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Perché la stampa padronale di mezzo mondo solleva il tema delle diseguaglianze sociali?

 


Il sonno inquieto della borghesia

17 Novembre 2020

Il Guardian britannico pochi giorni or sono ha fatto i conti in tasca al grande capitale internazionale, sollevando il tema dell'allargamento enorme delle disuguaglianze sociali. L'analisi ha individuato i capitalisti che nel mondo hanno in tasca più di un miliardo di dollari (850 milioni di euro): 2189 "super-ricchi", il numero più alto di sempre, che nell'anno del lockdown hanno accresciuto il proprio patrimonio complessivo del 27%, passando da 8000 miliardi a 10200 miliardi. Paradigmatica la ricchezza di Bezos, fondatore di Amazon, che in poche settimane è passato da un patrimonio di 115 miliardi a quello di 189 miliardi.

Questi dati sulla ricchezza dei grandi capitalisti americani sono ricorrenti da tempo sulla stampa borghese europea. Trasudano anche il dispetto dei governi imperialisti del vecchio continente per la sfrontata evasione fiscale dei monopoli delle piattaforme on line, peraltro protetti in misura determinante dalla potenza statale degli USA, alla faccia dei teorici di un capitale talmente globalizzato da fare a meno degli Stati nazionali. Di certo quei dati riflettono la gigantesca concentrazione capitalista al livello più elevato e scandaloso. Tanto più sullo sfondo della pandemia mondiale e delle sue ricadute sociali sulla maggioranza dell'umanità.


LA POLARIZZAZIONE DELLA RICCHEZZA

Tuttavia l'attenzione verso questa ristrettissima “élite mondialista”, possibilmente estera – che tanto appassiona i sovranisti – rischia di occultare lo scandalo della classe capitalista di casa propria, quella tutelata dal “nostro” Stato borghese.
Prendiamo FCA. Tutti conosciamo la copertura di risorse pubbliche di cui ha goduto in fatto di crediti bancari, per quasi 7 miliardi. Tutti sappiamo che la sola fusione con la francese PSA arricchirà gli azionisti di altri 3,3 miliardi. Tutti sappiamo che al pari di tutti i capitalisti, FCA ha avuto in dono il taglio dell'IRAP, con soldi presi dalla sanità, e il taglio dell'IRES (tassa sui profitti) dal 34,5% al 20% circa nel corso degli ultimi tredici anni. Ma alle cedole parassitarie degli azionisti si aggiungono gli stipendi sontuosi dei manager dell'azienda, che peraltro normalmente sono anche azionisti della stessa. Il caso di John Elkann è emblematico. Dopo aver incassato in quanto azionista tutto ciò che poteva incassare, John Elkann ha fatto il pieno anche in quanto manager. Per la precisione, nel 2019 ha intascato come stipendio 37,7 milioni di euro. Cioè 1250 volte quanto guadagna il salariato medio della FCA. Il quale per guadagnare quanto Elkann dovrebbe lavorare 1250 anni.

Qualcuno dirà che si tratta di un caso estremo. No, è un dato esemplificativo della divaricazione generale della ricchezza.
Prendiamo un altro angolo di misurazione: il livello di risparmio delle classi sociali. Carlo Bonomi, nel minuetto con Landini, ha affermato che è meglio evitare (persino) la detassazione degli aumenti salariali, perché significherebbe incentivare non i consumi ma i risparmi. L'argomento non solo è insultante, perché suppone che un salariato a 1200 euro mensili possa oggi risparmiare qualcosa; ma è scandaloso perché occulta una realtà esattamente opposta: l'enorme crescita dei depositi bancari delle imprese italiane, quelle che Bonomi rappresenta. Il Sole 24 Ore (16 novembre) mette nero su bianco le cifre: nell'anno della nuova grande recessione, le imprese italiane hanno accresciuto del 21% le proprie somme in banca, per 365 miliardi di euro. La borghesia che non rinnova i contratti piangendo miseria è quella che fa lo sciopero degli investimenti mettendo in banca ciò che succhia dal lavoro salariato. Mentre dieci milioni di lavoratori e lavoratrici italiani/e su diciotto, secondo i dati della Fondazione Di Vittorio, guadagnano meno di 1200 euro, e in media tra 700 e 800.


LIBERARE IL MONDO DA UNA CLASSE DI PARASSITI

Questa voragine sociale che sta ulteriormente precipitando inquieta alcuni ambienti della borghesia. Nel 2006 il finanziere americano Warren Buffett poteva dire trionfante: “la lotta di classe la stiamo facendo noi ricchi contro i poveri e la stiamo vincendo”. Era la vigilia della grande crisi del capitalismo mondiale. Oggi la stessa stampa borghese che documenta l'abisso delle disuguaglianze si interroga sui possibili contraccolpi sociali. Il capo del gigante bancario svizzero UBS si chiede «Esiste il rischio che i ricchi finiscano sotto accusa? Sì. Ne sono consapevoli? Sì».
Il nuovo quotidiano di De Benedetti, dal nome augurante (Domani), chiede alla politica di trovare il modo di «disinnescare questa bomba sociale» per tempo.

Paradossalmente, lo stesso padronato che si arricchisce sulla miseria degli operai ha una coscienza della loro forza che è maggiore di quella che oggi hanno gli operai stessi. Dare una coscienza di classe al proletariato è il compito più che mai di tutte le avanguardie. L'unico modo per sgombrare la via della rivoluzione e liberare il mondo dalla classe di parassiti che lo governa.

Partito Comunista dei Lavoratori