28 Novembre 2020
Una dichiarazione congiunta su «economia, commercio, turismo, diritti sociali del lavoro». L'incontro bilaterale a Maiorca tra Sanchez e Conte ha rilevato il comune indirizzo.
«Abbiamo consolidato l'alleanza tra i nostri Paesi, ribadendo la sintonia sui principali temi europei e internazionali. Insieme siamo una forza», ha affermato il Presidente del Consiglio italiano. Pablo Iglesias, capo di Podemos e vicepresidente del governo Sanchez, ha aggiunto che «la coalizione di governo a Roma può fare da esempio per la Spagna».
Come la metteranno ora gli entusiasti sostenitori del governo spagnolo che albergano nella sinistra cosiddetta radicale? Poche settimane fa i principali dirigenti di questa sinistra si sono sperticati nel lodare la legge di bilancio del governo spagnolo nel nome della patrimoniale. “In Spagna pagano i ricchi” è stato il comune grido di esultanza. La stampa reazionaria ha giocato naturalmente di sponda, denunciando l'improbabile «tassa socialcomunista» di Sanchez/Iglesias.
Sembrava l'eco della vicenda dei governi Prodi, quando Rifondazione Comunista diceva che “finalmente piangono i ricchi” e Berlusconi presentava Prodi come ostaggio dei "comunisti". Ma come allora, si tratta di fumo propagandistico che serve a mascherare una realtà opposta.
La patrimoniale di Sanchez e Iglesias è una finzione. Non solo interessa la soglia superiore ai 10 milioni di patrimonio, cioè lo 0,17% dei contribuenti spagnoli, ma viene applicata a discrezione delle regioni, che possono scegliere di ignorarla. Persino il liberale El Pais l'ha definita timida, con un imbarazzato eufemismo. Non a caso l'importo preventivo a bilancio di questa micropatrimoniale ammonta a 346 milioni. Se a ciò si aggiunge un modestissimo aumento della tassazione delle plusvalenze, si arriva a 1,5 miliardi, su un volume complessivo di entrate di 270 miliardi. Lo 0,7%, una entità irrisoria. Altro che “distribuzione della ricchezza”! In compenso i trasferimenti pubblici alle imprese, le garanzie pubbliche sui crediti bancari, il sostegno alle esportazioni, in poche parole l'assistenza pubblica ai capitalisti, hanno un profilo del tutto... “italiano”. Il famoso pianto degli spagnoli ricchi assomiglia terribilmente a una risata.
In realtà tutta la politica ministeriale di Podemos sembra la fotocopia di quella di Bertinotti e Ferrero. La subalternità sostanziale agli interessi del capitale mascherata da frasi vuote e recite “sociali”. Insomma, la merce la decidono la borghesia e i suoi partiti, mentre i ministri di sinistra curano la confezione. Le differenze, al di là del contesto, sono solo due. Podemos ha ben quattro ministri (tra cui il vicepresidente del Consiglio), non uno. In compenso le misure votate a suo tempo dal PRC in Italia (lavoro interinale, record delle privatizzazioni in Europa, detassazione massiccia dei profitti, campi di detenzione per i migranti...) in Spagna sono già state realizzate dai governi della destra e del PSOE. Podemos dopo tutto si limita a conservarle.