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Antisemitismo, antisionismo e destra

 


Autunno 2023: l’incedere storico fiammeggia davanti ai nostri occhi. Il conflitto israelo-palestinese fa un salto di qualità dovuto all’eccidio perpetrato dalle forze armate israeliane ai danni della popolazione di Gaza.

Per caratteristiche, intensità, accanimento e crudeltà, laddove alle bombe si aggiunge l’assedio totale con la privazione di cibo acqua, farmaci e cure mediche, l’entità di questo massacro assurge allo stato di un vero e proprio genicidio.

In modo assurdo il riflesso pavloviano delle cancellerie dei paesi imperialisti occidentali Usa e Ue offre immediatamente il proprio sostegno ad Israele nella sua azione criminale. Dicono di voler difendere l’unico stato democratico del Medio Oriente, ma questo sostegno non è innocente. Piuttosto è indispensabile per tutelare i propri interessi geopolitici, strategici ed economici in una area cruciale per gli equilibri mondiali tra le potenze imperialiste di occidente e di Oriente.

La propaganda israeliana può contare su potenti alleati capaci di controllare i principali mass media occidentali e con essa, almeno così si augurano, l’opinione pubblica di questa parte di mondo.
Qualcosa però va storto.

La realtà del genocidio va in onda sui canali dell’informazione mondiale non occidentale e non ad essa subalterni e viene veicolata in maniera virale sui social. Questa realtà non può, così, essere nascosta o travisata.
Esplode il più grande movimento mondiale di sostegno ad un popolo storicamente oppresso dai tempi della guerra imperialistica americana contro il Vietnam.

Nei paesi arabi, in Indonesia, in Suda America, in Canada, negli Usa centinaia di migliaia, soprattutto giovani scendono in piazza per sostenere la causa palestinese e chiedere il cessate il fuoco immediato.
In Europa mobilitazioni imponenti si verificano nel Regno Unito e in Spagna.

La Francia e la Germania sono attraversate da manifestazioni piene di tensione con le forze dell’ordine.


LA REPRESSIONE DEI GOVERNI OCCIDENTALI CONTRO LE MOBILITAZIONI PRO-PALESTINA

Le autorità francesi già dal 10 ottobre vietano le manifestazioni in solidarietà alla Palestina. Una misura completamente antidemocratica e tanto più odiosa di fronte alla sacrosanta indignazione di fronte agli indiscriminati bombardamenti che stanno distruggendo Gaza e provocando stragi tra i civili, tra cui, numerosissimi, bambini e donne. La repubblica borghese, stato servo dell’imperialismo francese, mostra i muscoli. Ma gli arresti e anche il divieto della sola esposizione della bandiera palestinese non fermano il moto spontaneo di solidarietà. Tanto che il giornale di destra Le Figaro, lancia una campagna isterica contro le compagne e i compagni dell’NPA colpevoli di schierarsi con la resistenza palestinese ed invocare una nuova Intifada, chiedendone lo scioglimento.

Anche in Germania le manifestazioni sono tutte vietate, si susseguono arresti di attivisti filopalestinesi. In questo Paese il governo socialdemocratico si è schierato immediatamente e senza incertezze con Israele, condendo la sua complicità con una forma particolarmente nauseante di ipocrisia: il presunto senso di colpa per l’immane sterminio pianificato delle persone di origine ebraiche durante la II guerra mondiale il cui prezzo però sarebbero chiamati a pagarlo…i palestinesi!

È una scusa, è evidente! In realtà il governo tedesco come quello francese e quello italiano difendono i propri interessi imperialistici nell’area medio Orientale, in alleanza, nella fattispecie con l’imperialismo americano.
La costante sia in Francia che in Germania è l’attacco ideologico che accompagna quello repressivo. Praticamente tutte le manifestazioni o anche solo le espressioni di contrasto ai massacri israeliani e all’invasione di Gaza e della Cisgiordania vengono bollate come complici di Hamas e antisemite.

