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Per un'alternativa delle lavoratrici e dei lavoratori

Testo del volantino politico nazionale del Partito Comunista dei Lavoratori

NESSUNO PIANGA PER RENZI
Il 4 marzo è caduto il renzismo. Non siamo certo noi a piangere sulla caduta di chi ha cancellato l'articolo 18, ha ulteriormente precarizzato il lavoro, ha attaccato la scuola pubblica, ha regalato a industriali e banchieri una nuova pioggia di miliardi, ha imposto ulteriori tagli alla sanità. Semmai avrebbe dovuto cacciarlo a pedate, e da tempo, una mobilitazione dei lavoratori. Ma la burocrazia sindacale ha imposto la pace sociale per accordarsi col padronato. Mentre la cosiddetta “sinistra” di D'Alema e Bersani ha votato tutte le porcherie di Renzi. Il risultato è che tanti lavoratori, abbandonati e traditi, hanno finito per voltarsi altrove.

Ma attenzione. Né Salvini né Di Maio sono certo una soluzione per gli sfruttati. Al contrario.


NO AL REAZIONARIO SALVINI!

Salvini è il capo reazionario di una Lega che in oltre dieci anni di governo ha colpito i lavoratori, in compagnia di Berlusconi, distruggendo il sistema pensionistico a ripartizione (1995) e moltiplicando il lavoro usa e getta (legge Maroni, 2003). Oggi con la Flat tax vorrebbe riempire ancor più il portafoglio dei capitalisti, in un paese in cui l'80% delle tasse è sulle spalle di salariati e pensionati. Uno scandalo. Salvini vuole dirottare contro i migranti la rabbia sociale per impedire che si rivolga contro i suoi amici padroni. È il cinismo peggiore.


NESSUNA FIDUCIA A DI MAIO!

Ma neppure Di Maio è la soluzione. Certo, tanti operai l'hanno votato sperando il meglio. Ma è un'illusione, come l'esperienza dimostrerà. Come può essere amico dei lavoratori chi incassa la benedizione di Confindustria e Marchionne, dopo aver rassicurato il capitale finanziario del mondo intero? Chi offre agli industriali una riforma fiscale modello Trump, a tutto vantaggio dei ricchi? Il M5S mira in realtà a contrapporre i disoccupati ai lavoratori, usando il reddito di cittadinanza come arma di pressione e ricatto per estendere il lavoro sottopagato. “Lavorare gratis per lavorare tutti”, rivendica non a caso l'intellettuale grillino De Masi. Una manna dal cielo per i profitti.

Lavoratori, lavoratrici, aprite gli occhi. PD, Salvini, Di Maio, sono solamente strumenti diversi della classe che oggi vi sfrutta. I padroni cambiano spalla al fucile, ma non cambiano mira.

È necessario imporre con la lotta un'agenda nuova.

Cancellare il Jobs Act ed estendere l'articolo 18 a tutti i salariati.
Abolire tutte le leggi di precarietà del lavoro, contro ogni forma di prestazione servile.
Ridurre l'orario di lavoro a 32 ore settimanali a parità di paga, per ripartire il lavoro fra tutti.
Abolire la legge Fornero e ripristinare l'età pensionabile a 60 anni (o 35 anni di lavoro).
Dare un salario dignitoso ai disoccupati che cercano lavoro finanziandolo con l'abolizione dei trasferimenti pubblici alle imprese.

Sono rivendicazioni che possono unire lavoratori, precari, disoccupati in un unico fronte di lotta. Sono misure che solamente un governo dei lavoratori potrà realizzare. L'unico che possa espropriare le aziende che licenziano (Embraco), abolire il debito pubblico verso le banche e nazionalizzarle. L'unico che possa segnare una svolta.
È vero, il voto del 4 marzo non ha premiato questo programma anticapitalista. Ma questa resta l'unica alternativa vera.

Diciassette milioni di salariati hanno bisogno finalmente di un loro programma e di un loro partito.
Il Partito Comunista dei Lavoratori, l'unico che non ha mai tradito gli operai, continuerà a battersi contro corrente per questa prospettiva.

Partito Comunista dei Lavoratori

 

Un pessimo risultato per i lavoratori


5 Marzo 2018
Il voto del 4 marzo ha espresso un risultato estremamente negativo per i lavoratori e il movimento operaio. La crisi del renzismo è precipitata, ma è stata capitalizzata da forme diverse di populismo reazionario: dal Movimento 5 Stelle, in particolare nel Sud e nelle Isole, dove realizza un autentico sfondamento; da un centrodestra a trazione Salvini, in particolare nel Nord. La sinistra, nel suo insieme, è pesantemente marginalizzata dal nuovo scenario
Il voto del 4 marzo ha espresso un risultato estremamente negativo per i lavoratori e il movimento operaio. La crisi del renzismo è precipitata, ma è stata capitalizzata da forme diverse di populismo reazionario: dal Movimento 5 Stelle, in particolare nel Sud e nelle Isole, dove realizza un autentico sfondamento; da un centrodestra a trazione Salvini, in particolare nel Nord. La sinistra, nel suo insieme, è pesantemente marginalizzata dal nuovo scenario.


IL SUCCESSO DEL POPULISMO REAZIONARIO 


Il PD di Renzi consuma una disfatta. Il duplice fallimento del renzismo - mancato sfondamento nel blocco sociale di centrodestra e insuccesso dell'operazione diga verso il grillismo sul terreno della competizione populista - era già inscritto da tempo nello scenario politico, come ha mostrato la stessa sconfitta referendaria del 4 dicembre 2016. Il voto del 4 marzo l'ha sanzionato nei termini più pesanti. Una legge elettorale concepita per penalizzare il M5S nei collegi uninominali e consentire la campagna del voto utile per il PD ha favorito, nelle condizioni date, una dinamica opposta, a partire dal Meridione.

Il M5S ha riportato un successo elettorale e politico molto rilevante. Nel Meridione ha capitalizzato la combinazione dello sfaldamento dei vecchi potentati clientelari e del richiamo della bandiera del cosiddetto reddito di cittadinanza, sino a raggiungere risultati da plebiscito. Nel Nord ha consolidato un blocco elettorale che tiene insieme voto operaio e settori di piccola borghesia. Nei fatti il M5S ha sommato l'eredità del “voto contro” i partiti dominanti con l'immagine di possibile carta di ricambio sul terreno del governo, quale nuovo garante e protettore sociale di interessi compositi. Il trasformismo governista del nuovo corso di Di Maio non solo - al momento - non ha penalizzato il M5S, ma ha allargato la sua capacità di presa.

Il centrodestra ha complessivamente conseguito l'obiettivo di coalizione di maggioranza relativa, ma il netto sorpasso della Lega su Forza Italia segna un successo indiscutibile del salvinismo. La campagna centrale per la cacciata degli immigrati (“prima gli italiani”), combinandosi con l'impegno ad abolire la legge Fornero, ha connotato un richiamo politico fortemente caratterizzato capace di polarizzare attorno a sé un blocco sociale reazionario molto eterogeneo. I risultati della Lega nel Sud incoraggiano a loro volta la nuova linea della Lega nazionale. Parallelamente, la sconfitta di Forza Italia, che fallisce il recupero sulla Lega nei collegi del Sud a vantaggio del M5S, va molto al di là del dato elettorale e può sancire il tramonto politico definitivo del berlusconismo, ridisegnando in prospettiva la stessa geografia del centrodestra.


