Una grande rivolta di massa è in corso in Nigeria, la principale potenza economica africana. L'innesco dell'esplosione sociale è il video che documenta l'assassinio di un uomo a sangue freddo da parte delle forze di polizia. Un “caso George Floyd”, per capirci. Con la differenza che avviene in un paese che non è esattamente sotto i riflettori dell'opinione pubblica dei paesi imperialisti.
Il crimine poliziesco è la goccia che ha fatto traboccare il vaso dell'indignazione popolare. Da tempo la gioventù nigeriana è vessata dalla violenza ordinaria delle cosiddette SARS (squadre speciali antirapina), una milizia armata in uniforme che opera al servizio del governo Buhari, un regime corrotto dalle tangenti delle grandi aziende che investono in Nigeria (ENI in testa). Le SARS gestiscono l'ordine pubblico col metodo dello squadrismo: incarcerazioni arbitrarie, torture, sequestri, estorsioni. Un apparato criminale che si regge sull'intimidazione e sul terrore, con la copertura dell'esercito regolare e della legge.
Non a caso la rivolta ha assunto come parola d'ordine «End SARS», sciogliere le SARS. Una parola d'ordine direttamente politica indirizzata contro il Presidente Buhari. Il governo ha sperato in un primo tempo che la ribellione si esaurisse, come altre volte è accaduto, ma la mobilitazione è continuata. Sorpreso dalle dimensioni e dalla durata della rivolta, Buhari ha pensato di tacitarla con un escamotage truffaldino: ha annunciato lo scioglimento delle SARS come chiedeva la piazza (11 ottobre), ma ricostruendola due giorni dopo sotto un altro nome. L'operazione ha radicalizzato ancor di più la dinamica di massa. A questo punto, dopo essersi appellato invano ai rivoltosi perché dismettessero la protesta, il governo ha usato la forza. Prima ha imposto il coprifuoco nella capitale; poi di fronte alla continuità della mobilitazione, per nulla intimidita dal coprifuoco, è ricorso alla repressione armata. Martedì la polizia ha aperto il fuoco contro i manifestanti, facendo almeno diciotto morti.
La rivolta nigeriana occupa le strade e le piazze da due settimane. Ha il volto della gioventù in un paese in cui l'età media della popolazione è diciotto anni. Le forme della ribellione sono state diverse combinando manifestazioni pacifiche di massa, barricate di strada, assalti alle caserme della polizia. Col passare dei giorni anche la composizione sociale della massa si è allargata: ai giovani disoccupati e precari si sono uniti vasti strati popolari e di lavoro dipendente. Con ciò le parole d'ordine politiche hanno iniziato a combinarsi con rivendicazioni sociali a partire dalla richiesta di lavoro e di aumenti salariali. Le opposizioni borghesi liberali hanno chiesto ai manifestanti di tornare a casa e al governo di rispondere alle richieste della popolazione. Addirittura il segretario generale dell'ONU (!) ha sentito il bisogno di invitare «i manifestanti a protestare pacificamente e ad astenersi da qualsiasi atto di violenzaper evitare che nel paese la situazione possa degenerare in maniera irreversibile». Una notevole preoccupazione per chi copre e avalla in tutto il mondo le peggiori violenze imperialiste e i peggiori regimi reazionari.
Seguiremo nei prossimi giorni lo sviluppo dello scenario. Di certo la ribellione di massa in Nigeria, come la grande protesta proletaria in corso in Indonesia, conferma una volta di più l'instabilità della situazione politica mondiale, anche ai tempi del Covid, anche nel cuore dell'Africa.