Hamas, è a tutti gli effetti una importante organizzazione combattente della resistenza palestinese di natura piccolo borghese e ideologia islamista reazionaria. Un’organizzazione che i marxisti rivoluzionari all’interno, e nel pieno e incondizionato sostegno alla resistenza armata palestinese, devono combattere politicamente. Tuttavia, a meno di bollare come tale tutta la Resistenza palestinese, non può essere considerata un’organizzazione terroristica ed essere così privata di ogni diritto di guerra.

Tanto più i civili palestinesi non possono essere bersaglio di bombardamenti e di attacchi da parte delle forze armaste israeliane perché contengono, presuntamente o meno, i propri combattenti.

Se c’è una guerra di invasione tra Israele e la Palestina, quest’ultima ha il diritto di difendersi armi in pugno e cacciare l’invasore. E il popolo palestinese ha tutto il diritto di sostenere la resistenza come meglio può e crede.
Ma l’accusa più velenosa agli attivisti pro-Palestina è quella di antisemitismo su cui torneremo.


L’APPOGGIO AL SIONISMO DA PARTE DELLA DESTRA EUROPEA

L’appoggio di Israele travalica i confini dei maggiori gruppi del parlamento europeo. Sia il Partito Popolare Europeo che il Partito Socialista Europeo hanno fin da subito sostenuto il governo israeliano e la sua rappresaglia sulla popolazione civile di Gaza, manifestando solo qualche timido distinguo secondario di fronte ai più efferati massacri, dimostrando uno schieramento trasversale filosionista.

Ma i confini di tale schieramento sono andati oltre i confini del moderatismo politico. La destra europea, anche quella estrema ha confermato una volta di più la propria ricollocazione ideologia al fianco dello stato di Israele, nell’interesse complessivo delle potenze imperialiste europee e americana.

I più grandi partiti, da Rassemblement National di Le Pen al AFD in Germania che la compongono hanno partecipato alla canea filosionista e repressiva nei confronti delle manifestazioni al fianco della lotta palestinese nei rispettivi paesi.

Non diversamente hanno agito la Lega e Fratelli d’Italia nel governo italiano. Gli ambienti intellettuali liberali tendono considerare questa una evoluzione positiva della destra che avrebbe lasciato le sponde di un antisemitismo malcelato. In realtà questa presunzione si basa sull’equivoco tra antisemitismo e antisionismo. Se la destra si è più o meno sbottonata la camicia dell’antisemitismo è solo perché, chiamata a reali o potenziali responsabilità di governo, si è assunta in pieno l’onere di rappresentare gli interessi imperialistici occidentali che vedono nell’entità israeliana e nel suo armamento un baluardo insostituibile in Medio Oriente.

La connessione tra la natura reazionaria del sionismo e la destra europea si fa più intima trovando fertile terreno comune nell’ideologia suprematista bianca e filoccidentale di entrambi i movimenti e nel razzismo nazionalista, più esplicito in Israele, come medesimo alimento di campagne antiarabe e islamofobe che fanno presa purtroppo sia nel proletariato israeliano che in quello europeo percorso a sua volta d tensioni xenofobe nei confronti del proletariato migrante.


L’ISLAMOFOBIA CRESCENTE IN EUROPA

I ripetuti interventi militari in Medio Oriente (Iraq, Siria,) e nei paesi mussulmani dell’asia (Afghanistan) e del nord Africa (Libia) da parte dell’imperialismo americano e d delle coalizioni a geometria variabile degli imperialismi europei, con il loro corollario di “scontro di civiltà” e guerra al terrorismo, hanno rinfocolato nell’opinione pubblica americana ed europea un forte sentimento islamofobo. In Europa, in particolare, questa forma specifica di pregiudizio razziale si è connessa alla xenofobia crescente nei confronti dei migranti, in gran parte provenienti da paesi mussulmani.

Seppure sottostimati e non rappresentativi dell’entità del fenomeno, perché significativamente non esistono procedure corrette presso le forze dell’orine per rilevarli segnalarli e registrarli, gli incidenti di carattere islamofobo e razzista nei confronti dei mussulmani e dei migranti sospettati di esserlo sono in forte aumento negli ultimi anni.