LA SCONFITTA DELLA SINISTRA 

La sinistra, nel suo insieme, esce pesantemente sconfitta dalla prova elettorale.

Liberi e Uguali ha totalmente fallito l'obiettivo di ricomposizione attorno a sé del popolo della sinistra. Prima una scissione del PD molto tardiva e senza riconoscibilità sociale, poi una campagna elettorale attorno a Grasso giocata su una disponibilità alla ricollocazione di governo assieme al PD (e addirittura a Berlusconi) hanno portato LeU in un vicolo cieco. La soglia del 3,3% sancisce una disfatta che mina alla radice non solo il progetto dichiarato di costruzione del nuovo partito della sinistra, ma la stessa tenuta dell'aggregazione.
L'aggregazione riformista di Potere al Popolo (Je so' Pazzo, Rifondazione Comunista, PCI, Eurostop...) manca largamente l'obiettivo massimo del 3%, e anche l'obiettivo intermedio del 2%, attestandosi attorno all'1,12%. Nonostante il relativo successo di immagine in un bacino ristretto di avanguardia, la recita di un movimentismo antagonista in assenza di un movimento reale non è riuscita a capitalizzare lo spazio a sinistra di LeU se non in misura modesta. In ogni caso PaP è e resta segnato da un'assenza di progetto generale che vada al di là della raccolta di rivendicazioni immediate. Peraltro il commento entusiastico del dato elettorale («siamo contentissimi», ha dichiarato Viola Carofalo) sembra rimuovere non solo la realtà del voto conseguito da PaP rispetto alle ambizioni dichiarate, ma il pessimo scenario politico generale.
Il PC stalinista di Marco Rizzo, di impronta nordcoreana, ha investito nel nostalgismo del vecchio PCI (“il Partito Comunista è tornato”) con una pronunciata caratterizzazione di partito, conseguendo un risultato non disprezzabile (0,32, con presenza nel solo 60% del paese). Ma si tratta di un fenomeno d'immagine autocentrato, senza linea e proposta di massa, attorno all'immagine pubblica del segretario, con diversi elementi politicamente equivoci (ad esempio sull'antifascismo, sui migranti, sui diritti civili...) emersi durante la stessa campagna elettorale, e mirati volutamente ad ammiccare ad un elettorato “trasversale”.


“PER UNA SINISTRA RIVOLUZIONARIA”. UN RISULTATO MOLTO NEGATIVO E LA CONFERMA DELLE NOSTRE RAGIONI 

La lista “Per una sinistra rivoluzionaria”, che il PCL ha promosso assieme ai compagni e alle compagne di Sinistra Classe Rivoluzione, ha registrato un risultato molto negativo (0,12 al Senato, 0,08 alla Camera, corrispondente a un bacino di circa lo 0,15, vista la presenza solo nella metà del paese). Da rivoluzionari non rimuoviamo la realtà, né vogliamo abbellirla. Siamo stati in questa campagna elettorale l'unica reale presenza anticapitalista, classista, internazionalista. Molti fattori congiunti hanno militato contro di noi: uno scenario generale di deriva reazionaria segnato dall'arretramento profondo della coscienza politica della classe, la concorrenza inedita di tre formazioni a sinistra del PD molto più equipaggiate di noi in termini di forza organizzata o proiezione pubblica, un simbolo elettorale e un nome della lista con l'esplicito riferimento alla "sinistra" in assenza di una chiara connotazione comunista legato all'accordo tra i soggetti componenti il cartello. A tutto questo si è aggiunta una riduzione degli spazi mediatici d'accesso maggiore che in passato, senza paragone con altri soggetti concorrenti. L'insieme di questi fattori ha concorso a un risultato obiettivamente pessimo, ma non ne sono l’unica motivazione.

Ma da marxisti rivoluzionari non ci facciamo certo demotivare da un risultato elettorale. Naturalmente nei prossimi giorni, a partire dai nostri organismi dirigenti, faremo un'analisi approfondita del voto e un bilancio politico. Ma i risultati elettorali non sono mai la misura delle ragioni, quanto il riflesso di uno scenario dato e dei relativi rapporti di forza. Mentre tutte le ragioni che abbiamo sostenuto nella stessa campagna elettorale, e che più in generale sono alla base del nostro intervento di classe, continuano a corrispondere alla realtà delle cose. Su due terreni complementari.

In primo luogo, la situazione sancita dal voto del 4 marzo conferma una volta di più che solo una irruzione del movimento operaio sul terreno della lotta di classe potrà segnare una svolta reale e aprire dal basso un nuovo scenario politico. Senza la ripresa di un'opposizione sociale di classe e di massa che scomponga i blocchi sociali reazionari e segni nuovi rapporti di forza, l'intera situazione politica continuerà ad avvitarsi lungo la china in atto. È la dinamica di questi anni che il voto ha registrato. Non ci sono scorciatoie politiciste o marchingegni elettorali che possano aggirare questa verità.

Parallelamente, proprio il profondo arretramento della coscienza politica della classe lavoratrice, che i risultati elettorali confermano clamorosamente, ripropone la necessità di costruire controcorrente il partito rivoluzionario, cioè quell'organizzazione dell'avanguardia che porta la coscienza nella classe, contrasta i suoi pregiudizi, combatte i seminatori di vecchie e nuove illusioni, riconduce ogni esperienza alla necessità della rivoluzione e di un governo dei lavoratori. Ogni rimozione della centralità della costruzione del partito d'avanguardia come portatore di coscienza è smentita ancora una volta proprio dal voto del 4 marzo.


COSTRUIRE IL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

Se il risultato elettorale del 4 marzo è pessimo per il movimento operaio, è ben lungi dall'aver risolto i problemi della borghesia. Il padronato è forte nei luoghi di lavoro, e certo capitalizzerà su quel terreno anche l'esito del voto. Ma il voto del 4 marzo segna anche un nuovo passaggio della crisi di governabilità borghese. La Seconda repubblica del vecchio bipolarismo tra centrodestra e centrosinistra è da tempo tramontata. Ma la Terza repubblica annunciata da Di Maio e dal M5S quale nuovo pilastro politico e istituzionale è ancora lontana dall'essere realizzata. E Salvini non sembra disporre ad oggi dei numeri necessari per formare attorno a sé un nuovo governo di centrodestra. Chi dunque si intesterà nel nuovo quadro i nuovi programmi di austerità imposti dal capitale finanziario (e furbescamente rimossi in campagna elettorale da tutti i principali attori)?

Detto questo, nessuna contraddizione borghese, nessuna dinamica obiettiva degli avvenimenti, porterà una soluzione progressiva della crisi italiana senza l'irruzione nella lotta della classe lavoratrice e l'affermazione di una sua nuova direzione. Questo è il punto decisivo. Sono le ragioni del Partito Comunista dei Lavoratori e della sua costruzione quotidiana.

