Articolo originariamente pubblicato da ArbeiterInnenmacht.
Mercoledì, ore 21:25: Scholz si presenta nella Cancelleria davanti alle telecamere. Con il suo consueto tono asciutto, spiega la notizia che pochi minuti prima era apparsa sui media: in qualità di cancelliere ha sollevato dall'incarico il ministro delle finanze Christian Lindner. Questo passo – dice – è necessario per evitare danni alla Germania e per non lasciarla sprofondare nel caos. La riluttanza di Lindner al compromesso non serve al Paese, ma a salvare il proprio partito. Parole pesanti, che arrivano inaspettatamente dalla SPD. Significano infatti la fine del governo semaforo [SPD-verdi-liberali]. Ma cosa è successo, e quali avvenimenti si nascondono dietro la crisi di governo?
COSA È SUCCESSO?
Si possono ricordare malignamente le parole di Lindner: «È meglio non governare che governare male». Perché da mesi c'era la crisi, e ci sono state molte sportellate da parte dell'opposizione, come ad esempio da parte di Markus Söder [leader dei cristiano-sociali bavaresi della CSU]. Anche Merz [leader della CDU] ha fatto del suo meglio per spingere avanti il governo. La cronologia delle controversie è lunga: legge sul riscaldamento, fondi di investimento, assistenza infantile di base, sussidi sociali e infine la questione del bilancio. I partiti di governo si sono ripetutamente bloccati a vicenda e hanno cercato di far valere le loro posizioni attraverso dichiarazioni pubbliche. Da settembre le crepe sono diventate ancora più evidenti. Lindner, bypassando i suoi colleghi, ha pubblicato un documento di 18 pagine per una politica economica completamente diversa da quella prevista nell'accordo di coalizione.
Eppure la fine è arrivata piuttosto all’improvviso. Mentre Habeck [vicecancelliere, Verdi] e Scholz hanno cercato di fingere unità dopo l'elezione di Trump e hanno dichiarato che ora la Germania deve dimostrare la sua capacità di agire, la sera stessa di quel giorno non è rimasto molto di quelle dichiarazioni. Se si crede alle parole di Lindner, anche lui è sembrato del tutto sorpreso dal fatto che dopo mesi di insistenze da parte dei liberali e di umiliazione pubblica da parte degli ex "partner", il governo di coalizione non sia finito con l'annuncio congiunto e "composto" di nuove elezioni, ma con il suo licenziamento da ministro. Che questo sia una messinscena o meno, non ha importanza. È chiaro che questo esito ha qualcosa di positivo, almeno per SPD e FDP: ora hanno la possibilità di incolparsi a vicenda per la fine del governo. Per una volta Scholz ha ricevuto una standing ovation nel gruppo parlamentare SPD per la rottura con la FDP. A sua volta, la FPD ha dato manforte al suo leader, almeno esternamente. I Verdi invece sembrano i meno preparati, perché sono loro stessi alla ricerca di nuovi leader. Per loro la prevedibile e prematura rottura della coalizione arriva in un momento inopportuno, e si è visto.
IL NOCCIOLO DELLO SCONTRO
Non sorprende quindi che Scholz abbia utilizzato il suo discorso come lancio della campagna elettorale per la SPD. Ha delineato il suo piano salva-paese in quattro punti: 1) limitare gli oneri di rete per le “nostre” aziende; 2) garantire posti di lavoro nell'industria automobilistica e nell'indotto; 3) bonus per investimenti e opzioni di defiscalizzazione per le aziende; 4) sostenere l’Ucraina indipendentemente dagli Stati Uniti.
Se si confrontano gli interventi di ieri sera di SPD, Verdi e FDP, si capisce subito dove risiedono le differenze: qual è la loro posizione sul freno all’indebitamento? Deve essere messo da parte per poter garantire i mezzi per un maggiore sviluppo economico, ulteriori forniture e spese per armamenti e allo stesso tempo per finanziare ammortizzatori sociali e massiccie ristrutturazioni aziendali.