A titolo esemplificativo nel Regno Unito nel decennio dai rilevamenti delle forze di polizia i crimini di odio e a sfondo razziale nei confronti della popolazione ritenuta di fede islamica sono cresciuti di oltre il 50%.
In Germania il recente studio sulle propensioni autoritarie della popolazione riporta che oltre il 70% della popolazione concorda sul fatto che dovrebbe essere vietata l’immigrazione musulmana e che quasi l’80% si sente estraneo a causa della presenza musulmana.

Tuttavia, non stiamo parlando di un fenomeno che riguardi esclusivamente le fasce popolari. Secondo il rapporto European Islamophobia Report – 2022 episodi riconducibili al pregiudizio antiislamico si riscontrano anche nel mondo della politica, dei media e delle istituzioni. A tal proposito il rapporto denuncia che, nonostante le raccomandazioni delle Nazioni Unite, la ministra dell’Integrazione del governo austriaco abbia organizzato il convegno sul contrasto alla segregazione e all’estremismo a cui hanno partecipato undici paesi europei e il cui intento è stato quello di “esportare la sua battaglia contro la cosiddetta politica Islam”.

Tra gli alleati del governo austriaco in questa poco nobile “battaglia “si pone con fervore crescente la Francia di Macron ormai sulla strada della repressione della popolazione musulmana del suo paese, contro la quale ha condotto un’ostruzione sistematica che ha comportato il controllo di circa 2000 istituzioni musulmane, 118 chiusure e il sequestro di oltre 10 M di euro nel solo periodo tra il gennaio e l’agosto del 2022. Nel campo dell’educazione il governo francese ha portato avanti, sotto le mentite spoglie del Piano Laicità politiche di controllo del corpo delle donne musulmane.

In Olanda le recenti elezioni politiche hanno visto trionfare il partito populista di destra di Geert Wilders che ha fatto dell’anti-islamismo uno dei suoi campi di battaglia prioritari. La polizia tedesca dal canto suo percorsa da crescenti fibrillazioni naziste come ormai si è evidenziato da molti anni anche se per lo più silenziata dai rapporti ufficiali del governo, si è resa responsabile di numerosi atti persecutorie illegali a sfondo razziale. Ovviamente molti di questi eventi hanno colpito la popolazione musulmana.

L’Italia ha ora un governo le cui componenti principali sono partiti i cui esponenti hanno fatto in più occasioni campagna elettorale contro l’islamismo e per il divieto e la chiusura delle moschee. Tanto che la sindaca leghista di Monfalcone si è sentita in diritto di condurre una la propria battaglia per la chiusura di ben due moschee, il divieto del burkini in spiaggia per le musulmane e del velo per le bambine a scuola.

In conclusione l’islamofobia non è solamente riconducibile ad un pregiudizio che serpeggia nella popolazione a dispetto dei più elementari principi difesi dagli stati democratici europei, come accade per le altre forme di razzismo, tra i quali sicuramente va annoverato l’antisemitismo, ma contamina anche partiti ed esponenti di governo, media pubblici e privati e le istituzioni al massimo livello rappresentando così una sorta di armamento ideologico lelle politiche interne ed internazionali delle potenze imperialiste occidentali.


ANTISEMITISMO: ALIBI E REALTÀ

Anche gli episodi di antisemitismo sono in crescita, soprattutto in Germania ed in Italia dove la tradizione antisemita, dovuta probabilmente al lascito dei regimi totalitari del passato, nazismo e fascismo, è più radicata Secondo l’Osservatorio Antisemitismo i casi in Italia sono quasi decuplicati nel decennio 2023-2023 passando da circa 50 a oltre 400.