Tanti nuovi compagni e compagne hanno preso contatto con il nostro partito durante la campagna elettorale, come alcune realtà di classe di avanguardia a livello di fabbrica. Il nostro difficile lavoro controcorrente di costruzione e radicamento continuerà, nell'interesse obiettivo del movimento dei lavoratori e dell'unica possibile soluzione alternativa: una soluzione anticapitalista e rivoluzionaria.
Partito Comunista dei Lavoratori

Liberi e Uguali... agli altri?

  
La lista Liberi e Uguali si presenta come “la sinistra” rediviva. Curioso. Il suo candidato di punta, Pietro Grasso, è un corpo estraneo alla storia della sinistra. I suoi gruppi dirigenti (D'Alema, Bersani...) sono gli stessi che sciolsero il principale partito della sinistra, il PCI, per legittimare la propria corsa al governo agli occhi del capitale finanziario. I governi di centrosinistra che guidarono negli anni '90 (Prodi, D'Alema, Amato) sono gli stessi che realizzarono la precarizzazione del lavoro, la demolizione del vecchio sistema pensionistico, l'equiparazione tra scuola pubblica e privata, il record delle privatizzazioni in Europa, il bombardamento “umanitario” di Belgrado. I governi che hanno appoggiato in anni recenti (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni) sono gli stessi che hanno varato la legge Fornero e distrutto l'articolo 18.
Sarebbe questa la sinistra finalmente scoperta?

Nessuno dica che si tratta di responsabilità del passato e che bisogna guardare al futuro. Perché il progetto futuro di Bersani e D'Alema ricalca di fatto le orme del passato. Non a caso ancor prima del voto Bersani, D'Alema, Grasso hanno candidato pubblicamente LeU ad entrare in un cosiddetto governo del Presidente, a garanzia della governabilità. Garanzia per chi? Per i mercati finanziari, le grandi imprese, le grandi banche, l'establishment europeo. Gli stessi che Bersani e D'Alema hanno servito ossequiosamente negli ultimi decenni. Governo con chi? Con il PD, o con chi Mattarella dovesse indicare, e i numeri parlamentari consentire. “Non lasceremo l'Italia allo sbando”, assicurano compunti. È la continuità di sempre: un personale politico in servizio permanente per la borghesia italiana, che chiede il voto dei lavoratori per prostrarsi ai piedi dei loro avversari.

D'Alema e Bersani hanno un solo vero obiettivo: disfarsi del renzismo che li ha emarginati per ricomporre il vecchio caro centrosinistra. Hanno rotto col PD, dopo aver votato le sue peggiori misure antioperaie, proprio per ricomporre l'alleanza col PD. Senza peraltro escludere neppure il proprio ritorno diretto in un PD liberato da Renzi.
Di più. L'ansia di rientrare nel gioco politico di governo è tale che LeU si lascia aperta ogni porta, inclusa la possibilità di negoziare il governo col reazionario Movimento 5 Stelle. Un partito per ogni governo, questo è LeU.
Sconcertante in questo quadro la capitolazione di Sinistra Italiana (Fratoianni) a Bersani e D'Alema. Dopo aver celebrato il proprio congresso all'insegna del respingimento del centrosinistra, sono finiti a servire la messa annunciata dell'ennesimo centrosinistra, o addirittura di un governo di salute pubblica. Un eterno gioco dell'oca che inganna e colpisce i lavoratori da decenni, e che ha spianato la strada alle destre peggiori.
Perché dunque un lavoratore o una lavoratrice che cerca un reale riferimento a sinistra dovrebbe affidarsi ancora una volta a Bersani e D'Alema, e ai loro reggicoda?

Ma un'alternativa a sinistra di Liberi e Uguali non può essere Potere al Popolo. Non può essere un accrocchio guidato nei fatti da quello stesso PRC che con Bersani e D'Alema ha governato per cinque anni negli ultimi venti, e che oggi rifiuta di rompere col governo Tsipras persino nel momento delle sue leggi antisciopero. Né certo può essere il PC di Marco Rizzo, che nella maggioranza di governo è stato più di ogni altro, prima con Bertinotti poi con Cossutta, votando Pacchetto Treu e guerra nei Balcani.

L'unica vera alternativa è quella che è sempre stata dalla parte dei lavoratori, perché persegue da sempre un progetto di rivoluzione. È l'alternativa di “Per una sinistra rivoluzionaria”, l'unica di cui ci si può fidare.
Partito Comunista dei Lavoratori

Per una sinistra rivoluzionaria. Il nostro programma


IL PROGRAMMA PER UNA SINISTRA RIVOLUZIONARIA


Siamo entrati nel decimo anno dall’inizio della crisi economica. Renzi, Gentiloni, Padoan e Draghi ci dicono che la crisi è oramai finita, ma le cose non stanno realmente così. La ripresa italiana è la più bassa in Europa, il nostro Pil è ancora ben lontano dai livelli pre-crisi e in questi anni è andato perduto il 25% della capacità produttiva del paese.La crisi però non ha colpito tutti allo stesso modo in questi dieci anni. Da una parte sono aumentati i disoccupati, i salari sono crollati, il lavoro si è precarizzato e molti piccoli commercianti sono stati costretti a chiudere; dall’altra le grandi aziende, le multinazionali e i gruppi finanziari hanno fatto profitti favolosi e i top manager hanno incassato compensi d’oro spropositati. Tutti i dati confermano che la disuguaglianza sociale non è mai stata così alta. Eppure tutte le forze dell’arco parlamentare italiano non fanno altro che tutelare gli interessi di questa elite economica. Basti pensare a come tutti i leader politici, Salvini e Di Maio compresi, sono andati a scodinzolare al convegno di Cernobbio, che riunisce ogni anno il gotha dell’alta finanza. Oppure basta ricordarsi di come tutti i governi dagli anni 90’ ad oggi non abbiano fatto altro che tagliare i finanziamenti ai servizi sociali che riguardano tutti (sanità, pensioni, scuola, ricerca…) per drenare quattrini a favore delle grandi imprese sotto le forme più svariate (incentivi economici, sgravi fiscali, investimenti pubblici, privatizzazioni…).

Tutto questo è inaccettabile ed è durato fin troppo. È ora di una rivoluzione, che rovesci completamente questo sistema politico-economico in cui i diritti, i bisogni e le aspirazioni dei tanti sono calpestati in nome dei super-profitti di pochi. Fino ad oggi hanno governato i banchieri, gli speculatori, i faccendieri… proprio quelli che la crisi l’hanno provocata. È ora che al governo vadano i lavoratori, che invece finora la crisi l’hanno pagata. Ci hanno sempre detto che non ci sono le risorse per una politica diversa, per una politica a favore delle classi popolari. Ma in realtà queste risorse ci sono, il problema è che sono concentrate nelle mani di una ristretta minoranza. È lì che dobbiamo andare a prenderle per metterle a disposizione della società nel suo complesso. Finché non faremo questo, non ci sarà mai un vero cambiamento.


