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Il nuovo governo e le prospettive dello scenario politico

Risoluzione sulla situazione politica votata dal Comitato Centrale del PCL

26 Giugno 2018

Il nuovo governo Conte-M5S-Lega è il portato del terremoto politico del 4 marzo. Riflette al tempo stesso la profondità della rottura politica prodottasi e le nuove contraddizioni di cui è gravida.


NUOVO GOVERNO E GRANDE CAPITALE 

La soluzione di governo della crisi politica non rappresenta la soluzione preferita dal grande capitale. Dopo il risultato del 4 marzo la grande borghesia aveva puntato sull'incontro tra M5S e il PD, in funzione di una “costituzionalizzazione” del M5S quale nuovo possibile baricentro politico, sotto la spinta e il controllo del Partito Democratico. L'operazione, difficile in termini di numeri parlamentari, è stata affossata dal renzismo, preoccupato di preservare il proprio controllo sul PD e in ogni caso la propria rendita politica di posizione. Il nuovo governo è nato dal fallimento di quella operazione. La sua composizione è interamente affidata a forze politiche estranee al tradizionale centro borghese. La mediazione politica e programmatica tra loro intercorsa ha proceduto per sommatoria delle rispettive promesse elettorali, senza il filtro politico diretto del grande capitale.
La guida del governo (Giuseppe Conte) è la risultante posticcia del loro equilibrio.

La Presidenza della Repubblica cerca di porsi come una sorta di contrappeso istituzionale delle forze populiste in rappresentanza del grande capitale, e sotto la pressione degli ambienti UE. Il lavoro di controbilanciamento agisce su piani diversi e complementari: limatura e contenimento delle spinte più populiste sul terreno del programma, in funzione della tenuta del quadro UE e della collocazione internazionale dell'imperialismo italiano; controllo su ministeri strategici, o condizionamento attivo delle relative nomine, a presidio di questa collocazione (Esteri, Economia); pressione sul nuovo premier per investirlo di un ruolo autonomo rispetto alla maggioranza politica di cui è espressione.
Ma la dinamica di questi mesi ha dimostrato che il margine di manovra di cui Mattarella dispone è obiettivamente limitato dal quadro politico e dall'assenza di alternative disponibili. Ciò che ha esposto la stessa Presidenza della Repubblica a dinamiche di crisi istituzionale.

L'Italia è l'unico paese imperialista della UE sotto il controllo di un esecutivo populista, sullo sfondo della crisi e decomposizione del centro politico borghese. Ciò rappresenta un fattore critico sia per il capitalismo italiano in un contesto negoziale difficile sul terreno europeo (negoziazione del bilancio comunitario e dell'unione bancaria, alla viglia dell'annunciata ritirata del Quantitative Easing da parte della BCE); sia per le ricadute del caso italiano sugli assetti malfermi dell'Unione (spinta del gruppo di Visegrad; irrigidimento olandese sulle politiche di bilancio; contraddizioni interne all'asse franco tedesco; diversificazione delle reazioni al trumpismo...).

In questo quadro generale è maturato il posizionamento critico e diffidente di Confindustria, CEI e grande stampa borghese verso il nuovo governo. La stessa apertura manifestata a suo tempo verso il M5S è al momento congelata.


IL PROFILO REAZIONARIO DEL NUOVO GOVERNO 

Il contratto di governo del nuovo esecutivo pentaleghista ha un timbro di destra sociale.

Per un verso configura elementi redistributivi (cosiddetto reddito di cittadinanza, revisione della legge Fornero, salario minimo orario) combinati con elementi statalisti (potenziamento della CDP, banca pubblica per gli investimenti, rafforzamento del Tesoro nelle partecipate...), con un liberismo radicale sul piano fiscale (cosiddetta flat tax) a favore del padronato e delle grandi ricchezze, con la preservazione delle leggi di precarizzazione del lavoro (reintroduzione dei voucher), seppur combinate con qualche loro temperamento (cancellazione annunciata del decreto Poletti).
Dall'altro prevede una politica iperreazionaria sul terreno dell'ordine pubblico, delle misure securitarie, della legislazione giudiziaria e carceraria, e soprattutto della immigrazione (segregazione e respingimento di 500.000 migranti; discriminazione etnica per gli stessi immigrati “regolari”, in fatto di reddito e asili).