Il problema è reale, perché mostra che in maniera crescente un settore della popolazione può essere potenzialmente attratto da suggestioni politiche razziste come l’antisemitismo, non escludendone altre come abbiamo visto, discriminatorie nei confronti di stranieri, migranti, islamici e persone di diverso colore della pelle.
Tuttavia, rispetto all’islamofobia, il problema dell’antisemitismo si differenzia perché nella quasi pressoché totalità dei casi esso non solo non riceve alcun incoraggiamento politico-istituzionale o sui media generalisti, come accade invece per la prima, ad esclusione di relativamente piccole e poco influenti frange dell’estrema destra fascista e nazista e dei loro strumenti di propaganda, ma viene attivamente combattuto da essi.

In parole povere la percezione pubblica ad ogni livello, da quello popolare a quello politico, istituzionale e dei mass media sembra essere significativamente molto più adeguata rispetto all’islamofobia.

Facendo ancora riferimento ai dati riportati dall’osservatori grande parte degli episodi citati sono insulti molto spesso veicolati dai social media come Istagram e Facebook, mentre gli episodi violenti per fortuna sono in numero ridotto. Inoltre, spesso tra le segnalazioni riportate alcune sono evidentemente viziate da un pregiudizio ideologico che riduce l’obbiettività del dato. Ad esempio, viene riportato tra i casi quello di un “Giornale studentesco di un istituto superiore milanese scritto da studenti ma sotto supervisione e responsabilità dei docenti, pubblica un articolo che, in modo semplicistico e denso di pregiudizi ideologici, ricostruisce e spiega le radici dell’attuale conflitto tra Hamas ed Israele. Il testo è una specie di scolastica dell’antisionismo che, manicheamente, pone Israele sul banco dei colpevoli ed i palestinesi su quello delle vittime. (corsivo mio)

L’analisi è attraversata da un approccio filo Hamas e fa trasparire l’idea che lo Stato ebraico sia illegittimo.”
Ora a prescindere dalla conoscenza esatta dei fatti e qui evidente l’intento dell’Osservatorio di equivocare tra antisionismo, ossia la legittima contrapposizione ad un’ideologia politico-religiosa fortemente sospetta di suprematismo e razzismo nei confronti della popolazione araba di Palestina, e l’antisemitismo, cioè il razzismo soprattutto europeo occidentale che giustificò la persecuzione fino allo sterminio degli ebrei. Questa sovrapposizione impropria viene invece data per scontata dai redattori dell’Osservatorio. Tuttavia, questo equivoco è tutt’altro che innocente ma piuttosto serve a stigmatizzare la solidarietà alla Palestina nell’opinione pubblica e ad alimentare politiche repressive nei confronti del grande movimento mondiale a sostegno della lotta del popolo palestinese.

Il contenuto di un’altra segnalazione di un presunto episodio di antisemitismo riguarda l’attacco politico alla grande manifestazione del 28 ottobre svolatasi Roma in sostegno della causa palestinese e contro il genocidio di Gaza. Le parole del breve articolo “Slogan e parole di odio al corteo pro-Palestina svoltosi ieri a Roma, con circa ventimila partecipanti giunti da tutta Italia. “Israele terrorista”, “Israele assassino”, “Israele criminale”, sono alcuni dei cori che si sono levati dal cuore della manifestazione.” tendono immancabilmente a confondere la contestazione radicale dello Stato di Israele e della sua politica di occupazione militare della Palestina con il pregiudizio antisemita ed antiebraico. Ciò che appare, però, più grave è che questo voluto e del tutto ideologico fraintendimento viene utilizzato come una clava per attaccare le manifestazioni pro-Palestina e chiederne la repressione.

Purtroppo, una conferma indiretta di questo atteggiamento deriva dal comportamento delle autorità che rappresentano la comunità ebraica italiana, le quali mentre sono giustamente solerti nel porre all’evidenza pubblica ogni minimo segnale di antisemitismo non hanno trovato tempo in questi due mesi di esprimere neanche una parola di compianto per le vittime civili di gaza, soprattutto donne e bambini.

Sul terreno della sovrapposizione abusiva tra antisemitismo e antisionismo le organizzazioni ebraiche sioniste si riuniscono con i governi delle principali potenze imperialiste europee, come Francia e Germania, a tutela dei loro interessi geopolitici. È l’alibi ideologico con cui attaccare e cercare di fiaccare il grande movimento al fianco della lotta palestinese ed il sostegno crescente che riceve dall’opinione pubblica. Un alibi spesso smascherato da vasti settori ebraici che partecipano attivamente al movimento contro il sionismo, come si è visto soprattutto negli USA.