NO AL PAGAMENTO DEL DEBITO


Qualsiasi governo voglia davvero prendere misure a sostegno dei lavoratori, dei disoccupati e dei pensionati si troverà innanzitutto di fronte all’ostacolo rappresentato dall’Unione Europea e dal pagamento degli interessi sul debito pubblico. Le istituzioni europee in questi anni non hanno fatto altro che imporre in modo inflessibile le più spietate politiche di austerità, proprio per far rispettare il pagamento del debito.


È bene ricordare che il debito dello Stato italiano è stato contratto solo in minima parte da famiglie e piccoli risparmiatori, mentre il grosso è nelle mani di banche, assicurazioni e fondi d’investimento, sia nazionali che internazionali. Di fatto ci hanno spremuto con le politiche di lacrime e sangue solo ed esclusivamente per garantire la remunerazione del grande capitale finanziario.

Di fronte a questa vergogna, tutte le forze politiche si limitano a parlare di “avviare trattative con le istituzioni europee”, ma il caso della Grecia ci ha insegnato che la Trojka non è disponibile a fare la minima concessione, a costo di trascinare un intero paese nella miseria più nera. Non è possibile fare politiche di spesa sociale e allo stesso tempo restare all’interno dei parametri di questa Unione Europea.


  • Abolizione del pareggio di bilancio nella Costituzione.

  • Rifiuto del pagamento del debito, tranne che ai piccoli risparmiatori.

  • Rottura unilaterale dei trattati europei, NO all’Unione europea capitalista.

PER LA NAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA BANCARIO


Mentre l’Istat ci dice che 18 milioni di italiani sono a rischio povertà, il governo ha stanziato la bellezza di 26 miliardi di euro per salvare le banche venete e il Monte dei Paschi di Siena. E questo potrebbe essere solo l’inizio, visto che l’intero sistema bancario italiano è in sofferenza a causa dell’alto numero di crediti deteriorati.


Anche la Banca Centrale Europea ha pompato liquidità a piene mani sui mercati finanziari per tenere a galla le banche. Il conto di questo fiume di denaro è stato presentato alle popolazioni dei vari paesi europei attraverso le politiche di austerità.


In pratica tutti i sacrifici che ci hanno imposto sono serviti per consentire alle banche di mantenere alto il livello dei profitti, proseguire nelle loro speculazioni azzardate e premiare i manager responsabili del dissesto con liquidazioni a sei zeri.


  • Nazionalizzazione del sistema bancario, senza indennizzo per i grandi azionisti e con garanzia pubblica per i depositi dei piccoli risparmiatori.

  • Creazione di un’unica grande banca pubblica nazionale, in grado di mettere in campo gli investimenti necessari a rilanciare l’economia.

LA LOTTA ALLA DISOCCUPAZIONE E LA DIFESA DEL SALARIO


I governi in questi anni hanno trovato un modo molto originale per combattere la disoccupazione: consentire alle aziende di licenziare più facilmente, sia con il Jobs Act che con i contratti precari. Il risultato è che i posti i lavoro non sono aumentati, ma sono diminuiti. In Italia ci sono oggi più di 3 milioni di disoccupati e tutti i nuovi contratti sono a termine.


Peraltro la disoccupazione è stata trasformata in un business: gli uffici pubblici di collocamento sono stati sostituiti da agenzie interinali private e i corsi di formazione per i disoccupati sono serviti solo per incassare i fondi europei.


Anche chi un lavoro ce l’ha, ha visto ridurre drasticamente il potere d’acquisto del suo stipendio. I salari italiani sono tra i più bassi d’Europa. Tanti, pur di lavorare, hanno accettato condizioni di lavoro sempre peggiori. Giornate di lavoro di 10-12 ore, lavoro domenicale, finte partite iva, corrieri pagati a consegna… fino al lavoro nero e al caporalato.


Siamo arrivati al paradosso del lavoro gratuito: il sociologo Domenico De Masi, tenuto in grande considerazione dal Movimento 5 Stelle, sostiene che per ridurre la disoccupazione, i disoccupati dovrebbero lavorare gratis…


Tutto questo deve essere completamente ribaltato. Per aumentare l’occupazione innanzitutto bisogna che chi ha un lavoro non lo perda; in secondo luogo il lavoro disponibile deve essere distribuito tra tutti attraverso la riduzione dell’orario di lavoro. Inoltre ai lavoratori e ai disoccupati devono essere riconosciuti i mezzi necessari per vivere dignitosamente.


  • Abolizione del Jobs Act, ripristino dell’art. 18 e sua estensione a tutti i lavoratori dipendenti. Nessuno deve essere licenziato senza giusta causa.

  • Trasformazione dei contratti precari in contratti a tempo indeterminato.

  • Salario minimo intercategoriale fissato per legge, non inferiore ai 1.400 euro mensili.

  • Una nuova scala mobile che indicizzi tutti i salari all’inflazione reale.

  • Salario garantito ai disoccupati pari all’80% del salario minimo.

  • Riduzione dell’orario di lavoro a un massimo di 32 ore settimanali a parità di salario.

  • Abolizione delle agenzie interinali e ritorno al collocamento pubblico.

  • Contrasto frontale al lavoro nero, le aziende che ne fanno uso devono essere espropriate.

UN’ECONOMIA SOTTO IL CONTROLLO DEI LAVORATORI

Ci hanno sempre raccontato che “il privato funziona meglio”, eppure la crisi ha completamente sfatato questo mito. Guardiamo a cosa hanno portato le privatizzazioni: aumento generalizzato di prezzi e tariffe, peggioramento complessivo dei servizi ai cittadini e peggioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti delle aziende privatizzate. Le privatizzazioni e le esternalizzazioni hanno inoltre aperto la strada, attraverso il sistema degli appalti e dei sub-appalti, alle infiltrazioni della criminalità organizzata in una serie di settori, come quello dei rifiuti.
Ancora più desolante è il panorama delle infinite crisi industriali. Non si contano le imprese che, nonostante gli aiuti pubblici, hanno chiuso, licenziato e delocalizzato all’estero per risparmiare sulla manodopera.


In questi casi la soluzione non può essere “l’intervento pubblico”, che in Italia va sempre a finire allo stesso modo: lo Stato ci mette i soldi, ma la gestione e i profitti rimangono nelle mani dei privati. È invece necessario rimettere in discussione la proprietà e la gestione private di una serie di attività economiche. Questo è ancor più vero nel campo dei servizi essenziali per la collettività (energia, acqua, trasporti, telecomunicazioni…), che per la loro stessa natura non possono essere impostati sulla logica del profitto.


Non si tratta solo di nazionalizzazioni, ma di controllo dei lavoratori sulla produzione. Nelle grandi aziende “la proprietà” non ha alcun ruolo attivo: si tratta di cordate di grandi azionisti, che si limitano a nominare il management e intascarsi i dividendi in modo totalmente parassitario. La gestione delle imprese deve essere affidata agli operai, agli impiegati e ai tecnici che ci lavorano ogni giorno, che le conoscono in modo approfondito e che le fanno funzionare concretamente.
Aziende dirette da un comitato democraticamente eletto da tutti i lavoratori, senza il fardello degli utili agli azionisti e dei bonus milionari ai manager, potranno funzionare molto meglio di prima.