La fine prematura della coalizione semaforo evidenzia la crisi nel panorama dei partiti borghesi in considerazione della difficile situazione economica in Germania. La questione centrale è chi dovrebbe pagare i costi (e perché il debito dovrebbe essere contratto). Per quanto riguarda il percorso di riarmo e di militarizzazione, la FDP in realtà non ha alcuna differenza con la SPD, anzi è ancora più guerrafondaia, ma sostiene che il riarmo non dovrebbe essere pagato con nuovo debito, bensì attraverso rigorosi tagli sociali che riguardano redditi, fondi per i rifugiati, età pensionabile e rapporti di lavoro “troppo regolamentati”.
La FDP ha le idee chiare a riguardo, che Lindner presenta anche nel suo documento “trapelato”. Attacchi programmati al diritto di sciopero, attuazione gelida del freno all’indebitamento, ulteriori tagli nel settore sociale. La classe operaia e gli oppressi dovrebbero pagare – e con la massima intensità, non in modo misurato, come hanno in mente la SPD e i Verdi. In nessun caso dovrebbero esserci aumenti delle tasse per le aziende. La SPD e i Verdi, invece, sostengono un percorso in classico stile keynesiano: meglio contrarre più debito e, come ha detto Scholz, non contrapporre la “sicurezza interna ed esterna”. Perseguire quindi gli interessi dell’imperialismo tedesco usando la gommapiuma.
Dato che la FDP è scesa a meno del 5% durante il periodo di permanenza al governo, e ha avuto uno spettacolare tracollo in tutte le elezioni statali (länder), questo dibattito è per loro anche una questione di sopravvivenza. Il partito non solo ha subito negli ultimi mesi uno spostamento a destra, in cui anche la leadership di Lindner è stata messa in discussione, ad esempio attraverso iniziative come “Weckruf Freiheit” [Sveglia Libertà], ma non si arrenderà a nessuna concessione sul tema del freno all'indebitamento, arrivando fino alla possibilità di sciogliere la coalizione, se necessario. In ciò i liberali mostrano un attaccamento nei confronti del proprio elettorato, cosa che alla SPD e alla Linke manca da anni.
Allo stesso modo, ci sono sempre state differenze nell’orientamento tra socialdemocratici e liberali. Il fatto che ciò porti questa volta a una crisi di governo ha cause più profonde della perdita di voti del FDP.
LA CRISI DELLA REDISTRIBUZIONE COME OSTACOLO AGLI INVESTIMENTI
Quando si formò la coalizione “progressista”, non c’era nessuna guerra in Ucraina o a Gaza. Vista in questo senso, la coalizione al governo è vittima anche della svolta annunciata allora dallo stesso Scholz. Perché nel mezzo della guerra, dell’inflazione e della recessione, non è facile essere condiscendenti. Perlomeno non se ci si limita alla realpolitik parlamentare e se si tengono ben presenti gli interessi della classe dirigente, che vengono glorificati come “la nostra economia”.
La crisi della redistribuzione ha come sfondo lo sviluppo economico successivo alla crollo finanziario del 2007/2008. Anche se questa crisi potesse essere rallentata attraverso misure anticicliche e l’espansione del credito e del debito, ciò avverrebbe solo al prezzo di perpetuarne le cause: calo dei tassi di profitto e sovraccumulazione di capitale. Con la recessione globale simultanea dovuta alla pandemia del coronavirus e alla guerra in Ucraina, la situazione per l’imperialismo tedesco, che fino ad allora era riuscito a resistere abbastanza bene, è peggiorata. L’aumento dei prezzi dell’energia ha causato enormi problemi a una nazione esportatrice. A ciò si aggiunge la pressione della competizione e la necessità di innovare in uno dei settori chiave dell’industria tedesca, l’industria automobilistica. Abbiamo esaminato più in dettaglio la situazione attuale nell'articolo “Düstere Wolken“ (1).
Il risultato, tuttavia, è che l’attuale recessione, combinata con lo sviluppo economico degli ultimi anni, ha ridotto enormemente il margine di manovra del Sozialpartnerschaft [modello di "collaborazione sociale" formale fra governo, sindacati e imprese] così com'è finora esistito in Germania, mettendo così in discussione anche i rapporti politici ed economici tra le classi.
