♠ in Altra Emilia Romagna,Bibbiano,Bonaccini,Borgonzoni,calabria,citofono,coordinamento unitario,elezioni regionali,Emilia Romagna,Fratelli d'Italia,M5S,PaP,PC,pcl,PD,Rizzo,Salvini,sinistre d'opposizione at 02:39
I risultati del voto regionale in Emilia-Romagna e Calabria hanno un profilo contraddittorio.
In Calabria lo sfondamento del blocco reazionario di centrodestra ha le proporzioni attese, capitalizzando l'autentico crollo del M5S, sullo sfondo dell'assenza sul piano elettorale di qualsiasi sinistra a sinistra del PD.
Diverso il caso dell'Emilia-Romagna, dove si è concentrato uno scontro politico di immediata valenza nazionale. Qui la Lega ha cercato lo sfondamento puntando a un effetto domino su scala generale. L'obiettivo era quello di conquistare il governo della regione per accelerare elezioni anticipate e rivincita politica nazionale.
Il piano è fallito.
Diversi sono i fattori che hanno sospinto la vittoria di Bonaccini.
Lo scarto tra Bonaccini e Borgonzoni in fatto di immagine e “credibilità istituzionale”, come mostra il successo della lista personale Bonaccini (5,76%) a fronte del fallimento della lista Borgonzoni (1,73%).
La capitalizzazione di un voto disgiunto proveniente da elettori del M5S, di Forza Italia, delle tre liste di sinistra, unito per ragioni diverse dalla repulsione per Salvini: chi da un versante sociale e democratico, chi da un versante borghese liberale.
La rimotivazione al voto di un settore significativo di elettorato di sinistra e democratico che in precedenza si era astenuto e che in questo caso ha fatto la fila ai seggi. Qui ha svolto un ruolo il movimento delle sardine, che non ha ricollocato l'elettorato popolare che votava a destra ma certo ha trascinato al voto una parte di elettorato di sinistra passivizzato e deluso.
La sconfitta di Salvini sta qui. Le dimensioni della sconfitta politica sono superiori a quella della sconfitta elettorale. Elettoralmente il blocco reazionario del centrodestra tiene la propria base di massa, particolarmente concentrata nelle campagne, nella provincia profonda, nelle periferie. Ma politicamente non poteva esserci sconfitta più netta.
Salvini ha puntato sulla massima politicizzazione dello scontro e insieme sulla sua estremizzazione reazionaria. Bibbiano e il citofono ne sono stati l'emblema. L'obiettivo era impugnare la bandiera del cambiamento contro quella della conservazione – con tutto il peggiore armamentario bigotto e xenofobo – per polarizzare a destra in chiave anti-PD il crollo annunciato del M5S. La politicizzazione dello scontro è riuscita, ma ha prodotto prevalentemente (e paradossalmente) una dinamica opposta: prima il movimento delle sardine, nato non a caso in Emilia proprio in opposizione a Salvini; poi la crescita della partecipazione al voto, maggiore soprattutto nelle città, per sbarrare la strada a Salvini. Ha vinto dunque l'eterogenesi dei fini. Salvini ha suonato il citofono sbagliato. All'interno del centrodestra, l'arretramento della Lega a vantaggio di Fratelli d'Italia, che supera l'8%, è un ulteriore smacco per il suo segretario.
Il PD liberal-borghese capitalizza elettoralmente la sconfitta del Capitano, come dimostra la crescita della sua lista (34,69%) rispetto allo stesso risultato delle elezioni europee, nonostante il successo della lista personale di Bonaccini. Da un lato il PD ha spartito con la lista Bonaccini il voto di settori piccolo e medio-borghesi moderati, desiderosi di tranquillità, dunque appagati dalla “buona amministrazione” del Presidente uscente; dall'altro ha capitalizzato la spinta prevalente di un elettorato di sinistra legato alla tradizione democratica e antifascista, e spaventato dall'ex ministro degli interni in permanente divisa di polizia. Il 3,77% riportato dalla lista Emilia-Romagna Coraggiosa Ecologista Progressista, interna alla coalizione di Bonaccini, ha anch'esso raccolto questa pulsione, cui le sardine non sono certo estranee.
Dunque il referendum su Salvini voluto da Salvini ha punito chi lo ha invocato. Mentre un governatore borghese come Bonaccini, eletto contro Salvini ma garante del padronato, potrà continuare a gestire la normale amministrazione degli interessi capitalistici in regione, non ultimo il progetto di autonomia differenziata ai danni di istruzione, sanità, servizi, contro i lavoratori, le lavoratrici e la popolazione povera. Ciò che in assenza di un'opposizione di classe, e col tacito consenso della CGIL, continuerà a consegnare al blocco sociale reazionario un ampio settore di salariati.