  • Esproprio di tutte le aziende che chiudono, licenziano e delocalizzano.

  • Nazionalizzazione di tutte le aziende privatizzate.

  • Nazionalizzazione dei grandi gruppi industriali, senza indennizzo eccetto che per i piccoli azionisti.

  • Nazionalizzazione delle reti di trasporti, telecomunicazioni, energia, acqua e ciclo dei rifiuti.

  • Tutte le azienda nazionalizzate siano poste sotto il controllo e la gestione dei lavoratori.


PENSIONI PUBBLICHE E DIGNITOSE PER TUTTI


Viviamo in un mondo paradossale, dove tutto funziona all’incontrario. Da una parte abbiamo la disoccupazione giovanile al 35% e dall’altra riforme che continuano ad alzare l’età pensionabile. Così ci sono i giovani che non trovano lavoro e allo stesso tempo gli anziani che sono costretti a continuare a lavorare.


Si dice che questo è necessario per i conti dell’Inps. In realtà le casse dei lavoratori dipendenti sono sostanzialmente in pareggio. Il problema è che sono a carico dell’Inps una gran quantità di spese che niente hanno a che fare con le pensioni. È il caso degli ammortizzatori sociali, ma anche della decontribuzione fiscale sulle nuove assunzioni regalata da Renzi agli imprenditori assieme al Jobs Act.
Se vogliamo creare lavoro per i giovani, cominciamo mandando in pensione chi ha già lavorato tutta una vita.

  • Abolizione della legge Fornero.

  • In pensione con 35 anni di lavoro o 60 anni di età.

  • Pensione pari all’80% dell’ultimo salario e comunque non inferiore al salario minimo.

PER UN SISTEMA SANITARIO UNIVERSALE E GRATUITO


Anni di tagli hanno devastato il sistema sanitario nazionale. Negli ospedali mancano i fondi, c’è carenza di personale e le apparecchiature non sono adeguate.

Il processo di privatizzazione ha poi portato a una divisione di classe tra pazienti di serie A, che possono permettersi di pagare le prestazioni e hanno una corsa preferenziale, e pazienti di serie B, che invece devono aspettare mesi per un esame, spesso all’interno della stessa struttura.

  • Raddoppio immediato dei fondi destinati alla sanità.

  • Abolizione di ogni finanziamento alla sanità privata e della pratica privata all’interno delle strutture pubbliche. Per un unico sistema sanitario pubblico e gratuito.

  • Abolizione dei ticket sui medicinali e sulle prestazioni specialistiche.

  • Nazionalizzazione sotto controllo dei lavoratori dell’industria farmaceutica.

  • Difesa dei piccoli presidi ospedalieri.

PER UN’ISTRUZIONE PUBBLICA, GRATUITA E DEMOCRATICA


Le scuole e le università italiane versano in uno stato pietoso, soprattutto per la mancanza di risorse adeguate. Tutti i costi vengono scaricati sulle famiglie: aumento delle tasse scolastiche e universitarie, contributi extra richiesti alle famiglie, riduzione delle borse di studio… In questo modo il diritto allo studio non è garantito per tutti, tanto più che aumentano i numeri chiusi e i test d’ingresso.
Il governo Renzi ha peggiorato una situazione già compromessa. Con la riforma della “Buona Scuola” le scuole sono state trasformate in aziende in concorrenza tra loro. Con l’alternanza scuola-lavoro, utilizzando la scusa di “formare i giovani”, gli studenti vanno a fornire manodopera gratuita alle aziende e l’unica cosa che imparano è ad essere sfruttati.


  • Abolizione della Buona Scuola e dell’alternanza scuola-lavoro

  • Raddoppio dei fondi destinati alla pubblica istruzione. No a qualsiasi finanziamento alle scuole private.

  • Per un piano nazionale di edilizia scolastica.

  • No al numero chiuso e ai test d’ingresso nelle università e nelle scuole.

  • No ai contributi delle famiglie alle spese scolastiche. La scuola pubblica deve essere gratuita.

  • Per una scuola pubblica, laica e gratuita per tutti.

PER L’UNITA’ TRA LAVORATORI ITALIANI E IMMIGRATI


Ci vogliono far credere che la colpa di tutti i mali – dalla disoccupazione ai tagli dei servizi sociali, dal degrado delle periferie al problema casa – sia degli immigrati. Tutti i partiti fanno a gara a chi adotta la posizione più razzista e repressiva sul tema dell’immigrazione. In questa competizione disgustosa il ministro Minniti si è aggiudicato il primo premio, appaltando la gestione dei profughi alle bande di tagliagole libici, in totale dispregio dei diritti umani.


Ogni menzogna è buona per alimentare il clima d’odio contro gli stranieri. La balla più clamorosa è quella per cui gli immigrati ricevono soldi dallo Stato, quando in realtà i fondi pubblici vengono intascati dai privati che gestiscono i centri di accoglienza, dove i migranti sono reclusi in condizioni disumane.


In realtà oggi in Italia gli immigrati rappresentano una parte importante della classe lavoratrice in molti settori, dall’edilizia alla logistica, dalla manifattura all’assistenza sanitaria. Ogni legge che discrimina gli immigrati non fa altro che indebolire i lavoratori nel loro complesso e alimentare una guerra tra poveri, utile solo a chi vuole mantenere l’attuale sistema di potere.


  • Abolizione del decreto Minniti, della Bossi-Fini e di tutte le leggi che discriminano gli immigrati.

  • Abolizione del reato di immigrazione clandestina.

  • Diritto di voto per chi risiede in Italia da un anno.

  • Cittadinanza dopo 3 anni per chi ne faccia richiesta.

  • Cittadinanza italiana per tutti i nati in Italia.

LA LOTTA PER I DIRITTI DELLE DONNE


Tutte le forze politiche oggi fanno un gran parlare di violenza sulle donne, discriminazioni di genere, di abusi sessuali… ma nei fatti quale assistenza ricevono le donne in difficoltà dallo Stato? I consultori pubblici sono stati in gran parte smantellati. L’assistenza dei parenti anziani ricade interamente sulle famiglie. Persino il diritto all’aborto è messo in discussione dall’obiezione di coscienza dei medici, che raggiunge in media livelli tra il 70 e l’80%.


Dietro la retorica “rosa” a buon mercato la realtà è che, con il peggioramento della legislazione sul lavoro e i tagli ai servizi, è peggiorata anche la condizione delle donne. Di quale diritto alla maternità si può parlare per una lavoratrice precaria o assunta con il Jobs Act? Come potrà resistere alle molestie sessuali del suo datore di lavoro una lavoratrice che rischia di essere licenziata e lasciata in mezzo ad una strada? Come può una donna con figli emanciparsi davvero se non ci sono abbastanza posti negli asili nido pubblici e le rette degli asili privati sono proibitive?


  • Applicazione del pieno diritto all’aborto. Abolizione dell’obiezione di coscienza del personale medico.

