRE?»
L'uomo di legge non ha finito di dire la sua. «In ogni guerra che si rispetti c'è sempre un aggressore e un aggredito. Dunque l'Italia dovrebbe intervenire in tutte le guerre del pianeta». E giù l'elenco delle guerre dimenticate del mondo, dai curdi alla Palestina. Questo argomento, molto popolare a sinistra, combina il cretinismo istituzionale con il rovesciamento della logica più elementare. Potremmo rispondere a Travaglio che noi non ci identifichiamo nell'Italia capitalista, e che l'imperialismo italiano è ben presente con uomini e armamenti in tanti teatri di guerra persino in tempi di pace (dall'Iraq al Libano al Kosovo) in funzione degli interessi propri e/o della NATO, senza che Travaglio abbia mai per questo sollevato scandalo o problemi. Invece siamo noi a declinare in senso antimperialista, e da un'angolazione indipendente, proprio l'argomento di Travaglio. Per quale ragione rivendicare i diritti di liberazione dei popoli oppressi “in tutte le guerre del pianeta” e voltare le spalle al popolo ucraino di fronte all'imperialismo russo? Perché due pesi e due misure? Non si cacci la palla in tribuna dicendo che sono contesti diversi, perché ogni contesto è sempre diverso dall'altro.
Ciò che non può cambiare è la difesa di popoli invasi, colpiti dalla politica di potenza di questa o quella potenza imperialista, anche quando la loro lotta viene appoggiata strumentalmente dagli imperialismi rivali. I curdi hanno combattuto per la propria causa con armi e istruttori americani. Era forse una ragione per voltare le spalle ai curdi? Il Negus difese l'Etiopia dall'aggressione mussoliniana col sostegno militare britannico. Era forse una ragione per voltare le spalle alla resistenza etiope?
Gli ucraini oggi combattono con armi NATO, anche (in misura minima) italiane. È questa una ragione per negare loro il diritto a difendersi dall'invasione russa? I migliori sindacati ucraini, giustamente all'opposizione di Zelensky e delle sua politiche sociali antioperaie, sono tutti impegnati nella difesa di fabbriche, case, scuole, ospedali dai bombardamenti russi, e per questo partecipano alla difesa del paese. Dovremmo dire loro che si sbagliano e boicottare la loro autodifesa?
LA “GUERRA GIUSTA” DEL PATRIOTA TRAVAGLIO
«La verità è semplice come la lingua in cui è scritta la Costituzione. L'unica guerra giusta è quella per difendere la patria: la nostra, non quella degli altri, a meno che con gli altri non abbiamo stipulato trattati che ci vincolano al soccorso armato. E non è il caso dell'Ucraina».
Qui tutta l'essenza del travaglismo risplende alla luce del sole. La difesa della patria tricolore e dei suoi alleati internazionali è l'unica guerra giusta che Travaglio rivendica. La patria degli altri, quando invasa da un paese oppressore, non interessa. Interessa solamente la propria patria, imperialista, e i suoi legami internazionali, imperialisti.
Dunque se un paese della NATO fosse attaccato, Travaglio sosterrebbe l'ingresso “giusto” dell'Italia in guerra, perché in quel caso “la patria” sarebbe vincolata dall'articolo 5 del trattato di Alleanza Atlantica.
Notevole che larga parte del pacifismo italiano abbia Travaglio come proprio punto di riferimento. Soprattutto in un tempo storico in cui rullano davvero tamburi di guerra; in cui si impenna la corsa agli armamenti di tutte le potenze imperialiste lungo una scala di grandezza di quasi tremila miliardi al mondo; in cui la NATO si allarga in Nord Europa e Asia, col ridispiegamento di proprie truppe, anche italiane, ai confini; in cui persino la Germania riarma e il Giappone raddoppia il proprio bilancio militare; in cui si ammassano nel Mar Cinese Meridionale le navi militari di tutto il mondo, incluse navi italiane...
Di fronte a tutto questo Travaglio contrappone la possibile “guerra giusta” di difesa della “nostra” patria o di suoi alleati NATO al diritto di difesa dell'Ucraina dalla Russia. L'importante, secondo Travaglio, è «partecipare all'Alleanza Atlantica da alleati, non da camerieri. In posizione eretta. Non sdraiati o a 90 gradi». È la stessa posizione di tanti generali in pensione ospitati dal Fatto Quotidiano, già comandanti in capo di missioni imperialiste del passato, e oggi dispensatori di pace. Tutti patriottici e atlantisti, ma..."eretti” contro l'Ucraina.
Marco Travaglio non contesta né la NATO né i bilanci militari della patria italiana. Non a caso il Presidente del consiglio Giuseppe Conte, da lui sostenuto, ha accresciuto le spese in armamenti e la loro percentuale sul PIL senza che il nostro pacifista (o il suo amico Di Battista) avesse qualcosa da ridire. Così, il referendum sostenuto dal Fatto Quotidiano contro l'invio di armi all'Ucraina non contesta la crescita in prospettiva del bilancio militare della Difesa da 25 a 38 miliardi (prospettiva accettata a suo tempo da Conte), né l'ordinaria fornitura di armi da parte dell'Italia a regimi odiosi come quello egiziano (“non sono mica in guerra”), né l'ordinaria partecipazione italiana a missioni militari di mezzo mondo dentro e fuori la NATO. Insomma non mette in discussione l'ordinario imperialismo italiano, la sua conformità costituzionale, le sua alleanze internazionali. Si occupa solo di contrastare il diritto di autodifesa dell'Ucraina. Questo sì nel nome della Costituzione. Il fatto che l'arco dei promotori del referendum vada dal no vax integralista Ugo Mattei a tutta la galassia rossobruna dichiaratamente putiniana sino allo storico fascista Franco Cardini, apologeta della Repubblica di Salò, non fa meraviglia. La fa il coinvolgimento di democratici e pacifisti ingenui, tutti a rimorchio di un Marco Travaglio qualunque.
A differenza di Marco Travaglio, e di chi lo segue a sinistra, ci opponiamo a tutti gli imperialismi vecchi e nuovi, e a difesa di tutti i popoli oppressi da questi aggrediti. Lo abbiamo fatto a suo tempo rivendicando il diritto di resistenza irachena, serba, afghana, contro le stesse truppe di occupazione italiane, nel totale silenzio dei tanti Travaglio, lo facciamo rivendicando il diritto di resistenza ucraina contro le truppe di occupazione russe.
Per noi l'unica guerra giusta è quella degli oppressi contro i loro oppressori. L'unica “nostra patria” sono i lavoratori e i popoli oppressi a tutte le latitudini del mondo. La “nostra Costituzione” è quella dell'URSS di Lenin e di Trotsky che rivendicava la rivoluzione socialista internazionale quale antidoto risolutivo contro la guerra, fuori da ogni sciovinismo e da ogni cinica indifferenza.