DIVISIONI DELLA BORGHESIA TEDESCA
Un altro effetto di questo scenario è lo spostamento internazionale verso destra. Nel corso della crisi è aumentata la concorrenza tra le diverse frazioni del capitale, e la situazione della piccola borghesia e delle classi medie salariate è diventata più insicura e instabile, cosa che si è espressa, ad esempio, in Germania con la fondazione dell’AfD. Allo stesso tempo, durante l’era Merkel, l’imperialismo tedesco ha cercato di manovrare nella politica internazionale tra gli Stati Uniti da un lato e Russia e Cina dall’altro, cosa che a sua volta rifletteva le differenze all’interno della classe dominante sulla direzione strategica della Gemania e dell'UE. Con l’aumento degli scontri interimperialisti e la formazione di blocchi di potenze, ciò è diventato più difficile. La guerra in Ucraina rappresenta qui un punto di svolta, perché un’alleanza strategica con la Russia, come avevano cercato di fare Kohl e Schröder, ma anche in parte i governi Merkel, è ormai molto lontana. Ma le cose non sono rimaste ferme a questo punto, perché la vittoria di Trump alle elezioni americane ha messo naturalmente in discussione anche l'orientamento transatlantico della Repubblica Federale Tedesca e dell'UE. Il problema è chiaramente evidente nella politica ucraina. Da un lato, il sostegno all’Ucraina è garantito come un mantra, e la CDU/CSU ne chiede l’aumento. Dall'altra parte, la Germania stessa non può ovviamente sostituire gli Stati Uniti, e una guerra permanente in Europa rappresenta in realtà più un peso che un vantaggio strategico (come pensano apertamente AfD e BSW [il partito di Sahra Wagenknecht] e, velatamente, settori della SPD e della CDU).
Anche se gli attuali partiti della coalizione e la CDU evitassero di ridefinire una politica nazionale prima di nuove elezioni, è difficile immaginare che l’UE possa attuare una politica alternativa alla pacificazione con Putin sotto la guida di Trump. Le dichiarazioni di sostegno all’Ucraina hanno quindi un carattere contraddittorio. I partiti cercano di farsi un nome come potenza protettrice “umanitaria” e allo stesso tempo, negli ultimi anni, hanno annunciato di prendersi in carico l'economia del paese e la ricostruzione dell'Ucraina occidentale con capitale tedesco e statunitense. In ogni caso, vogliono anche il riarmo ucraino in prima linea con la Russia (che poi attraverserebbe effettivamente il loro attuale territorio). D’altro canto, non è possibile permettersi una guerra permanente dal punto di vista economico, politico e militare senza il sostegno degli Stati Uniti.
Indipendentemente dalla situazione in Ucraina, ciò porterà a una imponente accelerazione del riarmamo europeo (compreso un possibile dibattito sull’“indipendenza nucleare della Repubblica Federale Tedesca”), a un nuovo tentativo di rendere l’industria degli armamenti dell’UE più competitiva e quindi, a lungo termine, un rafforzamento dell’Europa, cioè il dominio tedesco nell’UE. Tuttavia, il problema della borghesia tedesca è che non ha una reale idea strategica comune su come questa politica possa essere attuata. Questa divisione, alla fine, ha permeato anche il governo SPD-verdi-liberali, anch'esso caduto a causa di queste contraddizioni.
QUAL È IL PROSSIMO PASSO?
Il capogruppo parlamentare del Partito Liberale Christian Dürr ha annunciato mercoledì sera che tutti i ministri del suo partito avrebbero presentato le loro dimissioni al Presidente della Repubblica. Così accade. Tranne il ministro dei Trasporti Wissing (ora indipendente), si dimettono tutti. Per alcuni, come il ministro dell’Istruzione Stark-Watzinger, questo potrebbe anche essere utile ad evitare ulteriori scandali. Scholz vuole fissare il voto di fiducia la prima settimana della sessione del Bundestag del nuovo anno, cioè il 15 gennaio 2025. Ciò dovrebbe poi consentire nuove elezioni alla fine di marzo. La SPD vuole presentare i progetti di legge più importanti entro Natale. Da parte loro, si vorrebbe un governo di minoranza rosso-verde (SPD-Verdi), anche per poter utilizzare il Bundestag come arena della campagna elettorale.