  • Ripristino e potenziamento dei consultori pubblici.

  • Rete capillare di asili nido e scuole materne, pubblici e gratuiti, che coprano l’effettivo orario lavorativo.

  • Rete di strutture pubbliche per il sostegno ai parenti anziani.

PER IL RISCATTO DEL MEZZOGIORNO


Durante la crisi il divario tra Nord e Sud si è ulteriormente accentuato. Nel Mezzogiorno il 46% della popolazione è a rischio povertà e la disoccupazione giovanile in certe zone tocca punte del 60%. Nel giro di vent’anni sono emigrati due milioni e mezzo di persone dal Sud.
La presa della criminalità organizzata sul territorio diventa sempre più soffocante. La mafia, camorra e la ‘ndrangheta monopolizzano grandi fette dell’economia e spesso l’intreccio tra amministrazioni pubbliche, gruppi imprenditoriali e organizzazioni criminali è così fitto che è impossibile distinguere tra attività legali e illegali.


  • Piano di investimenti pubblici per il potenziamento dell’industria, delle infrastrutture e dei servizi al Sud.

  • Bonifica immediata dei territori inquinati da rifiuti tossici.

  • Esproprio delle aziende legate alla criminalità organizzata e confisca dei beni dei mafiosi.

LA DIFESA DELL’AMBIENTE


A mettere in pericolo l’ambiente in cui viviamo è soprattutto la logica del profitto. Inquinamento, speculazione edilizia, trivellazioni stanno distruggendo il territorio e la qualità della vita.
Si investono miliardi in grandi opere, come la Tav, che hanno un alto impatto ambientale e sono utili solo per far guadagnare le imprese di costruzione. E intanto le reti periferiche e i trasporti per i pendolari sono in stato di abbandono.


Il territorio, devastato dalla cementificazione selvaggia, è allo stremo: ogni pioggia diventa un’alluvione e ogni scossa sismica una tragedia.


  • Per un piano nazionale di riassetto idro-geologico del territorio.

  • Abbattimento degli eco-mostri e riqualificazione delle aree degradate.

  • Esproprio e riconversione delle aziende che inquinano.

  • No alle grandi opere inutili, per un trasporto pubblico efficiente e gratuito.

RIPRENDIAMOCI I SINDACATI


Durante la crisi i sindacati si sono dimostrate incapaci di contrastare efficacemente l’offensiva padronale. Ogni accordo sindacale non ha fatto altro che ratificare i passi indietro del movimento operaio. La distanza tra le burocrazie sindacali e i lavoratori che dovrebbero rappresentare non è mai stata così forte.


A questo si aggiunga che sono state adottate leggi volte a limitare pesantemente il diritto di sciopero, soprattutto nel pubblico servizio. Anche sul terreno della rappresentanza sindacale, con il Testo Unico del 10 gennaio 2014, si è imposto un giro di vite aumentando il peso degli apparati sindacali a scapito del controllo dal basso da parte dei lavoratori.


Sosteniamo tutte le lotte reali promosse dalle forze sindacali di classe, dentro una battaglia più generale per l’unificazione del movimento operaio.


I lavoratori devono riprendersi i loro sindacati e trasformarli nuovamente in organizzazioni democratiche di lotta, che siano in grado di difendere davvero i loro diritti.


  • Abolizione di tutte le leggi anti-sciopero.

  • Rappresentanze sindacali democratiche, con i soli delegati eletti dai lavoratori.

  • Piena agibilità per tutte le organizzazioni sindacali.

  • I rappresentanti sindacali devono essere revocabili in qualsiasi momento dell’assemblea che li ha eletti.

  • Salario operaio per i funzionari sindacali.

ROVESCIARE UN FISCO CLASSISTA


Si fa un gran parlare di lotta all’evasione, ma senza il minimo risultato concreto. Questo perché il sistema fiscale italiano è strutturato in modo da intrappolare i piccoli e lasciar passare i grandi. Mentre i lavoratori dipendenti vedono una fetta troppo grande della loro busta paga svanire in tasse e i piccoli commercianti sono letteralmente strangolati dalla pressione fiscale, i grandi patrimoni vengono messi al sicuro nei paradisi fiscali.


Tutti i governi si sono ben guardati da andare a toccare le rendite più alte e invece hanno spostato il peso del carico fiscale sui redditi bassi, anche attraverso il continuo innalzamento delle imposte indirette come l’Iva che, essendo slegate dal reddito, colpiscono soprattutto i ceti meno abbienti.


  • Abolizione delle imposte indirette.

  • Tassazione fortemente progressiva, che vada a colpire soprattutto i grandi patrimoni.

  • Esproprio del patrimonio dei grandi evasori fiscali.

LA LOTTA PER I DIRITTI CIVILI E DEMOCRATICI


Non solo siamo costretti ad una quotidianità di disoccupazione, precariato e sfruttamento, ma lo Stato pretende di regolamentare e reprimere in modo bigotto tutti gli altri aspetti della nostra vita, dalle preferenze sessuali alla gestione del tempo libero.

  • Estensione del matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso.

  • La possibilità di adozione deve essere indipendente dalla composizione del nucleo famigliare.

  • Abolizione delle leggi repressive del consumo di stupefacenti e di tutte le misure liberticide sia legali che amministrative (daspo, coprifuoco ecc.) rivolte in particolare contro le forme di socialità libere e non commerciali.

PER IL DIRITTO ALLA CASA


Il problema della casa riguarda un numero di persone sempre più grande. Prezzi, affitti e mutui sono al di fuori della portata di disoccupati e lavoratori precari. Il numero di case popolari è ridotto ai minimi termini e crescono ogni anno gli sfratti, i pignoramenti e le esecuzioni immobiliari. Allo stesso tempo le città sono sempre più cementificate a causa della speculazione edilizia e in tutta Italia ci sono ben 7 milioni di case sfitte, molte di queste appartenenti alle grandi immobiliari.

  • Censimento e riutilizzo di tutte le case sfitte.

  • Esproprio del patrimonio delle grandi immobiliari.

  • Per un piano nazionale di edilizia popolare.

PER LA LAICITA’ DELLO STATO


È inaccettabile che in Italia la Chiesa cattolica eserciti continue ingerenze sui diritti e sulle libertà delle persone. D’altro canto la Chiesa non assolve solo ai suoi compiti “spirituali”, ma è una vera e propria potenza economica, che controlla uno sterminato patrimonio immobiliare, banche e grandi consorzi imprenditoriali come la Compagnia delle Opere. Come se tutto questo non bastasse, la Chiesa gode ancora di consistenti privilegi statali e finanziamenti pubblici.


  • Per la separazione tra Stato e Chiesa.

  • Abolizione del Concordato e dell’8 per mille. Nessun finanziamento pubblico o regime fiscale di favore per le confessioni religiose.

  • Esproprio del patrimonio immobiliare e finanziario della Chiesa e delle sue organizzazioni collaterali.

  • Abolizione dell’ora di insegnamento della religione cattolica nelle scuole.