A sinistra del PD, il richiamo del voto utile ha fortemente penalizzato le liste presenti. Il risultato d'insieme delle tre liste (complessivamente l'1,3%, un 1% tra i candidati presidente) è obiettivamente marginale, e nessuna di esse emerge come polo attrattivo rispetto alle altre. Il PC di Rizzo (0,48%) dimezza i voti rispetto alle elezioni europee anche nei collegi in cui era presente. Potere al Popolo (0,37%) disperde larga parte dell'elettorato conquistato nelle elezioni politiche del 2018. Ma è soprattutto la lista L'Altra Emilia-Romagna a conoscere il risultato peggiore: l'unica lista delle tre ad essere presente in tutta la Regione – e che per questo aveva rivendicato il voto utile per sé a scapito delle altre – è quella che ha raccolto meno voti in assoluto e in percentuale. Rifondazione Comunista, che ne è stata il perno, paga una volta di più il mimetismo della propria politica.
Il PCL non ha potuto essere presente per via di una legge elettorale antidemocratica. Abbiamo dunque dato indicazione di voto a sinistra del PD, senza illusioni. Ma al tempo stesso diciamo forte e chiaro che non c'è possibilità di risalire la china a sinistra, sullo stesso terreno elettorale, senza la ripresa di una opposizione di classe e di massa. Chi pensa che la soluzione a sinistra sia questo o quell'altro cartello elettorale continua a pestare l'acqua nel mortaio. Le elezioni riflettono in modo distorto ciò che si muove, o non si muove, sul terreno sociale. Se si smarrisce il confine di classe nell'immaginario sociale quotidiano, perché quel confine dovrebbe apparire nel giorno del voto? Se la lotta di classe rifluisce, se con essa arretra la coscienza politica di massa e spesso della sua stessa avanguardia, nessuna alchimia elettoralista invertirà la condizione della sinistra politica. Semmai produrrà nuovi danni.
Il coordinamento nazionale unitario delle sinistre di opposizione, fuori da ogni logica elettorale, è nato il 7 dicembre per unificare le lotte di resistenza e rilanciare l'opposizione sociale. Le campagne unitarie che sono partite in tutta Italia hanno esattamente questo scopo. Il PCL, che ha contribuito in modo determinante al coordinamento dell'unità d'azione, continuerà a lavorare per il suo allargamento, nazionale e locale, politico e sindacale, contro ogni settarismo e preclusione. E al tempo stesso porta e porterà in esso il proprio programma di rivoluzione per lo sviluppo della coscienza anticapitalista, contro ogni illusione riformista.
Senza unire l'azione di avanguardia non si può lavorare alla ripresa di massa né incidere sullo scenario politico. Senza un programma di rivoluzione non si può dare all'avanguardia una prospettiva vera di alternativa al capitale.
Per questo saremo come PCL i più unitari e i più radicali. Per questo costruiamo il Partito Comunista dei Lavoratori.
In Calabria lo sfondamento del blocco reazionario di centrodestra ha le proporzioni attese, capitalizzando l'autentico crollo del M5S, sullo sfondo dell'assenza sul piano elettorale di qualsiasi sinistra a sinistra del PD.
Diverso il caso dell'Emilia-Romagna, dove si è concentrato uno scontro politico di immediata valenza nazionale. Qui la Lega ha cercato lo sfondamento puntando a un effetto domino su scala generale. L'obiettivo era quello di conquistare il governo della regione per accelerare elezioni anticipate e rivincita politica nazionale.
Il piano è fallito.
Diversi sono i fattori che hanno sospinto la vittoria di Bonaccini.
Lo scarto tra Bonaccini e Borgonzoni in fatto di immagine e “credibilità istituzionale”, come mostra il successo della lista personale Bonaccini (5,76%) a fronte del fallimento della lista Borgonzoni (1,73%).
La capitalizzazione di un voto disgiunto proveniente da elettori del M5S, di Forza Italia, delle tre liste di sinistra, unito per ragioni diverse dalla repulsione per Salvini: chi da un versante sociale e democratico, chi da un versante borghese liberale.
La rimotivazione al voto di un settore significativo di elettorato di sinistra e democratico che in precedenza si era astenuto e che in questo caso ha fatto la fila ai seggi. Qui ha svolto un ruolo il movimento delle sardine, che non ha ricollocato l'elettorato popolare che votava a destra ma certo ha trascinato al voto una parte di elettorato di sinistra passivizzato e deluso.
La sconfitta di Salvini sta qui. Le dimensioni della sconfitta politica sono superiori a quella della sconfitta elettorale. Elettoralmente il blocco reazionario del centrodestra tiene la propria base di massa, particolarmente concentrata nelle campagne, nella provincia profonda, nelle periferie. Ma politicamente non poteva esserci sconfitta più netta.
