Una proposta pubblica a: Fronte Comunista / Fronte della Gioventù Comunista, Sinistra Anticapitalista, Sinistra Classe Rivoluzione, Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria
Le elezioni politiche sono alle porte.
Il governo confindustriale di Mario Draghi è caduto sotto il peso delle contraddizioni dell’ampia maggioranza su cui si reggeva, enfatizzate dalla prossimità della scadenza elettorale e dall’approfondirsi della crisi mondiale.
I partiti borghesi si presentano al voto in uno stato di difficoltà. La principale forza parlamentare emersa dalle elezioni del 2018 (M5S) è in agonia. Il campo largo del PD si è sfarinato. Enrico Letta rivendica la figura di Draghi e la sua agenda padronale per consolidare il proprio ruolo di partito di sistema e polarizzare la domanda di stabilità di settori piccolo-medio borghesi. Ma Draghi non fa il testimonial dell’operazione e i bizzosi interlocutori di “centro” (da Renzi a Calenda), gli uni contro gli altri armati, si combattono a colpi di veto. A destra sale la stella di Giorgia Meloni, in competizione con Salvini e Berlusconi per la premiership, in una lotta interna furibonda per la spartizione dei collegi e con le peggiori posture reazionarie. È la coalizione favorita, ma non cavalca più un’onda populista montante come quella che premiò prima il grillismo e poi il salvinismo.
Manca insomma ad oggi un centro di gravitazione della politica borghese. Mentre la speranza di una rapida e forte ripresa capitalista, per effetto del Recovery Fund, cede il passo a nuove tendenze recessive, per effetto delle dinamiche di guerra, dell’impennata dell’inflazione internazionale e della svolta di tutte le banche centrali. Ciò che ipoteca la prossima legge di stabilità, appesantendo in ogni caso il suo contenuto antioperaio. Qualunque sia il polo o partito borghese elettoralmente vincente.
In estrema sintesi: il capitale domina nei luoghi di lavoro e nella società ma non trova una forma di stabilità politico-istituzionale. Non accade solamente in Italia, ma in Italia ha un carattere più marcato che altrove.
In questo quadro generale il vero punto di forza della borghesia italiana sta nella debolezza del movimento operaio. Nell’arretramento profondo che esso ha conosciuto, senza punti di paragone tra i paesi imperialisti. Un arretramento dei livelli di mobilitazione, di coscienza politica, di rappresentanza. Lo stesso scenario dell’attuale crisi politica è emblematico. L’intero confronto pubblico si svolge nel campo della borghesia. Senza alcuna iniziativa indipendente del movimento operaio a livello di massa, né in termini di azione, né anche solo di proposta di mobilitazione e piattaforma. La supplica da parte di Landini di “un governo nel pieno delle sue funzioni”, nei fatti a difesa di una unità nazionale defunta, dà la misura della totale subalternità dell’apparato CGIL, che ha persino rinviato il proprio congresso per non disturbare i lavori in corso della borghesia.
La crisi della sinistra politica è da tempo effetto e concausa di questo scenario. Lo scenario è desolante, anche sul piano elettorale. Sinistra Italiana, che è stata formalmente all’“opposizione” di Draghi, sembra candidarsi a ultima ruota di scorta dello schieramento draghiano, in cambio di una manciata di seggi sicuri. Il PC di Rizzo completa il proprio corso rossobruno alleandosi con forze sovraniste reazionarie di destra ed estrema destra, no vax, complottiste, putiniane. Quanto a PRC e PaP, si prostrano ai piedi di De Magistris, che cerca di costruire il proprio partito personale usando la loro manovalanza. L’Unione Popolare è il vecchio canovaccio delle liste civiche di tradizione Ingroia: con una sinistra di classe che si nasconde ancor più di ieri dietro le insegne di un candidato progressista, possibilmente “istituzionale” e “costituzionale”, portavoce dei “cittadini” democratici. La stessa proposta avanzata insistentemente da Unione Popolare di una alleanza politica col M5S – che ha governato contro i lavoratori per tutta la legislatura – è indicativa. Non è un suo errore, al di là dell’esito, ma il riflesso di una impostazione fondata sulla rimozione di ogni centralità di classe e prospettiva socialista.