Mentre la somma degli elementi reazionari Di M5S e Lega (giustizialismo e xenofobia) ha massimizzato il timbro politico reazionario del programma, la somma delle promesse sociali ai rispettivi blocchi elettorali (reddito di cittadinanza, revisione della legge Fornero, flat tax) cozza coi parametri tradizionali sul terreno delle politiche economiche.
Di certo la suddivisione degli incarichi ministeriali (Salvini agli Interni, Di Maio a Lavoro e Sviluppo economico unificati) è funzionale alla gestione propagandistica delle rispettive bandiere e al rapporto con i rispettivi blocchi sociali.

L'aspetto più evidente del programma economico è l'assenza delle coperture. Tutte le voci di copertura sono indeterminate o rimandano ad una trattativa in sede UE che si scontra con spazi negoziali obiettivamente ridotti e in ogni caso massimamente incerti. Questa contraddizione è il portato obbligato dell'accordo M5S-Lega, e ne misura al tempo stesso la difficoltà di gestione. La prossima Legge finanziaria sarà il primo serio banco di prova di questa difficoltà annunciata.

Il governo cercherà di mascherare la difficoltà di gestione delle proprie promesse sociali con due strumenti principali. Il primo è la diluizione nel tempo dell'applicazione del programma attraverso la sua proiezione sulla legislatura. Il secondo è il ricorso parallelo alle misure “esemplari” sul terreno dell'ordine pubblico (migranti) e demagogiche (vitalizi), utili ai riflettori e alla tenuta del consenso, come leva di compensazione delle difficoltà sociali.

Il ministero degli Interni nelle mani della Lega segnerà in ogni caso un nuovo livello della campagna reazionaria, in particolare contro i migranti. L'apertura delle organizzazioni fasciste (CasaPound) al nuovo governo si pone in una logica di inserimento e cavalcamento del nuovo contesto ai fini del proprio radicamento sociale e organizzazione militante.


LE PROSPETTIVE DEL NUOVO SCENARIO POLITICO 

Il nuovo governo e la sua dinamica incideranno sull'evoluzione dell'intero scenario politico. Tre sono le possibili ipotesi di prospettiva.

La prima è quella di una dinamica di crisi relativamente rapida della nuova esperienza di governo (esplosione delle contraddizioni sulla prossima Legge finanziaria, dissoluzione della coalizione entro l'anno). In questo caso si delineerebbero probabilmente elezioni politiche anticipate all'inizio del 2019, con la possibile ricomposizione dello schieramento di centrodestra.

La seconda è una dinamica di crisi egualmente rapida, ma gestita di comune accordo dalla maggioranza M5S-Lega in chiave populista, anti-UE e antiestablishment (“non vogliono che governiamo”, “ci vogliono imporre nuova austerità che noi rifiutiamo”, ecc.): in questo caso le elezioni politiche anticipate vedrebbero l'esordio di un blocco populista unificato alla ricerca di un proprio rilancio e di un nuovo accumulo di forze.

La terza ipotesi è quella di una relativa stabilizzazione dell'attuale quadro politico di governo (tenuta della coalizione, contenimento gestito delle sue contraddizioni, consolidamento del punto di equilibrio interno all'asse populista). È un'ipotesi di non facile realizzazione, ma che non può essere esclusa. Potrebbe capitalizzare la crisi profonda di consenso del vecchio establishment, l'assenza di alternative politiche praticabili, la capacità di attrazione anche in sede parlamentare di nuovi apporti trasformisti (in particolare da FI), l'arretramento profondo del movimento operaio. È un'ipotesi oggi considerata dal gruppo dirigente attuale di M5S, quale via praticabile per la stabilizzazione di un proprio ruolo di governo e l'inserimento profondo nell'apparato di Stato borghese; ed è apertamente considerata dal gruppo dirigente salviniano della Lega, che certo cerca di preservare una possibile via di fuga in direzione della ricomposizione del centrodestra, ma vuole prioritariamente verificare sul campo il possibile investimento di prospettiva nel blocco con il M5S. Lo sganciamento di Salvini da Berlusconi muove da questa ricerca. L'opposizione di FI muove dal tentativo di ostruirla. Mentre l'avvicinamento di Fratelli d'Italia all'area di governo (astensione sulla fiducia) misura la disarticolazione in atto nel centrodestra.