Salvini ha puntato sulla massima politicizzazione dello scontro e insieme sulla sua estremizzazione reazionaria. Bibbiano e il citofono ne sono stati l'emblema. L'obiettivo era impugnare la bandiera del cambiamento contro quella della conservazione – con tutto il peggiore armamentario bigotto e xenofobo – per polarizzare a destra in chiave anti-PD il crollo annunciato del M5S. La politicizzazione dello scontro è riuscita, ma ha prodotto prevalentemente (e paradossalmente) una dinamica opposta: prima il movimento delle sardine, nato non a caso in Emilia proprio in opposizione a Salvini; poi la crescita della partecipazione al voto, maggiore soprattutto nelle città, per sbarrare la strada a Salvini. Ha vinto dunque l'eterogenesi dei fini. Salvini ha suonato il citofono sbagliato. All'interno del centrodestra, l'arretramento della Lega a vantaggio di Fratelli d'Italia, che supera l'8%, è un ulteriore smacco per il suo segretario.
Il PD liberal-borghese capitalizza elettoralmente la sconfitta del Capitano, come dimostra la crescita della sua lista (34,69%) rispetto allo stesso risultato delle elezioni europee, nonostante il successo della lista personale di Bonaccini. Da un lato il PD ha spartito con la lista Bonaccini il voto di settori piccolo e medio-borghesi moderati, desiderosi di tranquillità, dunque appagati dalla “buona amministrazione” del Presidente uscente; dall'altro ha capitalizzato la spinta prevalente di un elettorato di sinistra legato alla tradizione democratica e antifascista, e spaventato dall'ex ministro degli interni in permanente divisa di polizia. Il 3,77% riportato dalla lista Emilia-Romagna Coraggiosa Ecologista Progressista, interna alla coalizione di Bonaccini, ha anch'esso raccolto questa pulsione, cui le sardine non sono certo estranee.
Dunque il referendum su Salvini voluto da Salvini ha punito chi lo ha invocato. Mentre un governatore borghese come Bonaccini, eletto contro Salvini ma garante del padronato, potrà continuare a gestire la normale amministrazione degli interessi capitalistici in regione, non ultimo il progetto di autonomia differenziata ai danni di istruzione, sanità, servizi, contro i lavoratori, le lavoratrici e la popolazione povera. Ciò che in assenza di un'opposizione di classe, e col tacito consenso della CGIL, continuerà a consegnare al blocco sociale reazionario un ampio settore di salariati.
A sinistra del PD, il richiamo del voto utile ha fortemente penalizzato le liste presenti. Il risultato d'insieme delle tre liste (complessivamente l'1,3%, un 1% tra i candidati presidente) è obiettivamente marginale, e nessuna di esse emerge come polo attrattivo rispetto alle altre. Il PC di Rizzo (0,48%) dimezza i voti rispetto alle elezioni europee anche nei collegi in cui era presente. Potere al Popolo (0,37%) disperde larga parte dell'elettorato conquistato nelle elezioni politiche del 2018. Ma è soprattutto la lista L'Altra Emilia-Romagna a conoscere il risultato peggiore: l'unica lista delle tre ad essere presente in tutta la Regione – e che per questo aveva rivendicato il voto utile per sé a scapito delle altre – è quella che ha raccolto meno voti in assoluto e in percentuale. Rifondazione Comunista, che ne è stata il perno, paga una volta di più il mimetismo della propria politica.
Il PCL non ha potuto essere presente per via di una legge elettorale antidemocratica. Abbiamo dunque dato indicazione di voto a sinistra del PD, senza illusioni. Ma al tempo stesso diciamo forte e chiaro che non c'è possibilità di risalire la china a sinistra, sullo stesso terreno elettorale, senza la ripresa di una opposizione di classe e di massa. Chi pensa che la soluzione a sinistra sia questo o quell'altro cartello elettorale continua a pestare l'acqua nel mortaio. Le elezioni riflettono in modo distorto ciò che si muove, o non si muove, sul terreno sociale. Se si smarrisce il confine di classe nell'immaginario sociale quotidiano, perché quel confine dovrebbe apparire nel giorno del voto? Se la lotta di classe rifluisce, se con essa arretra la coscienza politica di massa e spesso della sua stessa avanguardia, nessuna alchimia elettoralista invertirà la condizione della sinistra politica. Semmai produrrà nuovi danni.
Il coordinamento nazionale unitario delle sinistre di opposizione, fuori da ogni logica elettorale, è nato il 7 dicembre per unificare le lotte di resistenza e rilanciare l'opposizione sociale. Le campagne unitarie che sono partite in tutta Italia hanno esattamente questo scopo. Il PCL, che ha contribuito in modo determinante al coordinamento dell'unità d'azione, continuerà a lavorare per il suo allargamento, nazionale e locale, politico e sindacale, contro ogni settarismo e preclusione. E al tempo stesso porta e porterà in esso il proprio programma di rivoluzione per lo sviluppo della coscienza anticapitalista, contro ogni illusione riformista.
Senza unire l'azione di avanguardia non si può lavorare alla ripresa di massa né incidere sullo scenario politico. Senza un programma di rivoluzione non si può dare all'avanguardia una prospettiva vera di alternativa al capitale.
Per questo saremo come PCL i più unitari e i più radicali. Per questo costruiamo il Partito Comunista dei Lavoratori.