NO ALL’IMPERIALISMO


Lo Stato italiano non ha i fondi per le scuole e gli ospedali, ma spende miliardi di euro in armamenti e missioni militari all’estero. Le truppe italiane in Iraq, in Libano, etc. non sono lì per portare la pace, ma per tutelare gli interessi economici delle imprese italiane. La proiezione estera delle imprese italiane, a partire dall’Europa dell’Est e dall’Africa, a caccia di materie prime ei di lavoro a basso costo ha un carattere classicamente imperialista.
Mentre Trump apre un focolaio di guerra dopo l’altro dalla Corea alla Palestina, è semplicemente scandaloso ma significativo che l’Italia sia ancora parte della coalizione militare della Nato guidata dall’imperialismo Usa.


  • Drastica riduzione delle spese militari.

  • Ritiro delle missioni militari all’estero.

  • Fuori l’Italia dalla Nato. Chiusura delle basi Nato e americane sul territorio italiano.

PER IL GOVERNO DEI LAVORATORI


Il sistema di democrazia parlamentare in Italia è marcio. Il parlamento non è più simbolo di “sovranità e rappresentanza popolare”, ma sinonimo di privilegi, scandali e corruzione.
Tutto si riduce ad una finzione. Ogni cinque anni ci chiamano a votare, ma tanto il programma di governo è già scritto dalle banche, dalla Confindustria e dalle istituzione europee. Tutte le decisioni fondamentali vengono prese da una potente burocrazia statale che nessuno ha eletto: banche centrali, dirigenti dei ministeri, enti amministrativi, commissioni di esperti, garanti, magistrati, prefetti…
La risposta a questa crisi politica non è quella di “riavvicinare i cittadini” a queste vecchie istituzioni screditate in nome di una falsa democrazia. Bisogna invece creare nuove istituzioni, in grado di rappresentare davvero i giovani, i lavoratori, i disoccupati e i pensionati.
Serve una democrazia dei lavoratori, fatta di consigli di delegati eletti nei luoghi di lavoro e di studio, di comitati nei quartieri popolari, di assemblee popolari cittadine. La vecchia burocrazia statale deve essere smantellata e il controllo dei lavoratori deve essere esteso a tutti i rami della vita pubblica.


  • Eleggibilità e revocabilità di tutte le cariche pubbliche.

  • Un tetto alla retribuzione delle cariche pubbliche, che corrisponda allo stipendio medio di un lavoratore qualificato.

  • Controllo dei lavoratori a tutti i livelli della pubblica amministrazione.

UNA PROSPETTIVA INTERNAZIONALISTA


Questo programma entra apertamente in contrasto con tutte le compatibilità del sistema capitalista. D’altronde il capitalismo ha dimostrato di essere un sistema che funziona solo per una ristretta minoranza, ma non è in grado di risolvere i problemi delle grandi masse.
Il nostro modello non è certo il “socialismo reale” che esisteva nei paesi dell’est, dove tutto era deciso dall’alto da un’onnipotente burocrazia statale e i diritti politici dei lavoratori erano calpestati. Il socialismo per cui ci battiamo è quello in cui le principali leve dell’economia non sono nelle mani di un’oligarchia parassitaria, ma appartengono a tutti e il loro utilizzo viene pianificato democraticamente attraverso il controllo dei lavoratori.
Questo programma non può essere realizzato su scala nazionale, non vogliamo isolare l’Italia dal resto del mondo. Siamo anzi convinti che se ci mettessimo con decisione su questa strada rivoluzionaria, offrendo finalmente un’alternativa all’austerità senza fine dell’Unione Europea, saremmo seguiti dalle classi lavoratrici di un paese europeo dopo l’altro.
Solo così si potrebbe ricreare la base per un’unità genuina tra le nazioni europee, attraverso una federazione volontaria costruita su basi economiche completamente nuove.


  • Per la federazione socialista d’Europa

Intervista a Marco Ferrando


da Radio Radicale
23 Gennaio 2018
Intervista a Marco Ferrando, portavoce del PCL e candidato nella lista "Per una sinistra rivoluzionaria", rilasciata a Radio Radicale per la trasmissione Filo diretto del 22 gennaio. Nell'ambito dell'intervista si è avuto uno scambio diretto di opinioni con gli ascoltatori, che hanno rivolto domande sui vari temi riguardanti il programma elettorale e l'attualità politica nazionale e internazionale.

Per ascoltare l’intervista avvia il player qui sotto

Elezioni e destre neofasciste: daremo battaglia anche nella tribuna elettorale


Affrontare minacce e aggressioni con un programma anticapitalista e di classe e con l'autodifesa militante!

Mentre i governi del PD si adoperano a mettere in pratica le leggi "razziali" Minniti-Orlando, contro migranti e poveri, e le aggressioni imperialistiche in Medio Oriente e Africa, passate presenti e future (Iraq, Afghanistan, Bosnia, Kossovo, Libia, Niger), in territorio italiano si sviluppa su questo brodo di coltura il radicamento delle forze politiche neofasciste.
Radicamento che si lascia appresso una scia di misfatti, minacce, intimidazioni e aggressioni fisiche in continua crescita quantitativa e qualitativa, attivando peraltro una macabra spirale concorrenziale tra i vari soggetti in campo di questa galassia reazionaria: CasaPound, Forza Nuova, Lealtà e Azione, Fronte Veneto Skinhead, Generazione Identitaria, Fiamma Tricolore etc.

Come al solito si confermano, nella prassi degli obiettivi di questi atti, le finalità di queste organizzazioni. Così, colpendo migranti e profughi, fanno leva sulla concorrenza interna alla classe proletaria per ricostruire un irregimentazione delle masse sfruttate nella prospettiva nazionalistica, imperialistica, razzista che accompagna i timori e le aspirazioni di una piccola borghesia in difficoltà e di un ceto medio impoverito e terrorizzato, tanto dalla gran massa di povertà quanto dal grande capitale finanziario e industriale, a cui poi finisce per asservirsi.
Allo stesso tempo si colpiscono i sindacalisti più combattivi, i militanti della sinistra e in particolare di quella antagonista, anticapitalista, rivoluzionaria – come nel caso della nostra compagna e ex candidata a sindaco per Genova Cinzia Ronzitti, attualmente RSU CGIL-FILCAMS impegnata nella vertenza contro la chiusura de La Rinascente – ossia le realtà che più di tutte possono incarnare la reale prospettiva per le masse sfruttate e oppresse, per la classe lavoratrice nel suo complesso e internazionalmente.

Le elezioni politiche si avvicinano, e queste organizzazioni neofasciste cominceranno – e in parte già hanno cominciato – a cercare atti eclatanti, provocazioni, nuove azioni squadriste per lanciare le proprie candidature, liste e organizzazioni.
Una delle prime realtà ad annunciare la propria presenza elettorale sarà proprio CasaPound, con il proprio neosegretario e candidato premier Simone Di Stefano. La stessa CasaPound che ha già macinato notevoli risultati elettorali come il 9% a Ostia, il terzo posizionamento a Lucca, l'elezioni di svariati consiglieri comunali e di municipio, l'adesione formale del sindaco del comune di Trenzano (BS). CPI è tra le realtà più attive e coinvolte nelle aggressioni – di CasaPound erano gli squadristi che tentarono l'atto intimidatorio alla festa genovese del PCL aggredendo la compagna Ronzitti; sempre di CasaPound era Gianluca Casseri, il militante che ammazzò a Firenze Samb Modou, Diop Mor e ferì gravemente Moustapha Dieng.