Certo l'eventuale stabilizzazione di un blocco populista M5S-Lega segnerebbe una ristrutturazione profonda del quadro politico, in direzione di un un nuovo bipolarismo tra blocco populista e partiti dell'establishment, oggi disarticolati e in crisi. E potrebbe influenzare profondamente le stesse dinamiche di classe sul fronte sociale.


UN GOVERNO FORTE DELLA CRISI DELL'OPPOSIZIONE 

Il nuovo governo nasce col vento in poppa di un vasto consenso sociale di massa, anche tra i lavoratori salariati.

Le odiose politiche di austerità del passato alimentano attese e illusioni sulle misure sociali annunciate, mentre il posizionamento ostile del capitale finanziario, italiano ed europeo, agisce come fattore di consolidamento del blocco sociale interclassista su cui il governo si appoggia.
Naturalmente le contraddizioni interne a questo blocco sociale saranno esposte all'esperienza di massa del nuovo governo (a partire dalla prossima Finanziaria), alle dinamiche della lotta di classe, e a variabili imprevedibili (possibile ritorno della turbolenza finanziaria). Ma il piede di partenza del nuovo esecutivo sul fronte sociale dispone di un punto di forza.

Il livello iniziale di consenso sociale del nuovo governo presso il lavoro salariato è nettamente superiore a quello che accompagnò il decollo dei governi tradizionali di centrodestra a trazione berlusconiana, mentre l'opposizione politica del popolo della sinistra è indebolita dai processi di ridimensionamento e dispersione che l'attraversano e che l'esito elettorale del 4 marzo ha registrato.

La passività della burocrazia sindacale regala al governo un più ampio spazio di manovra, mentre l'opposizione democratica sul terreno dei diritti civili, volutamente separata dalla questione sociale, ha una bassa incidenza sull'orientamento di massa dei lavoratori e sui rapporti di forza complessivi.


PER UN'OPPOSIZIONE DI CLASSE E DI MASSA 

La costruzione dell'opposizione di classe e di massa contro il nuovo governo è il terreno centrale di intervento e proposta del nostro partito.

A livello di massa, la nostra linea di intervento e proposta deve intrecciare la denuncia del carattere reazionario del governo e il contrasto delle illusioni sociali di cui si circonda.

Ambienti sovranisti della sinistra minimizzano la valenza reazionaria del nuovo governo dentro la rappresentazione dello scontro tra Italia e UE come “contraddizione principale”, mentre ambienti editoriali “progressisti” (Il Fatto Quotidiano) coprono il M5S e il suo blocco con la Lega nel nome della discriminante antiberlusconiana e antirenziana, o a sostegno delle misure giustizialiste e panpenaliste.
In aperto contrasto di queste posizioni, il PCL fa della denuncia della natura reazionaria del governo M5S Lega un'articolazione del proprio intervento controcorrente a livello di massa. In questo contesto assume una valenza particolare la battaglia per la difesa dei migranti e dei loro diritti, per lo sviluppo e generalizzazione della loro mobilitazione (manifestazioni di Napoli e Caserta, iniziativa dei braccianti di Gioia Tauro), e la battaglia di tutela dei diritti civili, delle donne, di tutte le minoranze oppresse (contro le posture omofobe del nuovo Ministro della Famiglia)

