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Sconfiggere padronato e governo reazionario è una necessità della classe lavoratrice

14 giugno sciopero dei metalmeccanici Lo sciopero dei metalmeccanici del 14 giugno indetto da FIM, FIOM, e UILM è sicuramente un fatto importante. Lo è nel quadro segnato da un arretramento e frammentazione generale di tutta la classe lavoratrice, che in questi anni non è riuscita a resistere di fronte ad attacchi pesanti da parte di tutti i governi che si sono alternati, compreso l’attuale governo reazionario a trazione Lega-Movimento 5 Stelle, che si è presentato come governo del cambiamento ma ha continuato a fare gli interessi del capitale, riducendo le tasse alle imprese, e a ingannare i lavoratori attraverso la truffa del reddito di cittadinanza e della "quota 100", e da parte di un padronato sempre più agguerrito contro chi lavora. 

Ma l’arretramento e la sconfitta dei lavoratori hanno una responsabilità ben precisa, la responsabilità dei sindacati confederali – in primis della CGIL – di non avere voluto affrontare il toro per le corna, di non avere voluto seriamente organizzare il fronte di chi lavora contro il fronte di chi distrugge il lavoro, i diritti e le conquiste storiche del movimento operaio.

La stessa impostazione di questo sciopero e la piattaforma che lo sostiene sono segnati dalla linea di questi ultimi anni, e ripropongono l’impianto dell’ultimo contratto dei metalmeccanici, il peggiore contratto mai firmato, che ha determinato un forte arretramento nelle rivendicazioni salariali e che lascia per strada conquiste storiche del movimento operaio, per i metalmeccanici e di conseguenza per tutta la classe lavoratrice. Questo è stato il lascito di Landini, che poco prima di abbandonare la FIOM, in virtù della scalata a segretario generale della CGIL, ha concluso la tornata contrattuale in piena unità con FIM e UILM. In continuità, la piattaforma di oggi è centrata su una chiave di convergenza tra gli interessi dei lavoratori e del padronato: aumenti salariali tramite defiscalizzazione (a spese di tutti e non sottraendoli al padronato), difesa dell’occupazione e risposta alla crisi capitalistica attraverso investimenti pubblici (soldi dei lavoratori) e privati, nel quadro di una logica sciagurata di aiuto alle imprese. Tutto questo contro l’autonomia di classe dei lavoratori.

Bisogna ricordare che le sconfitte subite alla FIAT (ora in cassa integrazione) e alla Fincantieri sono causate dal fatto che i lavoratori sono stati lasciati soli, stabilimento per stabilimento, cantiere per cantiere, a subire l’aggressione padronale, a causa della mancata volontà di trasformare queste lotte in lotte di resistenza generale.

Pure l’accordo Ilva, firmato e magnificato da FIOM, FIM, UILM, USB compresa, segna un altro disastro: dopo aver di fatto espulso dalla fabbrica più di tremila lavoratori, dopo aver tagliato i salari anche attraverso la nuova assunzione di tutta la forza lavoro rimasta, dopo aver ottenuto i soliti tempi per adeguamenti ambientali e messa in sicurezza dello stabilimento (che infatti sostanzialmente non è ancora partita), oggi ancora 1.400 lavoratori finiscono in cassa integrazione a zero ore.

Anche la vicenda Whirlpool è una vera tragedia. L’azienda, dopo avere intascato 27 milioni di risorse pubbliche, straccia gli accordi pattuiti e mette sulla strada 400 famiglie. La vendita e riconversione dell'azienda è il massacro dei posti di lavoro, con totale assenza di una strategia efficace di lotta.

Di fronte a questo tragico scenario, il nuovo mantra di Landini è l’unità sindacale. Ma di quale unità hanno bisogno i lavoratori? Noi pensiamo che l’unità delle burocrazie senza la messa in campo di un programma di lotta reale sia una unità a danno della classe lavoratrice.

Contro una lunga crisi che non è ancora finita e di cui non si vedono gli sbocchi, necessita quindi ricostruire una opposizione di massa dal versante dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, con la costruzione di una mobilitazione generale che unifichi tutte le lotte in corso a partire da Ilva, Whirlpool, Mercatone Uno, Unilever, Almaviva, e che porti ad uno sciopero generale a oltranza sostenuto su punti di programma:

– Nazionalizzazione senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori di tutte le aziende che delocalizzano, licenziano e che violano i diritti dei lavoratori e le norme sulla sicurezza

– Unificazione di tutte le lotte e costituzione di una cassa di resistenza nazionale per sostenerle

– Cancellazione del Jobs act e di tutte le leggi di precarietà, ritorno dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e sua estensione a tutti i lavoratori e lavoratrici

– Redistribuzione generale dell'orario di lavoro a 32 ore per tutti, pagate 40, con l'introduzione di un salario minimo intercategoriale di 1500 euro

– Parità di diritti tra lavoratori italiani e lavoratori immigrati

– Un vero salario sociale ai disoccupati e ai giovani in cerca di prima occupazione, pagato dalla cancellazione dei trasferimenti pubblici alle imprese private

– Abolizione della legge Fornero. In pensione a 60 anni o con 35 anni di lavoro, pagata dalla tassazione progressiva dei grandi patrimoni, profitti, rendite



Su tali parole d'ordine bisogna organizzare il protagonismo dei lavoratori facendo loro comprendere che queste rivendicazioni fondamentali, nel loro complesso, non sono però realizzabili all'interno del quadro del sistema capitalista.

È pertanto necessario battersi per la prospettiva di un altro modello di società, fondato su un'economia pianificata democraticamente dai lavoratori, per la prospettiva di un governo dei lavoratori sul piano nazionale e internazionale, basato sulla forza dei lavoratori e che risponda alle esigenze ed ai bisogni della classe lavoratrice, ossia dell'immensa maggioranza della popolazione.
Partito Comunista dei Lavoratori