La necessità di una voce autonoma della classe lavoratrice e di un programma anticapitalista ci pare dunque riproposta con grande forza dalla crisi italiana. Questa necessità si pone innanzitutto sul terreno della lotta di classe, in aperta contrapposizione all’economia di guerra. La rivendicazione del blocco immediato delle bollette e dei prezzi alimentari, di un aumento generale e consistente dei salari e di una loro scala mobile, della requisizione integrale dei sovraprofitti dei monopoli energetici e di una loro nazionalizzazione senza indennizzo, di una patrimoniale del 10% sul 10% più ricco, della cancellazione del debito pubblico verso le banche e della loro nazionalizzazione, può e deve indicare la bandiera di una possibile ribellione di classe e di massa in autunno. L’unico spettro che spaventa realmente la borghesia.
Far emergere questa proposta anche nell’arena elettorale ci pare una opportunità importante.
Le elezioni borghesi sono un terreno della battaglia di classe anticapitalista. Come sapete il nostro partito, molto impegnato nell’unità d’azione sul terreno delle lotte, ha sempre perseguito la presentazione indipendente sul terreno elettorale, secondo la vecchia tradizione leninista. Ma le regole truccate della democrazia borghese – soprattutto in termini di raccolta delle firme necessarie alla presentazione con tempi brevissimi – possono ostacolare pesantemente questa scelta, a noi come eventualmente anche a voi.
Per questo vi proponiamo pubblicamente, nell’interesse comune, un possibile blocco elettorale delle nostre organizzazioni in occasione delle prossime elezioni politiche.
Le nostre organizzazioni registrano certo divergenze non secondarie, a seconda dei casi, in fatto di strategia politica, impostazione programmatica, forme di intervento, richiami internazionali. Ciò che spiega l’esistenza di formazioni distinte, e anche in molti casi l’aperta polemica pubblica. Tuttavia, queste divergenze convivono con alcuni elementi comuni: la centralità del riferimento di classe, l’anticapitalismo e non il semplice “antiliberismo”, il richiamo all’internazionalismo contro ogni forma di sovranismo. Sono proprio gli elementi che oggi segnano una comune linea di demarcazione rispetto ai poli liberali, reazionari, populisti, e ad ogni forma di subordinazione ad essi. Sono gli elementi che non a caso hanno favorito, in questi anni difficili, pratiche di unità d’azione tra le nostre organizzazioni: o sul terreno dell’azione sindacale (pur nella distinzione delle posizioni) o in esperienze di fronte unitario di iniziativa politica (Patto d’azione anticapitalista - per un fronte unico di classe). E che rendono plausibile, in questa situazione straordinaria, un’ipotesi di blocco elettorale.
Naturalmente un blocco elettorale deve preservare l’autonomia e la riconoscibilità di ogni soggetto. Ma usare insieme la tribuna elettorale per valorizzare una comune proposta generale di classe, anticapitalista, antimperialista, può offrire una cassa di risonanza pubblica e amplificata alla battaglia che sviluppiamo ogni giorno. E concorrere allo sviluppo della coscienza politica dell’avanguardia di classe, al di là della dimensione elettorale. Come dice una vecchia scuola, i rivoluzionari sono tali se cercano di utilizzare ogni tribuna per parlare alle masse. Uno sforzo congiunto delle nostre organizzazioni nella raccolta delle firme potrebbe certamente guadagnare questa tribuna nazionale in poche settimane.
Dati i tempi imposti, estremamente precipitati, della raccolta firme, vi chiediamo una risposta rapida in termini di concreta disponibilità unitaria. Vi contatteremo direttamente in questi giorni. In caso contrario, il PCL attiverà naturalmente la propria presentazione di partito nei collegi del Senato ovunque risulti possibile.
Saluti comunisti,