È ragione di maggior attenzione, decisione e determinazione la presenza alle elezioni di una forza coerentemente antifascista, nel pieno significato che assume quel termine, che deve riassumere in sé la necessità di contrastare le organizzazioni e le ideologie, così come quelle delle forze politiche dominanti che vi danno copertura e che se ne fanno strumento, accompagnando un'aspra battaglia e un duro lavoro per la costruzione di un programma che unisca tutta la classe lavoratrice, senza distinzioni di nazionalità, etnia, religione, orientamento sessuale e genere, in un fronte unico di classe e di massa contro i responsabili della macelleria sociale di cui siamo vittime: le borghesie nazionali e internazionali e i governi, espressione delle tendenze dominanti entro le prime.

Il Partito Comunista dei Lavoratori, dentro il cartello della lista "Per una sinistra rivoluzionaria", si candida a portare avanti questo programma e a contrastare queste organizzazioni su ogni terreno – nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nei quartieri e anche nelle tribune elettorali – senza mediazioni o titubanze. In questo quindi, invitiamo tutte le organizzazioni della sinistra, tutte le organizzazioni sindacali, tutti i centri sociali, le associazioni locali e nazionali – come l'ANPI e l'ARCI - tutti i militanti e gli attivisti sinceramente antifascisti alla massima attenzione e alla salvaguardia di tutti i compagni e le compagne che in questa campagna elettorale si esporranno sotto le insegne dell'antifascismo e dell'anticapitalismo. Farlo costruendo mobilitazioni, organizzando l'autodifesa militante di scioperi, cortei e comizi, e sviluppando un piano di propaganda e intervento che riduca gli spazi di agibilità di queste organizzazioni dando slancio all'unica reale alternativa per gli sfruttati e gli oppressi: la rivoluzione per il governo dei lavoratori e delle lavoratrici e l'instaurazione del socialismo su scala internazionale, partendo dagli Stati uniti socialisti d'Europa.
Partito Comunista dei Lavoratori

Sostieni e firma "PER UNA SINISTRA RIVOLUZIONARIA"

Per sostenere e firmare la lista "PER UNA SINISTRA RIVOLUZIONARIA"
ti aspettiamo:

    • 15/01 ore 15-21 via S. Donato 87 c/o COOP
    • 16/01 ore 08-14 piazza Liber Paradisus (fronte scalinata)
    • 16/01 ore 08-14 Piazza Capitini int. mercato post. 21
    • 17/01 ore 15-21 via della Barca 57 c/o COOP
    • 18/01 ore 15-21 via M.E.Lepido 186 c/o fermata bus
    • 19/01 ore 15-21 via del Pratello 63
    • 20/01 ore 15-21 via del Pratello 52

      ll capitalismo prosegue la propria offensiva contro le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori e della maggioranza della società. Da decenni, ormai, dentro la zona euro e fuori di essa. 
      La necessità di una sinistra, che si batta contro il capitalismo senza alcuna illusione riformista, è riproposta tanto più oggi dall'intera situazione politica e sociale. 
      In Italia, come nel resto d’Europa, le sinistre riformiste, politiche ( da Syriza a Podemos) e sindacali, sono state incapaci di resistere e spesso hanno favorito lo smantellamento delle conquiste dei lavoratori. 
      Per questo il Partito Comunista dei Lavoratori e Sinistra Classe Rivoluzione hanno dato vita ad una lista anticapitalista, rivoluzionaria, comunista, classista e internazionalista
      Una lista che lotti contro l’austerità, contro l’Unione Europea capitalista e per un programma di trasformazione rivoluzionaria della società
      Una lista che ponga al centro la classe operaia e attorno ad essa tutto il mondo del lavoro, i disoccupati, i precari, gli immigrati, le donne, gli omosessuali e le lesbiche, i generi e le minoranze discriminate, insomma tutti gli oppressi.
      Una lista che si batta per la prospettiva di un governo dei lavoratori e delle lavoratrici che decida subito:
      contro le privatizzazioni e invece per le nazionalizzazioni sotto controllo dei lavoratori; la cancellazione delle leggi sulla precarietà – dal pacchetto Treu al Jobs Act - e dello smantellamento delle pensioni (a cominciare dall’aumento dell’età pensionabile); la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario; per il salario ai disoccupati e a chi è in cerca di prima occupazione; per le case popolari e la riqualificazione del territorio - in contrasto alle grandi speculazioni; per i servizi pubblici universali e gratuiti - scuola, trasporto, sanità, servizi etc.; la nazionalizzazione delle banche, l’annullamento del debito pubblico e la rottura del Fiscal Compact; il permesso di soggiorno per i migranti, la rottura del ricatto e per un sistema di accoglienza fondato sui diritti sociali, economici e civili, per l'apertura di canali umanitari; l'opposizione alle guerre imperialiste; l'esproprio senza indennizzo e sotto controllo operaio sia delle aziende dei grandi capitali multinazionali che dei capitalisti nazionali (ad es. l’Ilva);
      Una lista internazionalista, fuori e contro ogni forma di sovranismo; che si batta per i diritti di autodeterminazione di ogni nazionalità oppressa (ad es. la Catalogna); che si batta per l’unificazione dell'Europa in una federazione di stati socialisti. 
      La nostra si configurerà come l’unica lista basata su un reale programma anticapitalista e rivoluzionario perché dall’inizio della crisi abbiamo visto una serie di governi (Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni) responsabili delle peggiori politiche antipopolari di questi decenni, a cui hanno collaborato tanto la destra quanto il centrosinistra, comprese quelle forze che dopo aver rotto all’ultimo minuto vogliono presentarsi come la sinistra ( ad es.Liberi e Uguali, PRC etc.). Il tutto con la colpevole complicità delle burocrazie sindacali.
      L’alternativa non può venire neanche dal Movimento 5 Stelle, ostile a riconoscere le rivendicazioni della classe lavoratrice e degli sfruttati, che oggi mostra sempre più chiaramente il suo volto liberista e anti-immigrati.
      Chiediamo dunque a tutti i e le militanti e attivisti di sinistra di unirsi a noi in questa iniziativa e a tutti i sinceri democratici di permettere la presentazione di questa lista, unica voce diversa e in contrasto con i poteri forti e i loro partiti che dominano una campagna elettorale a senso unico: tutto per i capitalisti e i ricchi, niente per i lavoratori e i poveri.
      Firma e sostieni:
      PER UNA SINISTRA RIVOLUZIONARIA

      DA REPUBBLICA.IT: Comunisti in lista "per una Sinistra rivoluzionaria"


      Il Partito comunista dei lavoratori e Sinistra classe rivoluzione si presentano insieme alle prossime elezioni. Ferrando: "Condurremo anche noi la battaglia sulle firme"