Al tempo stesso tanto più oggi la battaglia democratica controcorrente è inseparabile dalla caratterizzazione classista dell'opposizione al governo. Ciò che significa il contrasto di ogni logica di fronte popolare col PD in funzione della contrapposizione alle destre. L'opposizione del PD al nuovo governo muove dagli interessi dell'establishment. Oggi quell'opposizione concorre di fatto alla tenuta e consolidamento del blocco sociale reazionario su cui il governo si regge. Si tratta di impostare e costruire un'opposizione di segno opposto, dal versante della classe lavoratrice e dei suoi interessi sociali. Un'opposizione che miri ad entrare nelle contraddizioni dei blocchi sociali interclassisti, ad aprire ed approfondire una loro linea interna di frattura, a liberare i lavoratori dall'egemonia reazionaria per ricomporre attorno ad essi un blocco sociale alternativo.

Da un lato occorre demistificare il carattere truffaldino delle posture sociali delle destre (a partire dallo scandaloso regalo fiscale alle grandi ricchezze e ai profitti); dall'altro è necessario rilanciare una piattaforma di mobilitazione indipendente della classe lavoratrice che parta da rivendicazioni riconoscibili a livello di massa per volgerle contro governo e padronato:

- Cancellazione del Jobs Act e di tutte le leggi di precarizzazione del lavoro
- Riduzione generale dell'orario di lavoro a 32 ore pagate 40 per ripartire il lavoro tra tutti
- Abolizione della Legge Fornero, età pensionabile a 60 anni o 35 anni di lavoro, finanziata dalla tassazione progressiva dei grandi patrimoni, rendite, profitti
- Un vero salario ai disoccupati, finanziato dall'abolizione dei trasferimenti pubblici alle imprese private
- Nazionalizzazione senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori di tutte le aziende che delocalizzano o licenziano

Su questa piattaforma va rivendicata l'apertura di una vera mobilitazione, nella logica della vertenza generale. Per tale ipotesi di vertenza generale resta centrale la nostra storica parola d'ordine dell'assemblea nazionale dei delegati e delle delegate eletti nelle aziende e centralizzati a vari livelli, come strumento di elaborazione democratica della piattaforma e delle forme di lotta.
Il passaggio della prossima Legge di stabilità, lo scontro annunciato sulla vicenda Ilva, possono rappresentare un contesto di rilancio e di articolazione di questa proposta, entro la linea generale del fronte di classe e di massa. La CGIL in particolare va posta di fronte alle sue responsabilità politiche, non solo sindacali.


L'UNITÀ D'AZIONE NELL'AVANGUARDIA 
Sul terreno specifico dell'azione politica nell'avanguardia, va ricercata ogni occasione utile di caratterizzazione del profilo classista e internazionalista della nostra politica, anche attraverso il ricorso a momenti di interlocuzione e unità d'azione con altre forze classiste.

Questa unità d'azione non configura logiche di cartello, né rimpiazza la proposta generale e centrale di fronte unico di massa. Punta da un lato a segnare la linea di demarcazione dalle impostazioni populiste di sinistra e/o sovraniste, in un contesto in cui questo elemento di confronto è riproposto in tutta la sua attualità e significato dal nuovo scenario politico; dall'altro a favorire, ove possibile, un allargamento delle nostre relazioni in settori di avanguardia in funzione della costruzione del partito e del suo autonomo programma generale.

Un aspetto specifico del nostro intervento riguarda Potere al Popolo. Potere al Popolo è sopravvissuto all'insuccesso elettorale e prova a consolidarsi. L'orientamento politico dei partiti che lo compongono conferma la confusa sommatoria di culture e programmi diversi, riformisti e centristi (mutualismo popolare aclassista, sovranismo di sinistra, europeismo progressista), coi loro diversi riferimenti internazionali. La postura populista con impronta sociale rimane il tratto dominante. Al tempo stesso attorno a PaP si mantiene un bacino di avanguardia, diversamente assortito, su cui possiamo avere interesse a intervenire con le nostre posizioni indipendenti. Ciò vale in particolare in occasione di iniziative pubbliche di iniziativa e confronto, nella comune opposizione al nuovo governo M5S-Lega.


Bologna, 10 giugno
Partito Comunista dei Lavoratori