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Nella politica internazionale contano o no i criteri di classe?

In questi giorni segnati dall'atto terroristico USA a Bagdad, la priorità è la più ampia mobilitazione contro l'imperialismo, per il ritiro delle nostre truppe da tutte le missioni militari, per la rottura dell'Italia con la NATO. Questo è l'impegno del nostro partito, questa è e sarà la campagna del coordinamento delle sinistre di opposizione uscito dall'assemblea nazionale del 7 dicembre, una campagna unitaria che mira a coinvolgere tutte le organizzazioni che condividono questi obiettivi, indipendentemente da ogni divergenza d'analisi e di prospettiva.

Tuttavia una campagna unitaria non rimuove la necessità del libero confronto delle posizioni. Lo dimostrano le posizioni espresse rispettivamente dal segretario del Partito della Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo, e dal capo del Partito Comunista, Marco Rizzo. Posizioni sicuramente diverse, e tuttavia accomunate dalla rimozione di un criterio di classe elementare nella politica internazionale.


MAURIZIO ACERBO E L'APPELLO ALL'UNIONE (CAPITALISTICA) EUROPEA

«Il nostro governo e l’Unione Europea devono attivarsi in un ruolo di pace, frenando le spinte belliciste della Casa Bianca ed agendo con gli altri attori internazionali per l’avvio di un dialogo con l’Iran, a partire dalla rimessa in discussione delle sanzioni comminate unilateralmente dagli USA.» (Maurizio Acerbo)

Difficile riassumere tanto bene in poche righe una concezione così subalterna dell'ordine mondiale.
Ci si appella all'attuale governo italiano e alla Unione Europea per "un ruolo di pace".

Ma il governo italiano non è lo stesso governo padronale che ha giurato fedeltà alla NATO, che finanzia le missioni di guerra più di ogni altro paese della UE, che ovunque procura commesse militari per l'industria tricolore delle armi (Leonardo) presso i regimi più reazionari e impresentabili (dall'Arabia Saudita all'Egitto di al-Sisi)? Chiedere al governo dell'imperialismo italiano di «attivarsi in un ruolo di pace» è una grottesca contraddizione in termini, priva di ogni senso politico e logico.

Si chiede un ruolo di pace all'Unione Europea. Ma l'Unione Europea non è forse l'unione capitalistica dei diversi imperialismi nazionali, al tempo stesso subalterni militarmente agli USA e portatori di propri interessi predatori? Tutti i paesi della UE aumentano i propri bilanci militari, si contendono gli uni contro gli altri le sfere d'influenza, sostengono gli uni contro gli altri le peggiori bande armate e mercenarie (come Francia e Italia in Libia), finanziano e coprono il regime turco di Erdogan e la sua politica guerrafondaia contro i curdi (salvo trovarselo come concorrente scomodo in Libia). Si può chiedere a questi imperialismi di «attivarsi in un ruolo di pace»?

Intendiamoci: è indubbio che né l'Italia né l'Unione Europea (a differenza della Gran Bretagna) hanno condiviso l'iniziativa di Trump contro l'Iran, né tanto meno vorrebbero essere coinvolti in una spirale di guerra in Medio Oriente. Di più: prima che lo chiedesse loro il compagno Acerbo, già si “attivavano” per “frenare le spinte belliciste della Casa Bianca”. Cos'era, del resto, la rimostranza europea verso gli USA al momento della rottura degli accordi nucleari e delle sanzioni economiche contro il regime iraniano?
Il punto è che Italia e UE vogliono "dialogare con l'Iran" (cioè col regime teocratico e oppressivo che da quarant'anni lo domina) non nel nome della pace, ma dei propri interessi imperialisti. Non vogliono perdere il ricco mercato import-export con Teheran, né i propri (enormi) investimenti di capitale finanziario che il regime iraniano ha sempre tutelato, né l'impennata dei prezzi del petrolio che una guerra con l'Iran trascinerebbe con sé (che colpirebbe la UE, non gli USA, ormai largamente autosufficienti dal punto di vista energetico), né più in generale la messa a soqquadro dei propri affari con tutti i governi più o meno banditeschi del Medio Oriente, spesso giocando sulle loro rivalità e i loro appetiti. La “pace” che gli imperialisti vogliono è sempre la pace dei propri interessi, non quella dei lavoratori e dei popoli. Chi rimuove questa verità o semplicemente la copre chiedendo al proprio imperialismo una politica di pace, non sviluppa la coscienza di massa e confonde la stessa avanguardia.


MARCO RIZZO E L'“EROE SOLEIMANI”

Su un altro fronte, sicuramente diverso ma non meno grottesco, si muove Marco Rizzo.
Dopo aver giustamente denunciato l'attacco terroristico dell'imperialismo USA a Bagdad, il segretario del PC ha sentito il bisogno di celebrare «...il generale Soleimani, eroe della difesa della Siria, il numero 2 dell'Iran... l'uomo che più ha vinto l'ISIS».

Ora, è del tutto evidente per i comunisti che in caso di guerra tra USA e Iran sia doveroso difendere per principio e incondizionatamente l'Iran, indipendentemente dal regime che lo governa. È la posizione che abbiamo assunto in tutti i casi di guerra tra un paese imperialista e un paese dipendente, come vuole la tradizione del marxismo rivoluzionario. Ma detto questo, si può rimuovere la natura del regime del paese che (giustamente) si difende dall'imperialismo? Il regime iraniano è un regime teocratico oppressivo che ha condannato a morte in quarant'anni diverse migliaia di attivisti operai e sindacali, perseguita da sempre con particolare accanimento i comunisti, esercita la tortura e la pena di morte contro gli oppositori, nega alle donne le libertà più elementari, calpesta i diritti dei curdi.
Il generale Soleimani è stato la punta di diamante dell'apparato militare di questo regime. Lo è stato sul piano interno, alla guida dei famigerati pasdaran. Lo è stato all'estero, come in Iraq, dove ha guidato la repressione contro la rivolta popolare facendo diverse centinaia di morti; o come in Siria, dove non ha concorso solo (indubbiamente) a sconfiggere l'ISIS – contro il quale peraltro combatterono e vinsero in primo luogo i curdi, non Soleimani – ma anche a reprimere la prima rivolta di massa contro Assad, una repressione che spianò la strada alla reazione dei tagliagola panislamisti prima di Al Qaida e poi dell'ISIS. I crimini che l'imperialismo USA imputa a Soleimani sono una menzogna spudorata. Quelli che gli imputano le sue vittime, dall'altra parte della barricata, sono invece una tragica realtà.
Questa realtà non ci impedisce affatto di difendere l'Iran, incondizionatamente, dall'aggressione imperialista. Come non ci impedì di difendere incondizionatamente l'Argentina del generale Galtieri contro l'aggressione imperialista della Gran Bretagna nel 1982, o la Serbia di Milosevic contro la guerra “umanitaria” del governo D'Alema (che Rizzo sostenne) nel 1999, o l'Iraq di Saddam Hussein contro l'aggressione dell'imperialismo USA nel 1991 e nel 2003. Certo però ci impedisce di chiamare Solemaini “eroe”. Questo è il linguaggio del regime di Teheran, non può essere il linguaggio dei comunisti.

Partito Comunista dei Lavoratori