16 Novembre 2020
Carlo Bonomi offre alla burocrazia della CGIL un riconoscimento pubblico chiedendo in cambio il disarmo preventivo di ogni vera resistenza sociale. Per colpire frontalmente gli operai ha bisogno di incassare la garanzia che i burocrati disinneschino ogni miccia
«Confrontiamoci, sediamoci al tavolo e troviamo le soluzioni per il paese. All'assemblea di settembre ho lanciato il Patto per l'Italia, è il momento della responsabilità, l'abbiamo noi, Confindustria, e la CGIL, che è la parte più importante del fronte sindacale: dalle decisioni di oggi dipenderanno le traiettorie del futuro.» (Carlo Bonomi)
«Questo cambiamento o si fa insieme o non si fa, bisogna fare sistema, ricostruire la fiducia, è il momento di investire sul lavoro.» (Maurizio Landini)
In questo scambio, avvenuto alla convention nazionale della CGIL ("Futura 2020"), non ci sono convenevoli di circostanza ma il marchio di intesa tra padroni e burocrazia sindacale, al di là di ogni contraddizione o intoppo.
CONFINDUSTRIA CHIEDE LA COMPLICITÀ DI LANDINI...
Il Presidente di Confindustria ha snocciolato il consueto rosario, appena misurato nei toni, dato il ruolo di ospite. Ha lamentato la rigidità del sistema contrattuale in Italia, che penalizzerebbe la competitività delle imprese tricolori. Ha indicato a modello il sistema tedesco, con l'ampia differenziazione salariale tra Est e Ovest lì consentita dalla contrattazione aziendale. Ha rivendicato il recupero della produttività di fabbrica quale condizione di possibili aumenti salariali, secondo il dettato del Patto per la fabbrica. Ha persino respinto la scappatoia offerta dalla CGIL della defiscalizzazione degli aumenti salariali, contrapponendole lo sgravio fiscale del welfare aziendale, non senza lodare al riguardo, perfidamente, l'ultimo contratto a perdere dei metalmeccanici firmato proprio da Landini. Insomma Bonomi ha tenuto il punto su tutta la linea. L'unico vera novità sta nell'offerta diretta e pubblica alla CGIL di una cogestione della crisi. Non è una novità irrilevante.
Il nuovo stato maggiore di Confindustria ha due problemi tra loro intrecciati.
Il primo è la tenuta del fronte padronale sulla linea del muro contro muro. La vicenda del contratto degli alimentaristi respinto da Bonomi ma firmato uno dopo l'altro da tutti i grandi capitalisti del settore, da Barilla a Ferrero, ha rappresentato un sintomo inquietante. Vero che l'industria alimentare ha margini più ampi di concessione perché è meno penalizzata dalla crisi, ma il precedente è pericoloso, e bisogna tenerne conto.
Il secondo riguarda la tenuta della pace sociale. Il movimento operaio è in riflusso, il padronato lo sa. Ma sa anche che la corda è tesa. E sa soprattutto che il programma dettato dalla crisi capitalista (nuova flessibilità, compressione salariale, aumento dello sfruttamento, licenziamenti massicci...) metterà a dura prova la resistenza della corda. Fuor di metafora, la paura di un conflitto sociale ingovernabile in occasione dello sblocco dei licenziamenti continua a tormentare i padroni. Non è un caso che dieci giorni or sono Bonomi abbia convenuto sul rinvio dello sblocco a fine marzo, in cambio dello sgravio totale della nuova cassa Covid. Quell'atto inatteso significa che Confindustria prende tempo, al di là delle smargiassate del suo Presidente. Prima di procedere al milione di licenziamenti annunciato vuole assicurarsi che il terreno sotto i piedi non frani. Ecco spiegata la offerta di Confindustria alla CGIL.
Bonomi offre alla burocrazia CGIL un riconoscimento pubblico chiedendo in cambio il disarmo preventivo di ogni vera resistenza sociale. Per colpire frontalmente gli operai ha bisogno di incassare la garanzia che i burocrati disinneschino ogni miccia.
...LANDINI LA OFFRE NEGOZIANDO IL PREZZO
A questa profferta indecente, avanzata dal più antioperaio dei padroni, Maurizio Landini ha risposto “Presente!”.
Naturalmente lo ha detto in un linguaggio accorto, il più possibile consono al proprio pubblico. Ha ricordato il necessario rinnovo dei metalmeccanici, ha lamentato i bassi salari italiani, ha rivendicato la funzione del contratto nazionale... il solito vocabolario scontato, la solita fuffa. La vera sostanza del suo discorso è un altra: «bisogna fare sistema, il cambiamento lo si fa insieme o non lo si fa». Tradotto significa “ci stiamo”. Questo è il messaggio vero di Landini, il resto è contorno o coreografia.
Dire “bisogna fare sistema, il cambiamento lo faremo insieme” significa dire ai padroni che la CGIL non solo non ha alcuna intenzione di opporsi, ma sarà un marinaio leale nell'attraversamento del mare in tempesta. Perché siamo tutti sulla stessa barca.
Bisognerà solamente trattare sul prezzo, con l'aiuto del governo. Magari rioffrendo la defiscalizzazione ai padroni come foglia di fico sui contratti. Che significa caricare sul portafoglio dei lavoratori, attraverso la fiscalità generale, i pochi spiccioli che (eventualmente) i padroni sono disposti a concedere. Una truffa.
Del resto non è stata forse una truffa il protocollo d'intesa sulla sicurezza a marzo? Non a caso è proprio quel protocollo che Landini ha additato a modello: dobbiamo «fare le cose insieme come a marzo sui protocolli di sicurezza, arrivati dopo trattative complesse e nonostante i litigi». Furono i protocolli di cartapesta senza vincoli esigibili, senza sanzioni per chi li viola, che avevano l'unico scopo di spezzare l'ondata di scioperi che era montata nelle fabbriche. Nel ricordare quegli accordi a Bonomi, Landini ha vantato il vero ruolo insostituibile della burocrazia: rimuovere il conflitto. È la ragione per cui la burocrazia serve ai padroni. Anche a Bonomi, il peggio nemico dei lavoratori.
COSTRUIRE NELLE LOTTE UN'ALTERNATIVA ALLA BUROCRAZIA
La convention della CGIL ha mostrato una volta di più – se ve ne era bisogno – che non si tratta di premere sulla burocrazia sindacale per spostarla a sinistra, con qualche garbato dissenso negli apparati. Si tratta di denunciare apertamente il suo ruolo tra i lavoratori e le lavoratrici, si tratta di contrapporsi frontalmente alla sua politica tra le masse e nel sindacato, di indicare e costruire un'alternativa di direzione delle lotte, unendo innanzitutto l'azione d'avanguardia.
È la linea che il nostro partito e i suoi militanti sindacali sviluppano e svilupperanno in ogni sede, nelle assemblee operaie come in Whirlpool, nell'opposizione interna alla CGIL, in ogni sindacato classista.