Pubblichiamo il testo dell'appello a cura dell' "Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi". Il Partito Comunista dei Lavoratori è in prima linea per la riuscita della mobilitazione.
20 Ottobre 2020
Mentre in tutta Europa dilaga la seconda ondata pandemica, nel nostro paese il governo e le amministrazioni locali si trovano a fronteggiare la nuova emergenza con un sistema sanitario disastrato come in primavera:
pochissime nuove risorse, strutture fatiscenti, gravi carenze d'organico e un personale medico-infermieristico che a dispetto delle fatiche sfiancanti del lockdown continua ad essere umiliato dal mancato rinnovo del CCNL di categoria e da livelli salariali da fame.
I padroni, con la complicità di governo ed istituzioni locali, la scorsa primavera hanno contribuito a trasformare la pandemia in mattanza negli ospedali e nelle RSA, in primis in Lombardia, tenendo aperte migliaia di fabbriche senza alcun riguardo per la sicurezza e la salute di lavoratori e lavoratrici. Ora, sempre in nome del profitto, minacciano barricate per impedire stringenti misure di sicurezza, nonostante il rischio di un collasso degli ospedali su scala nazionale: uno scenario reso ancor più drammatico al sud, che stavolta è pienamente coinvolto dalla pandemia.
Mentre Conte, il PD e i M5Stelle hanno mantenuto l'impianto razzista, repressivo e antioperaio dei decreti sicurezza di Salvini (limitandosi a qualche modifica irrisoria e di facciata), l'esecutivo è sempre più ostaggio dell'arroganza di Bonomi e di Confindustria, delle sue richieste e delle sue pretese, a partire dal mancato rinnovo della moratoria sui licenziamenti a fine anno, nonostante il proseguo dell’emergenza.
I padroni si sentono talmente forti da far saltare i tavoli di trattativa sui rinnovi contrattuali, come dimostra il caso eclatante del CCNL metalmeccanici, con lo scopo dichiarato di ottenere dei contratti-farsa, senza alcun aumento salariale e con l'imposizione di forme sempre più brutali di precarietà e di sfruttamento.
Intanto, al di là delle chiacchiere e della propaganda, si pensa di destinare la gran parte dei fondi del
Recovery Plan alle ristrutturazioni produttive necessarie al capitale per contrastare la crisi in corso dal 2008, a infrastrutture e grandi opere al servizio delle imprese o direttamente nelle tasche dei padroni sotto forma di sgravi e incentivi. Risorse che stravolgeranno sempre più i servizi universali (sanità, scuola, trasporti, assistenza), disarticolati da autonomie più o meno differenziate, e che andranno anche a incrementare le spese militari e i piani bellici (30 miliardi destinati alla difesa). Risorse che, con le condizionalità imposte dalla UE, saranno ripagate con nuove lacrime e nuovo sangue da lavoratori, lavoratrici e classi oppresse.
Senza una ripresa generale delle lotte e del protagonismo di lavoratori e lavoratrici, entro l'inverno assisteremo a un'ondata di licenziamenti, a un taglio dei salari e a un massacro sociale senza precedenti.
Per questo motivo lo scorso 27 settembre centinaia di lavoratori e delegati combattivi di diversa appartenenza categoriale e sindacale si sono incontrati a Bologna, con l'obbiettivo di tracciare una piattaforma di lotta e di mobilitazione capace di contrapporsi in maniera adeguata ai piani di macelleria sociale di padroni e governo, e di lanciare dal basso un percorso di mobilitazione che porti in tempi brevi a un vero sciopero generale.
• Per il rinnovo immediato di tutti i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro scaduti, con forti aumenti salariali e forti disincentivi ai contratti precari e a termine
• No ai licenziamenti di massa; riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, salario medio garantito a disoccupati e precari e integrazione della Cig al 100%
• I costi della crisi sanitaria siano pagati da chi non ha mai pagato: patrimoniale sulle grandi ricchezze per rilanciare la sanità, la scuola pubblica, i trasporti e i servizi sociali
• Documenti, diritto d’asilo, regolarizzazione contrattuale e pieni diritti di cittadinanza per tutti i lavoratori immigrati, con l’abolizione dei decreti sicurezza (che reprimono anche dissenso e conflitto sociale)
• Contro ogni autonomia differenziata, oggi rilanciata dal governo
• Annullamento delle spese militari e riconversione di tutta la filiera dell’industria bellica e militare, a spese dello Stato e piena garanzia del lavoro
• Tutela piena della sicurezza sui luoghi di lavoro con nuovi e stringenti protocolli per la prevenzione del contagio da Covid 19, gestiti da comitati e rappresentanti eletti da lavoratori e lavoratrici.