Se ciò sia fattibile o meno dipende molto dalla benevolenza della CDU. Merz preferirebbe nuove elezioni subito, poiché è una delle forze che ne trarrebbero maggior beneficio, e non vedrebbe l’ora di corteggiare Trump da futuro membro del governo (preferibilmente come Cancelliere), e facendo questo, proteggere in qualche modo anche gli interessi tedeschi, ad esempio attreverso la sua proposta di pace in Ucraina. Resta da vedere se il piano Scholz funzionerà.
CHANCES DI VITTORIA PER GLI ALTRI
In passato Merz è stato molto capace di promuovere se stesso e a condizionare il governo. Secondo il quotidiano Bild, già da due settimane la CDU/CSU si sta preparando alle elezioni anticipate. E le principali associazioni imprenditoriali, come l'associazione del commercio estero (BGA) e l'associazione dell'industria chimica, si sono subito dette d'accordo con l'appello di Merz per nuove elezioni in tempi brevi.
Naturalmente, anche Sahra Wagenknecht sarà in campo: dopo tutto, già ora in Brandeburgo e in Sassonia per loro si pone la questione del governo, e i negoziati per una coalizione possono essere condotti molto meglio se la forza è rappresentata più fortemente nel Bundestag. E prima i negoziati avranno luogo, prima Sahra Wagenknecht potrà smettere di pensare al tipo di coerenza che le sarà necessaria per racimolare più voti possibili.
Alternative für Deutschland trarrà il massimo di beneficio dalle elezioni. Non solo perché continuerà a insistere sull'idea che vede le coalizioni semaforo come una porcheria, ma anche sulla questione della pace. Perché mentre la SPD e i Verdi, ma anche la CDU/CSU e la FDP continueranno a suonare il corno di guerra, AfD e BSW agiranno come partiti pacifisti per quanto riguarda l'Ucraina, e allo stesso tempo continueranno ad assicurare a Israele la sua solidarietà.
La Linke avrà vita più dura. Non solo la visita di Jan van Aken [nuovo co-leader della Linke] in Ucraina ha creato più interrogativi che chiarezza su come si intende effettivamente raggiungere la pace. Ma è soprattutto il partito il cui stato organizzativo è attualmente nelle condizioni peggiori. La Linke si sarebbe potuta rialzarse se le elezioni federali si fossero tenute a settembre, ma le elezioni anticipate rendono più probabile una sua fine prematura.
CHE FARE?
Le prossime elezioni e la formazione del governo decideranno il prossimo corso della Germania. Una cosa è chiara: ci saranno attacchi sociali, con o senza una politica di ammortizzazione da parte della SPD e dei Verdi. Per questo motivo è necessario non aspettare passivamente che si svolgano le elezioni e si consolidi un nuovo governo. Ora dobbiamo piuttosto dire chiaramente: non pagheremo le vostre guerre e le vostre crisi! Stop alla collaborazione sociale, ai licenziamenti di massa e al freno all’indebitamento!
Le autorità statali e locali stanno già operando tagli imponenti, soprattutto nelle spese sociali. La riforma sanitaria porterà anche tagli ai posti di lavoro e licenziamenti, che avverranno non solo nel settore automobilistico. Per respingere con successo questi attacchi è necessaria una rottura con la politica di collaborazione di classe, specialmente quella dei sindacati, e una conferenza d’azione contro la crisi, nella quale la sinistra tedesca discuta su quali rivendicazioni utilizzare per indicare una via d’uscita dall’attuale miseria: attraverso vertenze di contrattazione collettiva e azioni indipendenti. Abbiamo bisogno di una discussione su quale tipo di partito, quale programma, quale politica sono necessari per combattere la crisi. Il crollo della coalizione semaforo, il declino dell'SPD e della Linke rendono chiaro che non dobbiamo semplicemente costruire una resistenza di massa organizzata, ma allo stesso tempo, dobbiamo lottare per un'alternativa rivoluzionaria al riformismo, per la costruzione di un partito rivoluzionario dei lavoratori.
(1) https://arbeiterinnenmacht.de/2024/10/29/brd-wirtschaft-duestere-wolken/