LA POSIZIONE STORICA DEL TROTSKISMO CONSEGUENTE RIGUARDO AL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE

L’alibi della lotta antisemitismo deve essere respinto al mittente. Nel sostegno ad un’occupazione militare da parte di uno stato colonialista non si ritrova una goccia del contrasto di qualsiasi discriminazione contro popoli e settori oppressi della società. Tanto più nei confronti del popolo ebraico.

Da questo punto di vista l’identificazione del popolo ebraico, dei suoi intimi interessi con la “difesa” dello stato israeliano è totalmente abusiva, oggi, quando le forze armate israeliane stanno compiendo lo sterminio della popolazione di Gaza e stanno terrorizzando i cittadini della Cisgiordania, quanto ieri.

«I bundisti [membri del Bund, partito socialista ebraico cui appartenevano la maggioranza dei combattenti dell’insurrezione del ghetto, nda] non aspettavano il Messia, né pensavano di emigrare in Palestina. Pensavano che la Polonia fosse il loro paese e combattevano per una Polonia giusta e socialista, in cui ogni nazionalità avrebbe avuto la propria autonomia culturale, e in cui i diritti delle minoranze sarebbero stati garantiti». (Marek Edelman, comandante militare del ghetto di Varsavia. Socialista antisionista. Sostenitore dei diritti del popolo palestinese). Sono le parole dell’eroico comandante ebreo dell’insurrezione del ghetto di Varsavia contro l’occupazione nazista che nel 1943 cercò disperatamente di anticipare la liberazione della città e di risparmiare la vita a decine di migliaia di propri connazionali.

Edelman fu cinicamente avversato dal sionismo di destra che lo iscrisse tra i “nemici” di Israele per il suo appoggio ai partigiani palestinesi. La sua vita eroica fu dunque sempre un esempio inconfutabile di antisionismo antirazzista in lotta senza quartiere contro l’antisemitismo.

La tradizione politica da cui proviene il PCL incarnò e proseguì lungo lo stesso solco contro ogni forma di razzismo e perciò contro il sionismo. Già nel 1939 i trotskisti palestinesi (di origine sia araba che ebraica) dichiaravano «la loro intera solidarietà con il movimento nazionalista arabo.


Nel suo numero di novembre-dicembre 1947, Quatriéme Internationale, organo del Comitato Esecutivo Internazionale, riassumeva così le posizioni dell’Internazionale: “La posizione della Quarta Internazionale di fronte al problema palestinese resta chiara e netta come in passato. Essa sarà all’avanguardia della lotta contro la spartizione, per una Palestina unita e indipendente, nella quale le masse determineranno sovranamente la loro sorte attraverso l’elezione di un’Assemblea costituente»

Il Congresso mondiale della Quarta Internazionale riunitosi nell’aprile del 1948 riassumeva le posizioni complessive del nostro movimento in questi termini: «Negli Stati arabi del Medio e del Vicino Oriente e in Africa del Nord le sezioni e gruppi della Quarta Internazionale sono a favore dell’unificazione dei Paesi arabi in federazioni di repubbliche arabe libere. Queste sezioni lottano per l’eliminazione dell’imperialismo – britannico e francese – contro l’intervento imperialista degli USA, contro i proprietari terrieri complici degli imperialisti, contro il loro strumento: la Lega araba; per delle Assemblee costituenti e per la più larga democrazia» … «In ciò che concerne particolarmente la Palestina, la Quarta Internazionale respinge come utopica e reazionaria la soluzione “sionista” alla questione ebraica; dichiara che il ripudio totale del sionismo è la condizione sine qua non per una fusione delle lotte degli operai ebrei con le lotte emancipatrici, sociali e nazionali dei lavoratori arabi». Il contrasto dell’antisemitismo, così come di ogni forma di razzismo e pertanto del sionismo è una naturale conseguenza dell’antimperialismo della Quarta internazionale di Trotsky.

