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Il decreto del primo maggio

 


Misure padronali e balbettio sindacale

Il "decreto del primo maggio" sottolinea una volta di più lo scarto tra la determinazione del governo e il balbettio delle burocrazie sindacali.

Il governo ha esteso innanzitutto l'uso dei contratti a termine, la forma più classica di lavoro precario, esattamente come chiede Confindustria. Il Sole 24 Ore non a caso esulta.
In secondo luogo ha smantellato, come annunciato, il vecchio reddito di cittadinanza, sostituendolo con una misura che limita pesantemente la platea interessata, l'importo erogato, la durata dell'importo. Con ciò ha accolto la richiesta pressante del padronato, che vuole eliminare ogni possibile intralcio, per quanto debole, ai salari da fame, e capitalizzare a proprio vantaggio quote ancor più ampie di spesa pubblica.
In terzo luogo ha realizzato il famoso taglio del cuneo fiscale, cioè il taglio dei contributi previdenziali, presentandolo come grande sostegno ai salari. Una truffa bella e buona, per la ragione più semplice: i contributi sono messo a carico del debito pubblico (scostamento di bilancio) e della fiscalità generale, cioè sostanzialmente a carico dei salariati “beneficiari”. In compenso si chiede ai “beneficiari” di non rivendicare aumenti salariali, per i quali infatti non è previsto un euro in relazione al rinnovo dei contratti pubblici. È la ragione per cui Confindustria plaude al taglio del cuneo fiscale, e anzi lo chiede ancor più consistente. Si tratta di una misura di protezione dei profitti, gli stessi profitti in forte crescita che stanno trainando l'aumento dei prezzi e falcidiando i salari.

Vi sarebbero dunque tutte le condizioni di una forte mobilitazione. Tanto più contro un governo a guida postfascista che non ha regalato alle burocrazie neppure la finzione di una trattativa, limitandosi alla pura comunicazione delle decisioni prese.
Ma i burocrati sindacali non vanno al di là di garbatissime parole di insoddisfazione per il trattamento subito, unite alla solita preghiera a futura memoria di un proprio riconoscimento di ruolo, mentre nel merito coprono l'operazione sul cuneo fiscale che li vede allineati a Confindustria, contro ogni vero aumento dei salari a carico dei profitti. Uno scenario di pace sociale che il quadro di mobilitazioni in Europa per forti aumenti salariali – come in Gran Bretagna e persino in Germania – rende ancor impressionante.

Non solo. Questa scandalosa passività delle burocrazie sindacali di casa nostra rischia di regalare al governo Meloni uno spazio d'immagine agli occhi di molti lavoratori. “I sindacati chiacchierano, noi aumentiamo le buste paga di chi lavora, scegliete voi con chi stare”, ha dichiarato la capa del governo a reti unificate. Una manovra propagandistica tanto più insidiosa perché combinandosi col taglio del reddito di cittadinanza mira a contrapporre i salariati ai disoccupati, quindi a dividere ancor di più il blocco delle classi subalterne.

Lo ribadiamo. La lotta per una vertenza unificante del mondo del lavoro, dei precari, dei disoccupati, contro il padronato e il suo governo reazionario, è inseparabile dalla battaglia per un'altra direzione del movimento operaio e sindacale.

Partito Comunista dei Lavoratori