Anche su questo terreno i marxisti rivoluzionari condussero sempre una battaglia senza quartiere nei confronti delle ideologie borghesi, conservatrici e liberali, e quelle maggioritarie, al tempo, nel movimento operaio: la socialdemocrazia e lo stalinismo entrambi favorevoli alla nascita dello stato di Israele, uno stato borghese, eretto sul sangue del popolo palestinese e protetto dall’imperialismo USA.


PER UNA PALESTINA LIBERA, DEMOCRATICA LAICA E SOCIALISTA

Il PCL, rivendica pienamente questa grande tradizione politica. Per questo sviluppa una polemica anche nei confronti di partiti nazionali e internazionali della sinistra comunista di varia ascendenza comprese alcune organizzazioni trotskiste che rifiutano sostanzialmente l’appoggio incondizionato alla resistenza palestinese.

Il PCL combatte nella sinistra tutte le posizioni che in nome del pacifismo o del carattere democratico di Israele in definitiva mettono sullo stesso piano oppressi ed oppressori con vari stratagemmi: da quello di un’agognata pace nonostante l’oppressione violenta che subisce il popolo palestinese a quella della demonizzazione di Hamas e della resistenza palestinese in nome del presunto diritto di Israele a difendersi, o tutt’al più collocandosi in una ambigua posizione di disfattismo bilaterale, in sostanza una diserzione.

Il PCL non riconosce affatto questo diritto giudicandolo solamente l’abuso di un regime coloniale sorretto dagli USA e dagli imperialismi europei, e, in una diversa misura, persino dagli imperialismi loro rivali quali quello russo e cinese. Al contrario auspica e persegue la distruzione rivoluzionario dello stato sionista.

I marxisti rivoluzionari non riconoscono gli accordi di Oslo e ritengono del tutto irrealistica la proposta dei due stati per due popoli, oggi ridotta ad una foglia di fico per i governi delle potenze imperialiste e i partiti filo-imperialisti che appoggiano Israele e così favoriscono il massacro della popolazione palestinese. Per questo denunciano con forza tutte le forze della sinistra che vi fanno riferimento.

Si pongono incondizionatamente al fianco della resistenza armata palestinese contro l’occupazione israeliana, con il fine della liberazione della Palestina e di tutto il suo territorio storico, ossia quello precedente al piano di spartizione del novembre del 1947 voluto dalle Nazioni Unite.

Questo appoggio incondizionato al movimento partigiano palestinese non significa alcun sostegno alla sua direzione politica, detenuta soprattutto dall’alla militare di Hamas che considerano un’organizzazione fondamentalista islamica di natura reazionaria.

Combattono il fine politico della costituzione di una repubblica islamica perseguito dalle organizzazioni islamiste a capo della resistenza palestinese, perché lo considerano un obbiettivo reazionario, oppressivo nei confronti delle minoranze e delle donne e destinato solamente a svendere la libertà del popolo palestinese agli interessi dei regimi arabo-islamici e di altre potenze imperialiste come Russia e Cina.

Contrappongono a questo proposito il fine della costruzione di una Palestina, libera laica e socialista, l’unica che possa garantire la piena emancipazione del popolo palestinese e la tutela dei diritti di tutte le minoranze a cominciare da quella ebraica. Allo stesso tempo sono ben consapevoli che lo sviluppo socialista della Palestina è impossibile se non nel quadro della più grande rivoluzione araba e socialista del Medioriente che si ponga il fine di distruggere tutti i regimi islamisti reazionari, e di sconfiggere tutte le potenze imperialiste che opprimono il popolo arabo con la costruzione di una Federazione socialista di tutto il Medioriente.

Il PCL, pertanto, è impegnato giornalmente nella promozione e nella partecipazione ad ogni forma di iniziativa in solidarietà con la lotta del popolo palestinese e con l’enorme movimento che si è sviluppato in tutto il mondo a suo sostegno

Federico Bacchiocchi